Maciste nella terra dei ciclopi - Film (1961)

Riuscirà il nerboruto Maciste a salvare l'ultimo discendente di Ulisse dalle grinfie della perfida regina Capys, condannata da una maledizione della sua ava Circe a sacrificare il pargoletto al famelico Ciclope? Mescolando le solite stravaganze storico/mitologiche ad innesti di velato erotismo, Leonviola produce un peplum giocoso e senza troppe ambizioni, in cui l'elevata dose di spettacolarità può anche divertire. Impresentabile il faccione monolitico di Mitchell e pessimo il trucco del ciclope. La Carrà interpreta la vestale bendata.

Se si spegnesse la rutilante fotografia diretta da Riccardo Pallottini, questa avventura di Maciste in mezzo ai discendenti di Ulisse, Circe e Polifemo si perderebbe nel mare magnum di peplum affini prodotti in quegli anni. Tutti i cliché del caso: la regina bruna contro la bionda (ovvero Alonso vs. Silenti), le prove di forza, le belve, le bevande drogate, l’innamoramento dell’eroe. Le interpretazioni sono sotto tono; i muscoli di Gordon Mitchell e del culturista nero Serge Noubret, no.

Il forzuto Maciste (creatura solo cinematografica) qui si scontrerà contro l'ultimo rappresentante dei Ciclopi, a cui si lega un sortilegio che si rifà addirittura alla maga Circe. Mitologia e invenzione si mescolano vicendevolmente creando il solito peplum fine a se stesso e qui di poco spessore, sia narrativo che scenografico. Gordon Mitchell sembra a dir poco impagliato.

Poco più che discreto film di Leonviola, che è preferibile quando affronta i film con ironia. Qui invece ci propone un'avventura seriosissima di Maciste, che deve affrontare la creatura mitologica e sfidare una maledizione risalente a Circe. Conturbante la cattiva Chelo Alonso, piccolo ruoli per Germano Longo (il Burt Lancaster italiano...), per Puccio Ceccarelli e soprattutto per Raffaella Carrà. Ma il film non ha punte narrative memorabili.