Sorprendente film israeliano, con 10 personaggi in cerca non d'autore, ma di guai. Si fa una gran fatica a capirci qualcosa dell'antefatto e del contesto della vicenda, ma non è rilevante. Importa invece il delirante patchwork di follia, che non risparmia scoppi repentini di inaudita violenza che scaturiscono dal nulla o dall'equivoco. Un cinema a tratti ingenuo, ma nerissimo e cattivo, sicuramente originale e rinfrescante. Difficile spiegare in poche parole tutte le singolarità della pellicola: è da vedere.
Uno sberleffo da Israele. Quattro amici ambosessi persi in una zona boschiva dove si aggira un pericoloso paranoico... la solita pappetta riscaldata? ed invece no, perchè nei paraggi si trovano anche una coppia incestuosa, un guardiacaccia con cane, due poliziotti con problemi familiari e/o comportamentali. Il bello è che le loro interazioni non sono prevedibili e la mattanza avviene sotto il segno di una ironia ilare e feroce, invece di seguire le regole del copia-incolla di tanti anonimi horrorini. Non pappetta, ma gustoso risottino, accompagnato da una pinta di sangue fresco.
MEMORABILE: "Mi avete investito" "Oh, cos'è che ci ha tradito?" - al moribondo squilla il cellulare (qui prendono campo, ma si rivelano inutili o dannosi)
Israele, un paese in cui nessuno trova mai il tempo di ascoltare "l'altro" e quindi si trova perennemente nei casini. Ed è da questo incipit "politico" che si parte per allestire una gioiosa totentanz in cui tutti ammazzano tutti senza neanche capire bene i perché: basterebbe non agire in preda alla rabbia (appunto) e sopratutto non trovarsi nei posti sbagliati nei momenti sbagliati. Gran divertimento nerissimo, discreto cast (Yael Grobglas bellissima) e ottima mano dei due giovani registi esordienti. Da scoprire.
MEMORABILE: L'interrogatorio dei due poliziotti alle ragazze; La sepoltura con telefonata spassionata annessa; Il finale.
Allegoria metastorica di guasti e collassi civili creati dall'incapacità di comunicare, sulle prime irrita per l'apparantemente scollacciato script, poi lascia basiti per l'abilità con la quale tutti i personaggi vengono fatti convergere a perpendicolo in un carosello staffettario di insensata violenza scaturita da ossidoriduzioni di abbagli e idiozia. Lascia deliziati lo scongiurare/rovesciare tutti i riflessi condizionati, le aspettative e le dinamiche che il genere (se di genere è qui lecito parlare) comporta/impone. L'inconsueto taglio registico fa il resto. Incetta di premi meritatissima.
Ci voleva Israele per rimpolpare certe dinamiche ristagnanti. 4 amici si ritrovano sperduti nella boscaglia, ma non è la solita Wrong-turnata. Ad un primo approccio privo di contesto, si sostituisce una famelica quanto luciferina rincorsa all'equivoco che deflagra in una serie di omicidi tutti comandati dalla rabbia figlia di incomunicabilità e beffarde incomprensioni, altro specchio di una società che non comunica. Al di là di un paio di forzature, gli incastri sono gestiti a meraviglia scardinando per quanto possibile il muro della prevedibilità.
Più che un horror un noir sanguinolento con sfumature social-culturali di produzione israeliana. Un film arrabbiato con un serial killer che non uccide nessuno dei personaggi in atto e dove la morte, in piena luce, arriva per cause indirette. Peccato per la confezione povera e l'eccesso di cattiveria, troppo spesso gratuita e un po' illogica. Sopravvalutato.
Proveniente da Israele, un horror curioso più per gli sviluppi che per la vicenda in sé (invero un po' troppo criptica, soprattutto nella prima parte del film). Il luogo è una foresta, paesaggio eccellente per dare fuoco alle polveri dell'istinto più irrazionale e belluino: l'atto di violenza (in certi passaggi però appare assai forzato) come gesto liberatorio, partorito da necessità patologiche, incomprensioni e clamorosi errori che si vanno ad incastrare in maniera particolare e alla fine dei conti riuscita.
Il meccanismo narrativo è costruito con indubbia abilità, questo è certo. Eppure tanta
perizia nel concatenare in modo falsamente casuale le sorti dei protagonisti può anche
in parte infastidire un po', dando un senso di artificiosità. In ogni caso il film riesce ad intrigare abbastanza e a divertire con le sue abbondanti spruzzate di umorismo nero. Non male anche il finale. Si possono anche scorgere, a mio avviso giustamente ma senza esagerare, dei sottotesti "politici". Piccola e piacevole sorpresa.
La sensazione che emana questo torture silvestre è quella di voler premere sull'originalità più morbosa a qualsiasi prezzo, anche a costo di scassinare con somma antispettacolarità i congegni indicizzati del survival. Si disdegnano gli attimi apicali di esplosiva tensione per prediligere il montaggio intersettivo e trans-sequenziale fra il "poco prima" ed il "subito dopo", seminandovi a macchia di leopardo poche ma apoplettiche mine a tradimento ad effetto istolitico. In linea retta col messaggio che sedimenta: in terra israeliana ogni auspicio d'amore e riappacificazione è condannato a soccombere sempre e comunque.
MEMORABILE: Lo scoppio infartuante della mina antiuomo (antidonna, in questo caso...); "Che Paese di merda..."
Mi sembra che gli eventi non sono guidati da una trama ma da azioni incomprensibili o irragionevoli. Per la maggior parte del tempo vediamo persone che inciampano attraverso il bosco; di tanto in tanto uno dei personaggi viene ucciso accidentalmente o deliberatamente, quasi nessuno di questi decessi è correlato. Il film si conclude piuttosto bruscamente lasciando il destino della maggior parte dei personaggi sopravvissuti al buio. Salvo solo un discreto realismo nelle scene gore splatter.
Rabies sta all'horror come Pulp fiction sta al noir: tracimando, deformando il genere, dichiarando con irriverenza la propria inadeguatezza al canone. E dal cinema tarantinato mutua non solo l'ottovolante ellittico ma anche la valenza strutturale della sceneggiatura che monta la suspense a partire dal ginepraio narrativo. L'umorismo, dai toni inconfondibilmente yiddish, a volte è pilotato a distanza, ma a fare la differenza è il lirismo con cui si congeda da ogni personaggio: connota il body-count di una cifra emozionale che ne fa qualcosa di più di un semplice gioco al massacro. Depistante.
MEMORABILE: L'uso a-funzionale del serial killer...
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Daniela ebbe a dire: Caro Grey, mi sono accorta che abbiamo visto praticamente in contemporanea gli stessi due horrorini.
In attesa di leggere i tuoi commenti, azzardo una scommessa: penso che, come me, avrai trovato Rabies interessante e gustoso e Donner Pass una mezza ciofeca assolutamente trascurabile.
Sbaglio forse? :o)
Assolutamente non sbagli :)
Per Donner pass, toglierei il "mezza": è una ciofeca assolutamente integrale!
Schramm ebbe a dire: sulle prime dà ai nervi, poi diventa davvero notevole. domani scatta il commento.
Concordo: all'inizio non ci si raccapezza, e si fatica a capire chi è chi, e cosa ci fa... poi comincia una sarabanda di rara e straniante efferatezza...
commento partito. noto che siamo tutti concordi sulla bontà dell'opera (è anche incredibile come certi film ctonii come questo vengano talvolta visti a perpendicolo nella stessa forbice temporale da tutti noi), che effettivamente sembra concepita come una composizione chimica, nella continua staffetta girandolesca dei personaggi e delle situazioni.
di stonato ha il finale, in cui la metafora dell'incomunicabilità (perfetta quando agisce sotterraneamente) si palesa in maniera anche crassa. per il resto lunga vita agli autori.
da notare che pronunciato si ottiene il nome di un benemerito davinottiano...
DiscussioneDaniela • 3/03/12 14:21 Gran Burattinaio - 5927 interventi
esatto, la partenza non è al fulmicotone, non si capiscono i rapporti fra i vari personaggi e la presenza del maniaco che si aggira nel bosco fa temere la solita mattanza senza fantasia....
SPOILER (non LEGGETE!!!!)
il bello del film è che il povero maniaco non riesce ad uccidere nessuno, se non il cane, mentre gli altri si ammazzano l'un l'altro oppure muoiono incidentalmente, tutto nel segno dell'assurdo
FINE SPOILER
dopo le ciofeche horrifiche viste ultimamente (come il penoso "Donner Pass"), sono filmettini imprevedibili come questo che mi fanno riconciliare con il genere