Electric apricot - Film (2006)

Electric apricot

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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Niente di nuovo nel lavoro di Les Claypool, leader dei celebri Primus che seguendo l'esempio del seminale SPINAL TAP racconta le vicende di una band immaginaria (gli Electric Apricot, per l'appunto) all'interno della quale si ritaglia il ruolo del batterista (saltuariamente cantante). Il genere musicale è piuttosto inusuale, lo chiamano “jam” e prevede lunghe improvvisazioni strumentali con una voce che talvolta più che cantare declama concetti legati alla conoscenza di sé. Girato come un autentico documentario (ma con camera a mano che segue costantemente il gruppo), il film apre qualche squarcio...Leggi tutto vagamente surreale riuscendo a rendersi simpatico, in qualche modo vicino a una possibile realtà puntando sulla poca ordinarietà dei suoi componenti. Si rileva una conoscenza profonda delle dinamiche interne a una band e l'operazione in più parti funziona, azzeccando di tanto in tanto qualche gag brillante (si pensi a quelle riferite alla venerazione del chitarrista “Gordo”/Kehoe per Jerry Garcia, indimenticato “guru” dei Grateful Dead). Alle prese con i concerti nei locali, con la registrazione del loro primo album e con la partecipazione al grande raduno “live” chiamato Festeroo, gli Electric Apricot si raccontano davanti alla telecamera svelando le loro influenze, le passioni, la genesi della band e le ansie di chi entra in studio di registrazione per la prima volta seguendo un'impostazione cronologicamente rigorosa e lineare. A dire il vero, però, sfugge a lungo il senso dell'operazione: non c'è niente di così singolare né nel modo con cui il tutto viene raccontato, né in quello che accade. Non si intuiscono cioè grandi differenze rispetto a un qualsiasi documentario girato in modo semiamatoriale riguardo a una band e lo stacco si avverte solo verso la metà, quando subentrano le frizioni all'interno dei diversi componenti che sfociano in accuse reciproche alle quali si pone rimedio chiamando uno speciale terapista. Sono momenti che in filmati ufficiali non trovano prevedibimente spazio e si possono solo immaginare, conditi invece qui da facezie che rivestono gli scontri di una patina di genuina autenicità. Siamo lontani, per gli Electric Apricot, dal professionismo che ci si potrebbe figurare per ogni band che raggiunga un discreto successo e si nota come i personaggi assecondino le caratteristiche dell'eccentrico mockumentary, ma non c'è nulla di particolarmente comico o insolito in quel che si racconta (salvo in rari passaggi) e quindi tutto scorre in lunghi frammenti che poco appassionano e che se funzionano è soprattutto per l'approccio simpatico del cast all'argomento, presumibilmente vicino al comune sentire di alcuni musicisti di oggi. Poco presenti ma di buon valore i pezzi (mai suonati per intero), tra cui il cavallo di battaglia “Burning man”. Se non fosse per il celebre logo che apre e chiude il film, comunque, sarebbe difficile inserirlo nel percorso demenziale del National Lampoon.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 20/11/10 DAL BENEMERITO ZIOVANIA POI DAVINOTTATO IL GIORNO 27/02/22
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Ziovania 5/10/11 15:46 - 337 commenti

I gusti di Ziovania

Esiste ancora un'America riassumibile con la formula sintetica "Peace and love"? È rimasto cioè qualcosa di quella filosofia che tanto spazio ebbe nella musica dei ragazzi degli anni '60? La risposta è naturalmente no, pur se qualche anima bella come queste "albicocche elettriche" ancora sopravvive persa tra i boschi dell'Oregon. Certo ci vuole una buona dose di autoironia e in tal senso Les Claypool sembra aver assimilato bene la lezione di Spinal Tap, da cui riprende lo schema narrativo. Comunque godibile nel suo insieme.

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