Diva di Hollywood al tramonto e in bancarotta gioca le sue ultime carte prima del declino finale, sopraffatta da crudeltà e solitudine. Il film farebbe parte di una produzione di pellicole dozzinali, che venivano realizzate ad Hollywood in quegli anni, se non fosse che la grandezza della Davis, tanto grande da farle meritare l'ennesima candidatura agli Oscar, lo faccia rivalutare. Misurato, amaro e cinico ma che, come le vere stelle, sa brillare nell'oscurità dell'oblio.
Stella del cinema ormai decaduta, Margaret Elliot cerca di ricostruire la propria carriera ad ogni costo. Chiaramente ispirato a Viale del tramonto, questo film ne è una pragmatica e meno dispendiosa derivazione con un finale decisamente più consolatorio. Si riscatta grazie alle valide interpretazioni di Hayden e della Davis, quest'ultima sempre credibile quando veste i panni della diva altera e bizzosa.
Attrice un tempo famosa ed ora in declino, in difficoltà economiche per investimenti sbagliati, si ostina a pretendere per sé parti di protagonista anche quando non più adatte a lei per l'età... Un altro Viale del tramonto, meno barocco e morboso, in cui la china discendente deriva non dalla follia ma dalla semplice incapacità di rassegnarsi allo scorrere del tempo, aggravata dall'abuso di alcool. La sceneggiatura non offre particolari spunti, ma la solidità di Hayden, la grazia di Wood adolescente e soprattutto l'intensità febbrile di Davis meritano ampiamente la visione.
MEMORABILE: Davis rivede il provino in cui, pur dovendo interpretare una donna matura, si atteggia come una seduttrice molto più giovane
Sembra fatto col solo pretesto di mostrare, ancora una volta, le capacità recitative della (forse) più grande attrice di tutti i tempi: Bette Davis. Ma se lo si guarda più a fondo è un film che parla del disincanto (sentimentale e professionale) che tormenta in primis la sua protagonista (quasi costretta a scegliere tra la sua carriera e sua figlia), ma che non si trattiene nel sondare i travagli di tutti i personaggi (dall’amico innamorato all’agente qualunquista). Cast di ottimo livello e lieto fine un po’ forzato.
Appesantito dall’estenuante colonna sonora di Victor Young, è un melodramma basico cucito però sulle spalle e sulle smanie della Davis, che fa di un piccolo saggio sociale una grande lezione attoriale. Le considerazioni sulla figura della donna nel malefico circuito hollywoodiano sono comunque funzionali e rese con particolare dovizia. Happy ending purificatorio.
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