Rassegna estiva:
Melò d'agosto-Un'estate melodrammaticamente melodrammatica
Quà e là si intravede il gusto estetico raffinato di Minnelli (gli interni kitschissimi della casa sul mare della Taylor, l'inquietante statua di legno che la ritrae che sembra uscita dalla
Fabbrica dell'orrore, alcune ricercatezze suggestive nella fotografia di Milton R. Krasner), ma per il resto è un polpettone fiacchissimo molto più datato di quello che effettivamente sembra.
La coppia Taylor/Burton non funziona quasi mai (lui sembra un tantinello scocciato-e non per nulla voleva abbandonare il set, ma vincolato da impegni contrattuali-e di lei rimangono impresse le magnifiche tettone che sembrano schizzare fuori dal reggipetto da un momento all'altro) e la solita storia pre
Uccelli di rovo vs
Il cardinale è condotta in maniera esangue e assai banale, senza particolari sussulti.
Se si escludono le scenate di gelosia della moglie di Burton (una interessante Eva Marie Saint, quì più appetitosa della Taylor) sulla strada di notte e la rissa (ridicolissima) in spiaggia tra Burton e un nerboruto Charles Bronson che lo sfida continuamente con domande antliclericali, del film resta davvero poco.
Narcolettico drammone dai risvolti romanticheggianti, che prende pieghe da dozzinale romanzetto Harmony, dove non mancano tramonti da cartolina e location marinare, un sermone che prende per sfinimento, un bambino di cui non frega nulla a nessuno e dialogoni pomposi zeppi di finta teatralità da sfiorare il ridicolo involontario.
Grande Burton con la sua aria da "lo faccio per il conto in banca", come quando, nell'
Esorcista II dice alla Blair: "
Tu hai molte doti", che se le diceva "Mi fai schifo" avrebbe fatto più degna figura.
Inizio bizzarro (il bambino che spara e uccide il daino a fucilate, così Minnelli uccise
Bambi), per poi barcamenarsi tra passioni tormentate , sensi di colpa e romaticherie d'accatto degne di una telenovela.
Minnelli cerca di dare all'opera una sua dignità registica ( e qualche volta ci riesce), usufruendo della sua scafata professionalità, ma non riesce a evitare il tedio e la più trita convenzionalità dove, alla fine, non sembra convinto nemmeno lui.
Film nato già vecchio anche per la metà degli anni 60 e incredibilmente scritto da cinque sceneggiatori (tra cui un nome come quello di Dalton Trumbo, di cui ci si domanda dove stà il suo appoggio come scrittore), dove si sfrutta male anche la coppia cinematografica più "maledetta" del periodo.
E anche l'anticonformismo (la Taylor madre e donna ribelle alle convenzioni, Burton pastore e direttore di una scuola privata che cede alle tentazioni tradendo la pia e devota mogliettina) sono mal amalgamate e non raggiungono mai il bersaglio, se non quello di una slavata soap opera.
Di culto trash gli sguardi "arrapati" stile
Il villaggio dei dannati dei bambinetti del coro eclesiastico verso la Taylor tirata a lucido e con cappellino giallo.
"
Laura, io ti voglio, ti desidero!", dice , ad un certo punto, Burton alla Taylor, mandando al diavolo il suo comportamento compito dettato dalle ferree convenzioni, perla di dialogo deliziosamente scriteriata , che per poco non vien giù la casa dalle crasse risate.
Sicuramente John Waters, esteta del melò brutto e weird, sarà stato a rischio orgasmo.
Peccato, però, che l'inedia prenda il sopravvento.