Per metà commedia (la parte con Woody Allen, Alan Alda e Mia Farrow), per metà dramma con risvolti quasi gialli (la parte con Martin Landau e Anjelica Huston), CRIMES AND MISDIMEANORS rappresenta uno dei momenti più alti (artisticamente parlando) della carriera di Allen. Proprio per la sua perfetta alternanza tra le due anime che lo compongono. Non è certo uno dei film più comici del simpatico attore, ma possiede una profondità d'analisi sociale straordinaria e propone come coprotagonista un attore solitamente sottovalutato come Martin Landau (candidato all'Oscar): macerato dai dubbi, ossessionato da un'amante (Huston) che non accetta di essere accantonata in favore della moglie, riflette sulla...Leggi tutto possibilità di eliminare il problema nella maniera più drastica. Non c'è un filo di sorriso sul volto di nessuno, in questo episodio (di fatto separato da quello di Allen, che corre parallelamente incrociandolo solo nel finale, per pochi minuti durante la celebrazione di un matrimonio), ma l'intensità nella recitazione è altissima e assieme a una sceneggiatura mai banale che si concentra su di un tema universale come l'inevitabilità o meno del castigo, coinvolge straziando. Molto più leggero (ma solo in apparenza) l'episodio di Allen, ricco di quell'ironia caratteristica dell'autore, solitamente divertente: Alan Alda è il parente ricco, di successo, Allen il regista idealista spiantato, geloso e naturalmente perdente. Quando si trova a dover girare, per soldi, un documentario/profilo sull'odiato parente, si lascia prendere la mano. Una prova generale misurata, calibrata per un ritratto realistico di una società che con crimini (Landau) e misfatti (quelli subiti da Allen) ha a che fare molto più di quanto Hollywood mostri.
Al terzo tentativo ho superato lo scoglio iniziale di noia e ne sono felice. È un film pesante sì, ma ricco. Mi è piaciuta l'immagine del cineasta che educa la nipote dentro e fuori la sala d'essai. M'è piaciuto l'unico vero momento in cui Allen ride, mostrando al cognato il ritratto su pellicola; m'è piaciuta l'intimità tra lui e la Farrow, momento di viva felicità in seno alla solita amarezza.
Grande film, che forse meriterebbe anche qualcosa in più. Anzi, l'ultimo "grande film" di Allen, che chiude un decennio di grazia, e raggiunge il livello forse più compiuto nell'amalgamare temi "alti" e humour, sorretto da una sceneggiatura impeccabile e priva dei birignao a venire, e da interpreti superbi - e se con Allen tutti o quasi forniscono prove eccellenti un gran merito andrà bene a lui, malgrado la vulgata sulla sua discrezione nella direzione d'attori. Anche una splendida dichiarazione d'amore al cinema come salvezza. Perla.
Monumentale ritratto di un certo tipo di società borghese americana, il film dà a Woody Allen l'occasione di trattare i temi della contrapposizione tra bene e male, di punizione ed espiazione. Sebbene il film sia gravato da una certa "pesantezza", dovuta ad una sceneggiatura forse troppo ridondante, alcuni personaggi sono magnificamente scritti e risultano tra i migliori mai creati da Allen. Oltre alle ottime interpretazioni (un grande Martin Landau), da segnalare la splendida fotografia di Nikvist.
Bellissima prova di Allen, che piace anche a chi, come me, predilige i suoi lavori degli Anni Settanta. Miracoloso amalgama fra commedia e dramma, fra realtà quotidiana e vere tentazioni, è popolato da interpretazioni sontuose, a partire da quelle di Martin Landau e di Anjelica Huston. Ma tutti gli attori stampano una prova coi fiocchi, all’interno di dialoghi formidabili, sia quando si mira alto, sia quando si vola basso.
MEMORABILE: Il montaggio con un discorso di Mussolini (si riconosce pure Starace) e il commento di Allen alla riconsegna della lettera da parte della Farrow.
Sicuramente un bel film, connubio ben riuscito di dramma e commedia, dove, tuttavia, il primo domina sulla seconda, che ha qualche difetto quale, ad esempio, una certa lentezza. Allen si limita a non molte, ma geniali battute, ed ad un sarcastico ma reale punto di vista. Uno dei migliori falliti cinematografici di sempre. Nonostante i 20 anni sul groppone ha sempre appeal e piace ancora! Da vedere!
MEMORABILE: .... ti saranno sembrati strani tutti quei rimandi a Dublino!
L'ultimo grande film di Allen e uno dei suoi capolavori. I toni della commedia rispetto ai precedenti film di Allen vengono smorzati per dare spazio al dramma. Le problematiche psicologiche dovute al senso di colpa (presenti in tutti i film del regista americano sotto varie forme) trovano in questo film uno dei veicoli più importanti della storia del cinema americano. Cast superbo con un grandissimo Landau sopra tutti.
MEMORABILE: Il momento in cui Landau prende la decisione fatidica.
Delitto e castigo a Manhattan. L'unico film di Allen che mi sia veramente piaciuto, forse perché rappresenta un capitolo atipico della sua filmografia (poi rivisitato, ad esempio, in Match point). Una storia nera, dove i peccati non si scontano ma si occultano con peccati ancor peggiori. La giustizia scompare e i giusti sono destinati alla cecità per non essere costretti a rimirare l'abisso. Landau, Orbach e Waterstone sono eccellenti. Allen purtroppo non riesce a negarsi una sottotrama nevrotico-romantica del tutto fuori tema,che abbassa il voto.
Forse il miglior film di Allen negli ultimi vent'anni. Raramente infatti la miscela tra humour e parte seria gli è riuscita così bene: la storia di Landau che deve rivolgersi al fratello per risolvere il suo problema è alternata al segmento più leggero con Woody protagonista (grandioso Alan Alda nella parte del vanesio "self-made man"), ed il risultato finale è semplicemente perfetto. Notevole il documentario girato da Allen nel film, con le immagini di un comizio di Mussolini a far da contrappunto comico alla vanagloria del cognato. Grande.
Uno dei migliori Woody Allen di sempre. Il regista americano confeziona una pellicola memorabile in cui è bravissimo, come faceva spesso e volentieri in passato, a scandagliare i sentimenti e l’animo dei suoi personaggi che vengono cesellati con rara maestria e con una notevole profondità psicologica. Più dalle parti della tragedia che della commedia, con tanto di riferimenti, funzionali e mai pretestuosi e presuntuosi, a Sofocle ed al suo Edipo. Chapeau.
Forse l'ultimo lascito notevole di Allen in fase dostoevskiana, in una amarissima commedia sulle rive della tragedia. Il terribile fato vuole che due individui si incontrino e la risultante è la constatazione che la vita è un gioco beffardo, forse ad un passo da Dio. Ma Allen si ferma un attimo prima, lasciandoci in un'amarissima valle di lacrime. Ottimo il cast, specie Huston Landau, immarcescibile altoborghese la cui nefandezza d'animo è una macchia che si può lavare. Nonostante ciò Allen sfodera battute memorabili. Consigliatissimo.
MEMORABILE: "E ora di tutta questa celluloide che me ne faccio? Pennette da mandolino?"
Per metà commedia e per metà drammatico, da una parte Allen (non unico protagonista come altrove) in uno dei suoi classici personaggi, dall'altra Martin Landau tormentato uomo di successo. In comune c'è il contesto sociale della new-york alto-borghese col senso di finzione, di ipocrisia che la pervade. Belli i salti da una storia all'altra e bella scena finale con i due protagonisti faccia a faccia. Non male.
L'altra faccia di Woody Allen... quella un po' meno canzonatoria e sardonica, quella decisamente più viscerale e fatalista. L'approccio alle consuete tematiche (filosofiche, religiose, etiche, amorose) è qui piuttosto serioso ed emotivamente lacerante. Il parterre attoriale è, senza stupori, di livello superiore (pochi riescono a gestire la recitazione nella messa in scena come Allen): Landau esprime tutta la corrosività del suo personaggio, la Farrow è insolitamente schiva, Woody, beh, al solito grandioso. Unico neo i flashback conclusivi. ****1/2
Film ineccepibile sotto il profilo tecnico e interessanti anche tutte le disquisizioni sulla vita, su Dio e sulla religione. Solo questo potrebbe già promuovere il film a livelli alti. È vero anche che ogni filmmaker ha un suo stile che tende ad esporre più o meno evidentemente in ogni sua opera (mi vengono in mente registi come Fellini e Avati, tanto per rimanere in alto), ma qui Allen ha esagerato portando se stesso un po' dappertutto; perfino gli altri interpreti recitano e si muovono come lui. Stessi ambienti, stessi personaggi. Ripetitivo.
È un Woody Allen amaro e pessimista quello di Crimini e misfatti. Il regista newyorkese ha qui modo di seguire due vicende flebilmente collegate nella sua città natale, storie di frustrazioni e di rimorsi, centellinando le battute di spirito in favore di una profonda riflessione sull'animo umano. Una certa pesantezza in alcune parti ha però ragione d'essere alla luce dell'intenso finale che, al partire dei titoli di coda, lascerà lo spettatore più ricettivo con qualcosa su cui riflettere. Ottimo Landau.
MEMORABILE: "Se vuole un lieto fine vada a vedere un film di Hollywood!"
Ottima commedia nera con forti echi dostojeskiani. I pregi sono moltissimi: in primis la capacità di costruire personaggi nei quali chiunque potrebbe, anche se magari solo in qualche passaggio, riconoscersi e con i quali diventa automatico empatizzare. Aggiungiamoci la capacità (della trama, della regia) di intrigare e far riflettere, il livello eccellente del cast (Landau fantastico, ma è difficile trovare un attore fuori posto), i dialoghi incalzanti e l'ottima fotografia. Assolutamente da non perdere.
Woody Allen ha detto di recente che da trent'anni realizza lo stesso film, ma che nessuno sembra essersene accorto. Sarà, tuttavia alcuni titoli, come questo, si distinguono per forza, compattezza, sceneggiatura: ai consueti lampi di humor si affianca un'amarezza aspra, che in anticipo di quindici anni è già un preludio a Match Point. Quasi un manifesto sull'impossibilità dell'amore: disperato, se vogliamo, come le Notti Bianche.
Woody Allen ai suoi massimi livelli: grazie a due episodi distinti riesce a mostrare un lato drammatico e uno più da commedia della vita, sviluppando nei personaggi un lato psicologico e umano molto più accentuato rispetto ad altri film girati da lui in quel periodo. Ottimo il cast, a partire dal grande Landau fino al gigionesco e simpatico Alda e con un reparto femminile fatto di personaggi insicuri, sia che siano finto-aggressivi (Huston), sia che siano finto-timidi (Farrow). Brillanti come sempre i dialoghi (specie nell'episodio con Allen).
A mio avviso il tanto acclamato Match Point null'altro è che un remake di questo film. Quindi, avendo visto Crimini e misfatti alla luce del film del 2005, non sono rimasto colpito dall'episodio con Landau e mi sono soffermato su quello con Woody Allen. Che in realtà non è niente di originale rispetto alla poetica del comico ebreo e non dice molto dal punto di vista umoristico. Le battute divertenti infatti sono poche e concentrate alla fine. Il film dunque è piacevole, alcune situazioni sono molto divertenti, ma non si esageri con le celebrazioni.
Apice del Woody Allen "serio", dai contenuti profondi ma assolutamente scorrevole e godibile. Attraverso lo svolgersi di due storie parallele, il regista ci racconta dell'assenza di Dio come assenza di giustizia, di "giusta punizione" per, appunto, i crimini e misfatti. Memorabile l'incontro finale tra i protagonisti, dove il tentativo di Allen di trovare una morale consolatoria nell'arte viene ulteriormente frustrato. Il consueto umorismo di Allen fa da amaro contrappunto alla drammaticità della vicenda.
Montaggio alternato, flashback e raffinatezza registica per uno dei gioielli del grande Woody. Gli sberleffi del destino e della natura umana visti dal punto di vista di due personaggi paralleli che si confronteranno nella catarsi finale. Come cornice una New York scintillante, muta testimone della commedia ma anche del dramma della vita. Si ride tanto, ma è un riso cinico e amaro. Eccellente.
MEMORABILE: L'incontro nel finale tra Allen e Landau.
Vera perla di Allen che, sfruttando un plot noir molto collaudato (leggi anche risaputo), dà vita a un'opera molto complessa in cui i temi cari all'autore dell'amore e dell'infedeltà vengono magistralmente fusi con riflessioni universali sul senso di Dio, sulla legge morale, sul delitto e sul castigo. E proprio questa impostazione rende il film molto europeo con continui rimandi registici al tanto amato Bergman e un atmosfera compostamente mittlleuropea. Il gran cast completa l'opera: perfetti Landau e Orbach, gigone Alda, Woody è Woody. Intenso.
Gran film di Allen soprattutto per la sua lucidità nel descrivere la società narcisistica americana: cinismo, edonismo, corsa al successo e indifferenza generalizzata verso i veri valori. Per il resto si tratta del classico film "corale" (uno dei migliori probabilmente), in cui Landau recita una parte meravigliosa mentre per Allen, al di là della sua magistrale prova alla regia, è solo una performance discreta.
Un oculista di successo alle prese con un'amante isterica che minaccia di mandare in frantumi la sua vita; un regista di documentari sfortunato in amore e costretto a cimentarsi in un lavoro che detesta. Sono i due poli della storia, legati fra loro dalla figura di un rabbino, uomo buono e giusto, ma impossibilitato a vedere (capire) perché quasi cieco. Come cieco o indifferente è Dio, se pur esiste (su questo si può aprire un dibattito). Mirabile equilibrio fra commedia e dramma nel film più paradossalmente dostoevskijano di Allen: un delitto e castigo senza castigo + umiliati e offesi.
MEMORABILE: "La mia unica lettera d'amore. L'avevo copiata da Joyce, pensavo che saresti rimasta stupita da tutti quei richiami a Dublino"
Allen ha una vera e propria fissa per Dostoevskij e qui sembra voglia rielaborare una specie di Delitto e castigo miscelandone i temi con un po' di nichilismo newyorkese tipico della sua produzione. Due le storie che si intrecciano: una noiosa storia di corna e un'altra con un Allen innamorato ma veramente sottotono dal punto di vista delle gag divertenti. L'incontro finale con spiegazione annessa invece di dare un'aura filosofica semplicemente infiocchetta il film nella sua mediocrità.
Un ricco oculista è rimasto avvinghiato a una situazione sentimentale complessa. L'amante non vuole defilarsi e rischia di rovinargli la vita. Feroce commedia che mostra come il mondo del denaro possa avere la meglio su tutto ciò che consideriamo giusto o sbagliato e come possa mettere a tacere il senso di colpa. Se da una parte il film mostra questo aspetto, dall'altra la storia che vede parallelamente coinvolto Woody Allen ci mostra la corruzione dei sentimenti. Rimangono solo le ombre delle buone intenzioni, che annegano in un mare di fiele.
Nella contrapposizione del tragico che diviene serenità e viceversa si intesse una trama che bilancia serio e faceto. Dialoghi di finta moralità e seria inettitudine per un quadro borghese dove la religione serve a dare regole non valide per i peccatori di New York. Landau e Alda perfetti nei ruoli, l'unica che rende poco è la Farrow. Qualche musichetta, aiuti da scene d'altri film e il faccione di Mussolini a condire i passaggi tra gli scambi di scena.
MEMORABILE: L'infortunio nel ballo dei cosacchi; Il documentario che prende in giro Alda.
Uno dei momenti più alti della filmografia di Allen. C'è infatti la summa dei temi cari al regista in un mix riuscito di commedia e tragedia. Le due storie proposte, che non si incrociano se non alla fine, testimoniano in forme diverse l'assenza di giustizia morale di fronte ai diversi destini degli uomini. Non necessariamente al delitto segue il castigo, non sempre i veri valori riescono a prevalere, Dio non vede, è cieco come il rabbino. Allen alterna abilmente la consueta ironia a un intenso cinismo. Grande cinema.
Ennesima perla del maestro Woody, il quale ci propone un parallelismo tra due storie differenti di crimini (legati al personaggio interpretato molto bene da Martin Landau) e misfatti (relativi a sé stesso e all'amore nei confronti di Mia Farrow). Da sottolineare l'oculista protagonista del giallo interpretato da Landau con classe e stile, sempre in conflitto tra fede e realtà e che, a un certo punto del film, ha provocato in me un senso forte di angoscia e immedesimazione in lui, che è forse l'obiettivo del film stesso.
MEMORABILE: "L'ultima volta che sono entrato in una donna è stato quando ho visitato la Statua della Libertà" (Cliff Stern).
Film insolito di Allen che procede su due binari paralleli e contrapposti, tanto da sembrare due film in uno. Da una parte una convincente storia di delitto e (forse) castigo che mette in luce un'alta borghesia presa solo da sè stessa; dall'altra una tipica storia alleniana che come sempre punta in alto e fa centro. Eccellente il comparto attoriale. Non è un film per chi cerca messaggi consolatori.
MEMORABILE: "Uno sconosciuto ha defecato su mia sorella"; Il montaggio con il paragone a Mussolini; Il dialogo finale.
Molti anni prima di Match point, Woody Allen era già sul tema di delitti e castighi forse evitabili e con questo splendido film raccontava il peggio di un'umanità ipocrita, che piange sul latte versato ma è lieta di togliersi dagli impicci senza pagare. Ottimo il cast di attori e molto funzionale l'alternarsi della parallela storia con protagonista Woody, a stemperare e accentuare il dramma che invece viene portato avanti dalla vicenda Landau/Huston. Grande cinema.
A metà tra commedia e dramma, questo film si segnala come uno dei più intensi della carriera registica di Woody Allen. L'analisi sociale, oltre a quella psicologica dei personaggi, è il vero cuore della pellicola, segnata dalle grandi prove di Martin Landau (l'oculista ricattato dall'amante) e dello stesso Allen (regista di documentari, depresso e deluso). Mi aspettavo qualcosa di più dall'ultima parte, in ogni caso ottimo.
Pellicola che si muove su due binari paralleli di cui uno esplicitamente drammatico, mentre il secondo nasconde dietro il tono da commedia giudizi feroci sulla vacuità dell’animo umano, attratto dal successo e dall’apparire più che dalla sostanza e i buoni propositi. La migliore è senz’altro la storia che vede Martin Landau nei panni di un discutibile oftalmologo, ma entrambi lasciano numerosi spunti di riflessione sulla morale, senza dare giudizi definitivi. Da vedere con attenzione certosina per il particolare.
MEMORABILE: La felicità umana non sembra fosse inclusa nella creazione, siamo noi, con la capacità di amare, che diamo significato all'universo indifferente.
Film che narra su due piani paralleli le vicende di un affermato oculista e di un regista di documentari in crisi. Come in una moderna versione di "Delitto e castigo" il primo dei due compirà un atto criminale che ne metterà a dura prova la coscienza. Ma la morale è qui diversa e fortemente pessimistica, il delitto paga e i cattivi alla fine quasi sempre vincono. E anche il rapporto del regista con la religione si risolve in un’arida accettazione di un universo senza Dio. Il recupero di Landau ex capitano Koenig di Spazio 1999 è sorprendente.
MEMORABILE: L’incontro scatologico della sorella di Allen; Il suicidio del filosofo; “Se vuole una storia con il lieto fine vada a vedersi un film hollywoodiano”.
A metà strada fra Dostojewski e Tolstoj, qui Allen imbastisce due linee narrative completamente indipendenti, almeno fino alla scena finale, le quali prima che di vicende si occupano di raccontare persone. Il cast è quello delle grandi occasioni e l'atmosfera è decisamente noir, sebbene non manchino nei dialoghi alcune delle sue battute fulminanti. Altro particolare interessante sono i film dentro il film (quelli che lui va a vedere con la nipotina) e che ricalcano le dinamiche di ciò che sta accadendo. Finale amaro.
MEMORABILE: "Dio è un lusso che non posso permettermi".
Diviso in due storie a malapena correlate. Il "reato" del titolo è una variante della storia d'amore standard di Woody Allen: il suo Cliff è infelicemente sposato e brama la Halley di Farrow, che a sua volta attrae Lester. Non ci vuole un genio per leggere nel film un parallelo col modo in cui Woody è arrivato ad avvicinarsi alla sua produzione cinematografica. Ha il desiderio di essere preso sul serio come drammaturgo e filosofo perspicace che si scontra con la realtà: ciò che sa far meglio sono le commedie.
Film diviso in due parti, destinate a unirsi in qualche maniera. Definita una commedia, ma manca l'umorismo consueto di Woody Allen, a parte un paio di battute memorabili; inoltre è ben presente una componente drammatica, rara per il regista, ma trattata alla perfezione e miscelata perfettamente con la parte "comica". È una lunga riflessione sull'animo umano, sulla religione e sui rimorsi, con un ottimo cast di contorno che regge alla perfezione tutto il gioco. L'Allen comico mancherà un po', ma il regista è in grado di sopperire con un'ottima sceneggiatura. Per fan e non.
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MUSICA:
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Martin Landau fu inzialmente scritturato per il ruolo di Jack Rosenthal.
Fonte:Imdb
DiscussioneDidda23 • 22/03/11 16:40 Contatti col mondo - 5798 interventi
A parte la bellezza e la grandezza del film,che prova fornisce Landau?Secondo me è immenso,non capisco perchè non venga mai citato fra i più grandi attori di sempre.
HomevideoRocchiola • 19/08/18 08:55 Call center Davinotti - 1236 interventi
Il DVD MGM tuttora reperibile a prezzi modici è discreto ma piuttosto datato. L’americana Twilight Time ha pubblicato un ottimo bluray region free ma con il solo audio originale inglese. Tra l’altro queste edizioni della Twilight dei film di Allen sono tutte limitate a 3.000 copie e risultano già praticamente esaurite. Attendiamo (ma non troppo fiduciosamente) un’edizione HD anche su suolo italico.