Biondina - Corto (2011)

La ragazza del titolo bazzica tra i pescatori e porta un rospo in classe; e la madre la insegue. A parte la storia piuttosto insignificante e l'inconsistente qualità interpretativa (alla fine il migliore è il rospo), a deprimere il corto è una regia slabbrata, che riempie il vuoto narrativo di inopinati allungamenti per arrivare a una conclusione in cui alla banalità dell'azione (madre e figlia sul muretto) si sovrappongono immagini delle due che si voltano le spalle a mo' di filmino sperimentale senza idee. Imbarazzante.

Le anguille non sono solo nelle Valli di Comacchio, ma anche a Varano Cagnano in Puglia, ed è li che è stato girato questo bellissimo corto. Rapporto tra una giovane madre e una giovanissima figlia, libera e un po' ribelle, che si fa inseguire, materialmente, dopo una delle sue "marachelle". Molta camera a mano sui personaggi, fotografia e luci speciali, brave le protagoniste e brava la regista Laura Bispuri. Anche la musica è centrata. Tra tutti i sentimenti che il corto induce, anche quello di riscoprire la natura e una semplicità di vita.

Il rapporto genitore-figlio ma anche libertà-regole, temi classici del cinema calati in un'atmosfera significativa, quella della terra pugliese e accompagnati da visi che la regista disegna con una certa personalità. Nulla di particolamente innovativo, ma l'insieme della storia tiene e non è male la chiusa circolare che spiega la sequenza iniziale.

Non ingannino l’ambientazione e i chiari capelli della protagonista: non siamo nella laguna romagnolo-veneta bensì dalle parti di Foggia. Il corto è quasi muto, parla solo un’arcigna insegnante. L’intendimento sarebbe quello di mettere in risalto il rispetto per gli animali, ma anche il rapporto genitore-figlio e quello insegnanti-alunni. In realtà il risultato finale non è felice e appesantito, considerata la durata, da lungaggini alla Sergio Leone, del tutto fuori posto e inutili; criptico il messaggio conclusivo.

Il rapporto tra madre e figlia si esaurisce in una corsa lungo l’argine e nel gioco di sguardi finale, mentre quello a scuola in uno scherzo alla severa insegnante di musica; decisamente più riuscito il rapporto tra la ribelle protagonista e una natura – l’ambientazione è in primo piano – con cui sembra vivere in simbiosi. E anche la regia è migliore quando adotta il taglio documentaristico rispetto a quando cerca l'esilissimo filo per imbastire un percorso drammaturgico.

Il corto è inappuntabile sotto l'aspetto meramente paesaggistico: una bella laguna di pescatori in Puglia. Qui finiscono le note positive, tuttavia, perché i silenzi che imperversano per tutta la durata non riescono a scaturire alcuno strappo emotivo. Rimangono piatte le buone intenzioni verso la natura e anche il rapporto genitoriale. Si giunge al termine piuttosto annoiati anche per una lunghezza che, anche per un cortometraggio, risulta eccessiva.