Biancaneve e i sette ladri - Film (1949)

Peppino Biancaneve, ragioniere napoletano trapiantato a Milano, deve recarsi il giorno di Ferragosto nella villa di campagna del ricchissimo gioielliere Casertoni per chiedere ufficialmente la mano della figlia. Ma gli rubano l'automobile, poi incrocia un borseggiatore... e cominciano i guai a catena. Il film di Gentilomo, di buona fattura artigianale, innesca un perfetto meccanismo di progressione del ritmo che, da calmo e disteso, diventa sempre più rapido e affannato. Guai, equivoci, sostituzione di persona si succeddono in un turbinio sempre più veloce.

Commedia di equivoci, oggi troppo datata per divertire, con molti dialoghi ingenui e soluzioni di sceneggiatura di una semplicità disarmante. Un po' meglio la seconda parte, dove almeno il ritmo si fa veloce e qualche gag riesce a strappare il sorriso. Peppino bravo come sempre, ma la coppia con Auer non funziona molto bene, vista la totale diversità della recitazione dei due.

La si potrebbe quasi definire una pochade, sia per la brevità del testo che per la sua struttura fatta di canovacci di vicende amorose, intrighi e colpi di scena. Dall’insolita coppia costituita da Peppino De Filippo e Mischa Auer nascono una serie di equivoci e incidenti capaci di far sorridere e intrattenere, anche se nell’insieme non si raggiungono mai punte elevate. Manca almeno una spalla di maggior peso a fare da contraltare e in grado di aggiungere sostanza a un’opera gradevole e allo stesso tempo esile per poter essere ricordata a lungo.

Tentativo di uscire dai soliti schemi della commedia alla napoletana non particolarmente riuscito. Peppino gestisce il ruolo del protagonista assoluto con la solita bravura e il cast di validi comprimari (Auer su tutti) gli offre le giuste spalle, ma la sceneggiatura mostra la corda in più di una occasione e l'assunto è troppo datato per suscitare ilarità. Le poche risate sono frutto del mestiere degli interpreti e la regia di Gentilomo non è esente da pecche. In ogni caso un buon ritmo e la breve durata potrebbero rendere la visione non dispiacevole agli amanti del genere.

Commedia russo-napoletana, motorizzata dalla nobile silhouette di Auer e dal più brevilineo De Filippo, teoricamente ambientata a Milano, ma in realtà ampiamente locata fra Roma e dintorni. Scolasticamente simpatica, non offre trovate particolarmente originali che la possano fare apprezzare. Ognuno esegue con professionalità il proprio compitino, che rimane però sempre vincolato ai binari logori della commedia degli equivoci fino allo scontato lieto fine. Anche i tentativi di potenziare il dinamismo finiscono sempre con il restituire il sapore stantio della convenzionalità.