I dissoluti comportamenti di François inducono il padre a farlo rinchiudere in manicomio. Straziante grido di libertà contro l'ipocrisia patriarcale e il pregiudizio di certe istituzioni. La regia di Franju, anche grazie alla fotografia di Eugen Schüfftan, si muove decisa esaltando gli spazi e le geometrie del manicomio, in una sorta di contrapposizione con i pazienti. Di prim'ordine il cast: dal romantico Charles Aznavour all'ammaliante Anouk Aimée.
François è un ragazzo dal carattere forte. Dopo dissidi col padre, quest’ultimo decide di farlo rinchiudere in una clinica psichiatrica spacciandolo per instabile. Acuta ed amarissima riflessione sulla condizione mentale. Fotografato con uno splendido e glaciale b/n, opera di Schüfftan, Franju indaga tra le piaghe della medicina contrapponendo due concezioni diametralmente opposte: il tradizionalismo burbero del Dr. Varmont e la totale assenza di pregiudizi del Dr. Emery. Ne emerge un dolorosissimo apologo sulla voglia di libertà e ribellione.
Di buona costruzione e con sceneggiatura abbastanza solida, il film si svolge per gran parte in un manicomio. Riuscirà a mantenere alta l'attenzione anche grazie ad un ottimo attore per protagonista e con un b/n di alta classe. Le musiche non sono da meno. Denuncia di ipocrisia anche a livello familiare, il film si sviluppa davvero sapientemente.
Il regista di Occhi senza volto esordisce dietro la macchina da presa con un affiche sulla libertà e sul ripudio di ogni autoritarismo, sia esso imposto dalla famiglia (il dissidio tra padre e figlio) o da un’istituzione (il sanatorio ove si confrontano la psichiatria tradizionalista e violenta di Brasseur e quella più aperta e comprensiva di Meurisse). Artisticamente, denota il talento dell’autore per atmosfere claustrofobiche e disperate, avvolte nella fotografia morbida ed elegante di Eugen Shuftan. Da applausi Aznavour durante la crisi epilettica.
MEMORABILE: L’attacco di epilessia; la vana fuga dal manicomio; l'arresto.
Primo film di finzione dell'ottimo Franju che dirige una notevole pellicola in cui attraverso la storia di un ragazzo spiantato internato in un manicomio, si scaglia contro un certo modo disumano di fare psichiatria, oppenendogliene uno più umano e conciliante. Ne viene fuori un inno straziante e coragiosissimo (siamo nel 1958) alla libertà. Il tutto coronato da una confezione scintillante: fotograto magnificamente ed interpretato alla grande da tutto il cast (ma Aznavour, all'esordio, mette i brividi).
L'istituzione manicomiale come emblema della repressione patriarcale operata sui figli, incapace d'intendere il ribellismo quale integrità: concettualmente preliminare a Occhi senza volto dove la follia si farà evasione dal doloroso meandro del reale, il film non evita, nella letterarietà dei dialoghi e nell'evidenza dei simboli, una certa prosaicità, ma la compattezza e la sobrietà della messa in scena, meravigliosamente cesellata dalle luci di Schüfftan, trattiene una sincera partecipazione e un'infuocata pietas per il destino di questi "folli". Straordinario Aznavour, abbacinate Edith Scob.
Buon esordio per Georges Franju. Certo il film non si fa apprezzare per la scorrevolezza, anzi a tratti sembra che duri più di quel che invece dura. Comunque buona la trama, con un Pierre Brasseur in parte. Da non dimenticare anche l'interpretazione del cantante armeno Aznavour.
L'opposizione fra metodi restrittivi e libertari nel trattamento della malattia mentale è sin troppo schematica (anche se, al tempo, entusiasmò i germogli cinefili della Nouvelle Vague e del Maggio francese). L'attenzione di Franju per il diverso e il debole, però, è sincera, nonché indice d'una poetica conchiusa e matura. I valori formali, poi, sono d'alto livello: la limpidezza delle inquadrature, le musiche, la misura delle interpretazioni contribuiscono a formare un'opera di preziosa fattura.
Davvero un buon film di Franju, fotografato con un tagliente bianco e nero. Per la sua battaglia "manicomiale", sceglie un personaggio non proprio simapatico, il che, per certi aspetti, rende ancora più convinta la tesi modernista. Ottime interpretazioni, a partire da quella, composta ed espressiva, di Aznavour. I sottotitoli italiani ("Fuori Orario"), a un certo punto, traducono "gauche" con destra...
Georges Franju HA DIRETTO ANCHE...
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