Notevole melodramma tratto dall'omonimo romanzo di Guerrazzi, opera gotica per antonomasia, narrata con ritmi calibrati e avvolgenti da un Freda qui al suo meglio: sontuoso l'apparato della messa in scena; grande plasticità di regia; confezione di gran lusso (fotografia di Pogany, musiche di Mannino), perfetta rappresentazione del 500 romano dominato da intrighi, passioni, tradimenti e destini inevitabilmente tragici, quasi fosse una fosca propagine medievale. Certo, la Storia è spesso tradita, ma lo si può perdonare.
Dramma in costume avvicente, stimolante, appassionante, con un'anima barocca che da sola giustifica e conferisce godibilità a una regia piuttosto teatraleggiante (abbondano i fondali dipinti) e a una recitazione completamente sopra le righe (Gino Cervi incluso, Tozzi e Villard esclusi), col vertice toccato da uno Steffen sempre a un passo dal ridicolo. Nonostante la censura imposta all'epoca una certa carica perturbante riesce a insinuarsi tra gli abiti sfarzosi e i colori sgargianti. Il miglior Freda tra quelli da me visionati.
Fra le varie trasposizioni della nota vicenda storica, forse la più infedele, non tanto perché sposa la tesi innocentista circa il ruolo ricoperto da Beatrice nella morte del padre quando per lo stravolgimento degli intrecci familiari e degli esiti del processo. Più che buona la confezione, mentre quasi tutti gli interpreti forniscono una recitazione marcatamente teatrale, compreso Gino Cervi che comunque può avvalersi del notevole mestiere per tratteggiare il suo torvo personaggio di padre/padrone lascivo. Sullo stesso soggetto e con meno licenze, meglio farà Fulci qualche anno dopo.
Come spesso in Freda, soprattutto nel suo cinema degli anni '50, il film ha una qualità di elementi tecnici esemplari nella loro eccellenza. La fotografia di Pogany dona alle inquadrature del burbero Riccardo un surplus di plasticità, racchiusa poi nella potenza del formato Cinemascope, allo stesso modo la esuberante musica di Mannino ben si sposa alla spinta melodrammatica della vicenda. Sul piano narrativo non tutto funziona con una parte centrale debole e una fastidiosa teatralità in Cervi, compensate però dalla voluttuosità del finale processuale.
Forse il capolavoro di Freda: un film in cui il tema dell'incesto è raccontato in forma volutamente torbida e il personaggio di Gino Cervi è davvero disgustoso quando occhieggia la figlia. Freda imprime al film un ritmo straordinario e le scene in cui la povera Beatrice cerca di fuggire nel bosco inseguita da un carrello che mostra tutta la sua disperazione sarebbe davvero da imparare a memoria.
MEMORABILE: Cervi che odora il fagiano per vedere se è frollato e intanto guarda la figlia.
Anthony Steffen HA RECITATO ANCHE IN...
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MusicheColumbo • 29/12/10 11:45 Pulizia ai piani - 1098 interventi
Sontuose musiche di Franco Mannino con brani di Beethoven e Tchaikovsky:
Nel documentario Un uomo solo di Mimmo Calopresti, Freda dice che la scena finale con l'esecuzione della condanna a morte avvenne in un Castel Sant'Angelo ricostruito da Mario Bava (ce non figura nei credits) come piacere personale rivolto al regista.
Un remake del film è La passion Beatrice di Tavernier(in italiano Il quarto comandamento) che reca nei titoli "dedicato a Riccardo Freda" per il quale Tavernier è stato negli anni Sessanta aiuto regista