Kill me please - Film (2010)

Kill me please
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MMJ Davinotti jr
Titolo originale: Kill me please
Anno: 2010
Genere: commedia (bianco e nero)
Note: Film vincitore del Marco Aurelio d'oro al Festival del cinema di Roma 2010.

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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Una clinica per suicidi, gestita con estrema pacatezza - come d'uopo - dal comprensivo dottor Kruger (Recoing) il cui sogno, a quanto sembra, è quello di far cambiare idea ai suoi pazienti. Il suicidio insomma è una sconfitta, per quanto faccia parte del "gioco", e chi trucca le carte per perdere (la vita) non è ben accetto. Come il primo ospite, ad esempio, in quello che è l'unico segmento a sé stante, che nasce e... muore prima dei titoli di testa. E' Benoît Poelvoorde a interpretarlo e già i pochi minuti del prologo sintetizzano bene quelli che saranno pregi e difetti del film. Il bianco e nero è una scelta artistica rilevante che ben si sposa al clima funereo ricercato, ricreato perlopiù...Leggi tutto tra le quattro mura dell'imponente edificio immerso tra i boschi e la neve. Il dialogo tra medico e aspirante suicida è condotto con le stesse lunghe pause del film, i cui ritmi sono talvolta da sonno profondo. Il cast è ben scelto e il divo Poelvoorde si produce subito in una performance che vorrebbe d'alta scuola ma che a ben vedere poggia su una sceneggiatura fragile, qui come nel prosieguo ridotta a inserire qualche momento indubbiamente azzeccato, di sapidissimo humour nero (lo "stupro gentile", Lanners che mentre ascolta la Efira le fissa chiaramente il seno senza distogliere lo sguardo, il "tiratore scelto"...) all'interno di un tessuto deficitario. Infischiandosene dei tempi comici, puntando decisamente al grottesco, Olias Barco si compiace troppo di un'estetica da film d'autore associandola a una conduzione zoppicante che fa troppo spesso a pugni con le naturali esigenze della commedia. Se quindi visivamente il film possiede un proprio indiscutibile valore, riflesso nella scelta di silenziare in molte occasioni i protagonisti, non si può dire che l'idea di base, che avrebbe potuto anche generare una quantità non indifferente di gag (più volte nascono senza che poi vengano portate a compimento come sperato), trovi il suo giusto sfogo umoristico. Pesantemente oppresso dall'evidente desiderio di sviluppare una facile moraletta, destinata ad animare un secondo tempo molto meno rigoroso del primo e in cui gli ospiti sono pronti nelle difficoltà a rivedere le loro macabre intenzioni, KILL ME PLEASE continua ad alternare sparuti lampi azzeccati a un linea generale debole e scontatamente "scorretta". Anche quando, dopo i titoli di testa, si passa a una diffusa coralità abbandonando quello che si sarebbe potuto immaginare come un film a episodi, le cose non migliorano granché, né si trova un vero perché nell'assedio dei villici alla clinica, con fucilate che sembrano colpire a caso tanto per stupire con abbattimenti imprevisti. Ben recitato (forse il solo Saul Rubinek, col suo personaggio esagitato che si esprime per metà in inglese, si sposa poco con gli altri), tecnicamente pregevole, è un film troppo freddo per convincere a fondo, quasi un esercizio di stile realizzato a beneficio della visibilità del suo regista (che infatti ci vinse il Festival di Roma), poco sincero e non sostenuto dalla necessaria scorrevolezza. Lodevole comunque l'interpretazione di Recoing, perfetta impersonificazione della ponderata riflessività di cui il film è pregno. Evidente lo sbilancio tra ambizione e godibilità.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 18/01/11 DAL BENEMERITO DIDDA23 POI DAVINOTTATO IL GIORNO 1/05/20
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Didda23 18/01/11 00:43 - 2424 commenti

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Opera sicuramente molto interessante soprattutto per quanto riguarda il modo in cui è trattata l'eutanasia, perché il regista (che è pure sceneggiatore) riesce ad inserire elementi grotteschi e surreali che hanno l'effetto di scatenare le risate. Il film ha pure spessore psicologico non indifferente, reso al meglio da un cast brillante. Bellissimo il bianco e nero. Intelligente, cinico e soprattutto politicamente scorretto. Strepitoso Lanners (regista ed attore in Eldorado road). Imperdibile!

Cotola 25/01/11 23:59 - 8998 commenti

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Non eutanasia, come si è letto da alcune parti, ma piuttosto il suicidio. E' giusto che l'uomo disponga completamente a piacimento della sua vita? Questo il tema di una commedia nera politicamente scorretta che presenta squarci interessanti e sicuramente divertenti ma in cui non tutto risulta riuscito. Girato in bianco e nero, spinge molto sul pedale del grottesco e della provocazione non fine a se stessa. Lodevole che il regista non cada nella tentazione di portare avanti una sola tesi. Così voglia di vivere e morire si intrecciano spesso in modo inestricabile e finiscono quasi pari.

Daniela 26/04/11 08:00 - 12606 commenti

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Una clinica lussuosa in mezzo alla neve dove si assicura una dolce morte a chi, per un motivo o l'altro, non desidera continuare a vivere: l'artista depresso, la cantante lirica senza più voce, il tizio che ha "perso" la moglie, l'aspirante suicida stanco dei suoi ripetuti fallimenti. Tutto elegante, narcotizzato, sino a quanto l'irruzione (armata) del mondo esterno non fa deflagrare il caos e la pazzia degli ospiti. La morte colpisce chi, come e quando vuole, seguendo il proprio disegno, e il tentativo di razionalizzarla dimostra la sua vanità
MEMORABILE: Uno dei pazienti al dottore, facendosi passare la pistola: "Se la dia, sono un tiratore scelto"

Capannelle 16/05/11 12:21 - 4394 commenti

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Una trama sulla carta dal buon potenziale ma che non risolve bene il contrasto tra il tono fortemente grottesco e la critica sociale insita nei temi considerati. Anche la carrellata di varia umanità dei clienti del dottor Krueger raggiunge livelli troppo bizzarri e da un certo punto in poi diventa ripetitiva e un po' fine a sé stessa. Regia discreta, anche se non comprendo del tutto la scelta del bianco e nero e attori nella parte.

Schramm 15/12/11 16:13 - 3490 commenti

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A voler rendere rispettabile il suicidio, e a volerne eticamente valorizzare il libero arbitrio, si fanno i conti senza l'oste principale, ovvero Nostra Signora delle Mietiture, che, inattesa, fa riconsiderare certa brama di darsi lo sfratto dal mondo. Idea fulminante sulla carta, si scontra con una realizzazione che davanti al bivio ferocia-risata resta umoralmente incerto sulla strada da inforcare, tra personaggi troppo svirgolati per essere credibili e fragorose fiammate di ossidrica violenza. Nel dubbio, si rimpiangono i wristcutters o la policromia suicidogena di Buttgereit.

Ford 27/04/12 21:25 - 582 commenti

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Regia nervosa e azzeccatissimo bianco e nero per un film folle, dalla morale schizofrenica ambientato in una villa che sembra fatta apposta per il bianco e nero, un film corale e depresso, un grottesco, esistenziale zombie-movie dove, grazie ad una sorprendente inversione a u della sceneggiatura, il punto di vista è quello dei -wannabe- morti. Il tema è attuale e pesante, ma il regista evita di dare giudizi; anzi, assiste il suicidio del pensiero razionale e del buon gusto. Assolutamente da recuperare.

Cloack 77 8/06/12 15:30 - 547 commenti

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All'inizio sembra un film perfetto, necessario, dal tono drammatico-sofisticato quasi delicatamente patinato, al bianco e nero, poiché nessun colore è capace di rappresentare delle scelte tanto radicali se non i colori "necessari", tutt'uno con l'ambiente circostante quasi a simboleggiare delle mura piuttosto labili; dalla lentezza nella descrizione delle varie storie fino alla "procedura" del bicchiere d'acqua. Poi, inspiegabilmente, questo tono di profonda riflessione sul senso stesso della clinica muta e il film diventa una baracconata.

Pigro 1/02/13 08:44 - 9623 commenti

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Una clinica di aspiranti suicidi, ospiti bizzarri, villici ostili come da classica tradizione frankensteiniana: ce n’è abbastanza per un mix sulfureo, che proietta la storia nell’olimpo del delirio in un’escalation voluttuosa e stravagante di morte. Teatro dell’assurdo per un film grottesco in elegante b/n, che trascina nel microcosmo isolato del castello alpino la commedia umana debitamente impazzita: l’implosione della vita su se stessa genera mostri e risate. Finale cult patriottico-transgender (con l’ineffabile Zazie de Paris). Cinico.

Galbo 22/10/15 06:19 - 12372 commenti

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Non si tratta certo del primo film che prova a ridere della morte, ma è la prima commedia grottesca sul suicidio assistito. Il coraggio dell’autore nel proporre un tema così politicamente scorretto è notevole. Con lo spirito del vero cinema indipendente (si tratta di un film “low budget”), l’autore utilizza una sceneggiatura graffiante, dai dialoghi surreali e una serie di personaggi che vivono (quasi) sempre la morte come uno spunto narcisistico, una forma di estrema messa in scena del proprio ego. Attori bravissimi e bianco e nero efficace.

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