Il mio corpo con rabbia - Film (1972)

L’unica regia del versatile sceneggiatore Roberto Natale raccoglie i lasciti del Sessantotto, allacciandone i velleitarismi contestatari – inclusa la droga come forma di protesta e ribellione – alla conflittualità edipica dei figli con i genitori. Piuttosto monotono e intuibile in argomentazioni e conseguenze, riceve generoso sostentamento dall’evanescente atmosfera conferita dai paesaggi sardi e dalle smorfie derisorie della Santilli: quest’ultima nega i suoi nudi agli spettatori della versione televisiva, che ha tuttavia il pregio di conservare il drammatico epilogo originale.

Pessimo e noiosissimo film girato con mano insicura dallo sceneggiatore Roberto Natale, che tornerà decenni dopo alla regia. Cast che vede la scarsa Antonia Santilli e il mediocre Peter Lee Lawrence come interpreti principali; sprecato Girotti. Trama risibile e banale, salvo solo le belle musiche.

Affascinante dramma figlio del suo tempo, con una Santilli ribelle ancora in preda ai postumi del '68. La storia, classico scontro generazionale improntato su una nuova visione della vita che iniziava a prender forma e sulla noia e l'ipocrisia della borghesia, viene impreziosita dall'atmosfera marittima e solitaria e dalle bellissime musiche di Stelvio Cipriani (al momento inedite). Unica regia dello sceneggiatore Natale, il film è da vedere esclusivamente col finale originariamente inteso (quello più tragico). Davvero una bella opera.

La pecca del film è di andare a sprazzi, alternando ottimi passaggi ad altri noiosi e inconcludenti, ma è rivelatore come pochi e fa capire come il '68, pur beatificato, sia stato in un certo senso un fallimento: fermenti e aspirazioni esistenti dalla preistoria sono usciti dall'ambito individuale e si è avuta la presunzione di standardizzarli e convogliarli in movimenti, mandando sempre avanti gli altri a farsi massacrare. Armiamoci e partite! Quindi implosioni, frammentazioni e per assurdo la vera rivoluzione la fanno i reazionari...

La farfalla tramutatasi in camaleonte nei suggestivi titoli di testa e coda è la libertà assoluta, ma anche la maschera cangiante delle gabbie sociali. La Santilli demolisce abilmente la psicanalisi di regime come la Bergman in Europa '51 e il grande Lucio in La notte americana del dottor Fulci. Le inquadrature spartane incorniciano il soliloquio antisociale e il confronto tra la protagonista e l'amante-antagonista diviene efficacemente lo scontro tra le due facce dell'io: quella borghese con la mutazione emancipatrice in fieri e quella sovversiva.

Visto su una tv privata; per poco non ho interrotto la visione perché i tagli delle scene erotiche stavano per farmi saltare i nervi; consolato dalla possibilità di vedere il finale tragico originale sono arrivato alla fine. Se l'oggetto è devastato dal suddetto motivo non ha comunque solidi motivi per una piena salvezza. Punti deboli: logorrea e velleitari contorcimenti di cervello post-sessantottini. Ma almeno il tessuto delle immagini e il commento musicale (purtroppo onnipresente) hanno fascino e lo escludono dalla catastrofe totale.

L'inizio, coi monologhi in voce over della giovane protagonista (banalità, introspezione spicciola e scorie sessantottine), lasciava temere la boiata epocale, ma una volta disattivato tale microfono interiore il film si trasforma in un'originale partita a quattro giocata (troppo lentamente) sul campo dei conflitti generazionali e delle classi sociali, con brulla e suggestiva ambientazione lacustre. La resa dei conti, a tavola, prima del convulso finale, dà l'idea che con una sceneggiatura migliore il film avrebbe potuto lasciare il segno.

Film interessante nel panorama del cinema impegnato degli anni '70, con diversi echi postsessantottini e una storia di base tipica del filone, con il mondo giovanile contro il mondo borghese, senza che nessuno dei due ne esca poi veramente vincitore. Storia piuttosto lenta, non mancano le parti noiose e anche il finale un po' delude, ma ha il pregio della riflessione. Si intuisce un erotismo che però non arriva mai, e anche i riferimenti alla droga cadono lì. Cast discreto. Ottima la fotografia. Regia personale. Merita un'occhiata. Non male.