Il mio angolo di paradiso - Film (2011)

Agghiacciante camiponario di colpi bassi per estorcere lacrime allo spettatore. Un mix di commedia becera, dramma con malattia terminale e misticismi new age d'accatto: il risultato è un cocktail omicida per chiunque. Tutta la parte finale è di infinito cattivo gusto; più in generale è un film dir poco nauseabondo. Spreco di denaro e di attori (tutti terribili).

Non una delle tante, semplici, patetiche e ripetitive commedie romantiche. Un vero e proprio film drammatico e alquanto realistico, con un pizzico di fantasia (ma se vogliamo neanche quella). Tutti i personaggi hanno un grosso spessore e sono altamente studiati, nonché tutti egregiamente interpretati. Ottimo l'uso dei colori che variano drasticamente da una scena all'altra, proprio come i sentimenti che il film trasmette. Momenti di ilarità misti a momenti di tristezza e compassione.

Un cancer movie onestamente strappalacrime, nel senso che non si ammicca continuamente allo spettatore, sfinendolo, ma lo si porta per mano progressivamente a quella che è una fine annunciata. Bravi la Hudson ma soprattutto bravo Bernal, che per quanto la sceneggiatura non fosse così frizzante rendono piacevole con la loro recitazione tutta l'operazione. Qualche lampo in qualche battuta, spesso quando sono in scena Kathy Bates e Kate Hudson. Niente di considerevole, ma secondo chi scrive affronta "sempre lo stesso tema" drammatico con serenità.

Il film affronta un tema molto doloroso ma non nel solito modo tragico. Non si piange e non si ride ma si procede in modo malinconico, senza alti né bassi verso la fine. Buona la regia e la prova degli attori. Da vedere se si ci vuole intristire ma non troppo.

Se nelle intenzioni degli autori un film del genere avrebbe dovuto sfatare il grande tabù della commedia sulla malattia, l'obiettivo è ampiamente fallito. Non tanto per lo spirito del film in se, quanto per il notevole numero di colpi bassi e ricatti indotti sullo spettatore per estorcere la lacrima. Tutto ciò in un film realizzato in modo professionale com'è da aspettarsi dalla cinematografia americana, con alcune punte di non tanto involontario kitsch. Indifendibile.

Una spigliata pubblicitaria scopre di avere un male incurabile che le lascia poco tempo di vita. Cercherà di aggiustare le relazioni zoppicanti e troverà anche l'amore. Penoso ulteriore capitolo sul genere drammatico legato ai malati terminali che ha tutti, ma proprio tutti gli stereotipi volti a generare le facili lacrime. Peccato che nel film ci siano anche bravi attori come la Goldberg (un'improbabile Dio), la Bates e Williams che si prestano all'abominio. Da dimenticare.

Marley è restia alle relazioni impegnative ma l'incontro con un medico la fa ricredere. L'avvio sprint e divertente inizia a lasciare spazio al lato commovente di una situazione triste di malattia affrontata con spirito e garbo, che ha l'effetto di mitigare le probabili lacrime con diversi sorrisi. La trama è ricca di situazioni (tutte incentrate sui legami umani) e si mantiene coerente nonostante qualche momento fantasioso o poco credibile (come il finale troppo enfatizzato).