Santa sangre - Sangue santo - Film (1989)

Questo film è un'orgia di musiche e scene non scisse, tuttavia, da un loro filone logico. Esplosioni di luci fosche e rosse e sangue ed assassinii. Un'inscindibile rapporto madre-figlio che ne è l'estensione, ne è le mani. È un tormentato giovane che combatte contro i propri demoni ed aspira all'invisibilità. È crimine e redenzione. Una breve rossa favola di freaks e diversi, di solitudine e desiderio d'amare, ma anche di disturbo e deliranti visioni.

Co-produce Claudio Argento (fratello di Dario) oltre - assieme a Roberto Leoni - scriverne dialoghi e sceneggiatura. Ma buona parte dei contenuti (soprattutto sul versante visivo) fanno capo a Jodorowsky. L'esperienza sensoriale approntata dall'eccentrico autore, sfiora temi drammatici con venature horror e splatter, (ri)mescolando, con poca coerenza, una serie d'immagini che lasciano difficilmente seguire la trama (contorta e di confuso sviluppo). Bellissimo, quindi, sul piano visivo; molto meno interessante per il disordine "narrativo"...

Film jodorwskiano riuscito a metà che mescola una discreta visionarietà (elemento tipico del regista) con situazioni e soluzioni da film horror. Il risultato è un ibrido non privo di fascino che sconta un ritmo non molto elevato e che rappresenta, a mio avviso, un'occasione mancata. In ogni caso un film discreto che i fan del regista messicano sicuramente apprezzeranno.

Capolavoro surrealista di Jodorowsy. Un film allucinato, doloroso, bizzarro e dotato di momenti di autentica poesia, intervallati da stralci splatter veramente violenti. La storia richiede un'alta attenzione dal principio alla fine per esser compresa al meglio e non si può certo dire che "Santa Sangre" sia un film "leggero" da seguire; ma se si riesce ad entrare nella sua macabra e malinconica magia si rimane ammaliati dall'atmosfera unica che questa pellicola emana. Molto buone anche le musiche di Boswell e sopra la media gli interpreti.

Film osannato da critica e siti specializzati in horror, si è rivelato per il sottoscritto una vera barba. Sarà l'ambientazione messicana, sarà il cast non troppo convincente, sarà che la trama non è avvincente... Film che si attesta sul mediocre e forse anche qualcosa di meno.

Film horror (?) che annoia e scade involontariamente nel comico, sia per una storia ridicola e forzata, coi nani, i sogni, le visioni, il circo, le persone mutilate, sia per Jodorowsky che al solito vuole anche recitare come protagonista e fa sempre una pessima figura. Dialoghi imbarazzanti, gusto perverso per il brutto. Non si salva nulla e non capisco, anche qui, la fama di cui gode il celebre regista messicano.

Forse uno dei film che amo di più in assoluto, vero e proprio capolavoro di puro cinema visionario. Il sommo Jodo gioca con l'horror e con lo splatter, cita Fellini e Argento, omaggia Claude Rains de L'uomo invisibile e crea qualcosa di unico nel suo genere. Squarci di poesia assoluti (la bimba nel circo che con le mani mima un paio d'ali) intercalati da violenza furente e folle (l'amputazione delle braccia della mamma di Alex da parte del laido padre). Tra surrealismo e truce psycho thriller. Fiammeggiante e assoluto, immenso e febbrile.

Film imperfetto e farraginoso quanto mai, ma non privo di fascinazione narrativa e visionaria, dovuta alla capacità del regista di creare scorci atmosferici morbosi e allucinati, utilizzando da virtuoso accesi cromatismi e plastiche performance fisiche dei suoi attori. Elementi surreali e orrorifici si mescolano generando un quadro di discontinua lettura, ma certamente originale. Si può e si deve discuterne, si può dubitare del suo effettivo valore, ma è senz'altro da vedere.

Un circo del subconscio; un pastiche figurativo che dispensa fantasmagorie felliniane, pompaggi di grand guignol, angoli di folklore, intervalli di humour nero, balenii onirici e fughe liriche, accendendosi della fotografia corrusca e sbavata di Daniele Nannucci e degli scatti kinskiani di Jodorowski jr. Il canovaccio procede per accumulo di archetipi surreali, gotici, fiabeschi e psyco-thriller – dalla madre oppressiva alla vergine salvifica -, ma è poco più di un pretesto per secernere un’euforia visionaria che, forse involontariamente, si rapprende nel barocchismo autocelebrativo.

Il regista ha fulgidi lampi di talento artistico alternati a momenti di stanca, dove sembra non trovare il modo di far scorrere la pellicola, o semplicemente gli venga a mancare proprio quell'impulso visionario e un po' folle che determina la riuscita di altre scene. Di ambientazione Felliniana e di contenuto simile al mitico Freaks, pur non spiccando definitivamente il volo, consente allo spettatore di arrivare alla fine senza troppa fatica, soprattutto grazie al rapporto simbiotico tra lui e lei e a singolari personaggi resi tali dai macchiettistici eccessi. Anche le di lui visioni aiutano.

Il capolavoro di Alejandro Jodorowsky, perché graziato dal tocco raro dell'autoironia che ne stempera la possanza concettuale. Il rigoglio visivo e simbolico è sempre preponderante sul cosa si sta in effetti narrando, ma qui riesce a sostanziare i personaggi e risponde prima alle istanze del racconto che a quelle di farraginosi apparati speculativi. La mostruosità di Felix – unico corpo "normale" in una corte dei miracoli di lancinante visionarietà – esprime una difformità cosmica, un caos dalle connotazioni paniche e ancestrali che cerca disperatamente di redimersi in un organismo unitario.

Film davvero notevole. Visionario e a tratti enigmatico, non va assolutamente sottovalutato. Girato alla maniera di Fellini e Bunuel: è questo il pregio più grande del film, che purtroppo non si "metabolizza" subito, ma (almeno per il sottoscritto) solo a una seconda visione.

Il vero masterpiece di Jodorowsky, l’opera che ne consacra le definitive doti di mago visionario. Libero dal concettualismo a volte eccessivamente smaliziato de La montagna sacra, Santa Sangre riesce nel miracolo di costruire l'irripetibile, parallelo universo filmico, in cui le invenzioni si susseguono senza sosta, ognuna necessaria e propedeutica ad un racconto le cui ellissi compenetrano piani la cui disomogenea apparenza trova un imponderabile punto di equilibrio surreale. Felliniano che subima fellinismi, spettacolo per mente, cuore, occhi e stomaci.

Credo che questo mediometraggio del famoso filosofo adotti uno stile sempre surreal-grottesco ma più concreto, rispetto ad altri suoi lavori come La montagna sacra o El topo. La storia, pur essendo lineare, non manca di trovate genialoidi che attingono dal mondo onirico e spregiudicato. Vivace e angosciante allo stesso tempo.

Nonostante la trama contorta e malata (ancor più nel suo sviluppo contaminato da allegorie e simbolismi a non finire), a conti fatti è lo Jodorowsky più lineare e in un certo senso più chiaro. Le atmosfere oniriche, surreali, grottesche, ciniche e malsane sono non solo il frutto artistico del misticismo tipico del regista messicano, ma anche del mestiere di Claudio Argento e Roberto Leoni. Costantemente sorprendente e magico, a tratti anche splatter, ha una potenza evocativa straordinaria, poetica e maledetta.

Un scritto drammatico assume in Jodorowsky un’inclinazione esasperata e dirompente in cui il folklore messicano si mescola a sangue e fanatismo religioso in un lancinante turbinio di delirante follia. Poche le battute che scandiscono il tragico avvenimento che sconvolse Fenix, mostratoci sotto forma di incubo popolato da freaks, ragazzi down e altre eccentriche figure, alcune delle quali rimandano al bizzarro universo felliniano. Non sempre facile da seguire, ma Jodorowsky significa anche smarrimento e rottura degli schemi convenzionali.

Jodorowsky ci porta nel mondo mistico e un po' furioso di un personaggio che nella sua vita ne ha viste di tutti i colori, da un'infanzia circense a dir poco tragica fino ad arrivare a un presente teatrale folle e misterioso, interpretato da un Axel Jodorowsky memorabile. La componente horror è qui molto presente: già dal titolo si capisce l'importanza del sangue collegato al martirio e la storia è molto appassionante e ricca di colpi di scena sorprendenti. La follia e la magia fanno parte del cinema del regista, che qui si dimostra come sempre innovatore e visionario. Grande.