Gli amori di Manon Lescaut - Film (1954)

Un melodramma italo-francese a colori dal romanzo del abate Prévost, con la musica dell'omonima opera di Puccini. Decorativo e drammatico come non si fa più. Mario Costa aveva diretto nel dopoguerra i primi film musicali da i classici dell'opera, con giovanissime Gina Lollobrigida e Silvana Mangano. Lo stesso anno (1954) Rizzoli produce con un cast quasi identico Le due orfanelle per la regia di Giacomo Gentilomo: dopo il melodramma familiare alla Matarazzo, il melodramma in costumi.

Tedioso sentimentale sulla vita di Manon Lescaut narrata dall'abate Prévost. Dispiace ammazzare un film che parte già svantaggiato per la vecchiaia dei dialoghi e delle musiche. Non che siano disprezzabili, ma soffrono l’età. Costa non si preoccupa di dare un minimo di ritmo alla vicenda adagiandosi in imbarazzanti scene che dovrebbero reggersi sullo sfoggio dei soliti costumi d’epoca e di ambientazioni parigine (ma il film è tutto girato in Italia). Colpo di grazia il finale, ma nel 1954 funzionava così, in questo genere. Corretto il cast.

Drammone che segue un po' la scia della Traviata, raccontando le rocambolesche avventure di una bella fanciulla che vende il corpo a tanti uomini pur amandone uno solo. Buoni costumi, cast e scenografie, ma i personaggi sono vincolati nei tipici stilemi dell'epoca in cui il puritanesimo la fa da padrone e non c'è scampo alcuno per chi commette errori contro la pubblica (e spesso ipocrita) morale (a maggior ragione se si tratta di una donna).

Manon è una bella fanciulla di modeste origini ma di lussureggianti orizzonti che anteporrà le proprie ambizioni all’amore puro di un giovane studente. Questo prima della Rivoluzione Francese e delle note “teste rotolanti”. Il regista fa un compendio della storia originale, puntando decisamente sul sentimentale e cospargendo zuccheroso melodramma sull’ intero progetto che, così, rischia di annegare nella melassa. Buffo Interlenghi nelle sontuose parrucche da nobiluomo.