L'inizio del cammino - Film (1971)

L'inizio del cammino
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Titolo originale: Walkabout
Anno: 1971
Genere: drammatico (colore)
Note: Sceneggiatura tratta dal romanzo di James Vance Marshall.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 7/10/10 DAL BENEMERITO PAUL1957
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Paul1957 27/01/11 11:01 - 4 commenti

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L’inizio del cammino (Walkabout) è il primo film interamente girato da Nicholas Roeg, ed arriva dopo la co-regia di Performance (Sadismo); rappresenta principalmente una straordinaria opera di esordio per le molte innovazioni apportate, a cominciare dall’uso assolutamente anticonvenzionale della macchina da presa, che vede l’uso virtuoso dello zoom catturare primi piani di animali, di parti di natura che circondano i tre viaggiatori del deserto. Un film che si può definire in qualche modo psichedelico, rapportandolo naturalmente all’anno della sua uscita.

Giùan 25/07/11 13:04 - 4559 commenti

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Memorabile primo assolo registico di Roeg, fino ad allora quotato cinematographer. Visto sul mai troppo encomiato Fuori Orario in V.o., è un film straordinario in cui il regista irlandese cavalca l'onda del free cinema apportandovi la propria sapienza tecnica (da notare l'uso dello zoom) e virtuosismi stilistici che, prima di diventar col tempo vezzi autoriali, son qui tessuti su una trama possente e concreta: la solitudine "rituale" del ragazzo aborigeno contrapposta all'analogo percorso cui un padre folle costringe i figli. Mamma mia Jenny Agutter!

Mdmaster 27/07/11 09:09 - 802 commenti

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Incredibile pensare che è il primo film di Roeg. Il regista si dimostra capacissimo dietro la macchina, incorniciando lo stupendo deserto australiano in cui i due bambini si perdono ma, in qualche modo, si ritrovano. Il giovane aborigeno diventerà loro guida e comunicherà spiritualmente i valori della sua civiltà. Lo scontro morale tra l'orrida e sporca modernità contro le giuste, ma dure, leggi della natura è cosa vecchia, ma Roeg lo interpreta in maniera personale e originale, attraverso l'innocenza degli occhi del bimbo. Toccante.
MEMORABILE: La giustapposizione tra le violente scene di caccia e il bagno della giovane; la scoperta dell'oasi.

Saintgifts 22/04/12 19:05 - 4098 commenti

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Lascia un po' perplessi il "divertissement" degli scienziati in mezzo al deserto, che sbavano per l'unica donna del gruppo, che porta il reggicalze chissà perché e accavalla le gambe. Forse è anche questo un parallelo tra mondo moderno e mondo primitivo rappresentato dagli aborigeni. Fotografia stupenda, Australia selvaggia rappresentata meglio di uno spot e due ragazzi e un bambino che fanno il film. David l'aborigeno non sta facendo un walkabout ma si sta divertendo, tanto è bravo a cacciare, ed è vincente nell'incontro con la modernità.

Jena 13/02/16 13:51 - 1555 commenti

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Roeg rimane uno dei registi più geniali della sua epoca e in questo primo exploit già si vede tutto il suo talento. Regia visionaria capace di stupire, splendide riprese del deserto australiano (una delle più emozionanti location di sempre). Rappresentazione un po' sessantottina ma anche commovente di un mondo edenico puro e incontaminato che contrasta con la soffocante civiltà moderna. La diciottenne Agutter bellissima si concede spesso in integrale. Qualche inserto poco comprensibile (gli scienziati nel deserto). Molto interessante.

Rufus68 15/12/17 10:58 - 3842 commenti

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Si basa su una struttura elementare: l'inconciliabilità tra mondo occidentale (alienato e distruttivo, vedi la follia del padre dei protagonisti) e quello aborigeno, che ancora batte al ritmo arcaico della natura. Un percorso parallelo senza alcuna possibilità di comunicazione che il regista ripropone lungo tutta la narrazione (la petulante radio nell'oasi popolata di animali, le divise dei ragazzi); alla fine di tutto c'è però solo l'incomprensione (il suicidio) e la vaga sensazione di aver perduto un paradiso d'innocenza (la scena finale).

Minitina80 2/01/20 10:26 - 2984 commenti

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Un’opera carica di significati, non solo nei contenuti ma anche nella narrazione, enfatizzata da un lirismo molto sentito che la avvolge dall’inizio alla fine. Preponderante il parallelismo tra la natura selvaggia e il cosiddetto mondo civile, accomunati dalla morte, spesso cruenta, su cui Roeg ama soffermarsi per rimarcare quanto sia un elemento a cui è impossibile rinunciare. Non dà l’idea di essere un film che chiunque possa girare e il merito va principalmente al regista che dimostra una personalità importante, nonostante sia agli inizi.

Daniela 6/05/20 06:02 - 12662 commenti

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Una ragazzina e il fratello più piccolo si ritrovano sperduti in mezzo al deserto dopo il suicidio del padre. Li aiuta a sopravvivere un giovane aborigeno con il quale vivono momenti di armonia, ma... Film metaforico sulla differenza tra l'approccio fisico del "buon selvaggio" con la natura e quello della civiltà occidentale (filtrato da parole ambigue o menzognere). Per quanto affascinante dal punto di vista visivo grazie alla fotografia curata dallo stesso regista che restituisce paesaggi di grande bellezza, l'opera convince meno per quanto riguarda a sviluppi narrativi, epilogo compreso.
MEMORABILE: La sequenza all'inizio con il padre che porta i figli a fare un picnic nel deserto e poi cerca di ucciderli a fucilate.

Paulaster 28/07/20 10:14 - 4419 commenti

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Quattordicenne e fratellino si perdono nel deserto dopo la morte del padre. L’iniziazione alla vita vista come un passaggio dalla purezza (i corpi in acqua) a una realtà artificiale. Vi sono altri accostamenti: la caccia a mani nude e i fucili, la natura e l’asfalto, l’oasi e la città. Inizia come un delirio (decisamente inaspettato), con punte psicadeliche in cui Roeg dà mostra della fotografia e prosegue senza infierire sui protagonisti, anzi diviene morbido con un erotismo non morboso e lasciando sempre una speranza. Piccole somiglianze con Gerry di Van Sant.
MEMORABILE: Gli spari contro il figlio; L’oasi; Il sangue sopra le ustioni; La danza d’amore dell’aborigeno; La ragazza da grande.

Giufox 19/05/21 17:22 - 324 commenti

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Storia di formazione e dissoluzione, prende (a tratti) i toni di una favola psichedelica tra scorpioni, arsura e berretti alla marinara. Ipnotico nella dimensione straniante che assumono riti tribali e paesaggio sullo sfondo, ma troppo legato alla dimensione sessuale soggiacente che condiziona i risvolti bui del pellegrinaggio. Merita la visone per l'uso poco decorativo degli ambienti desertici e delle loro metafore contingenti, tipici di tanto cinema australiano (dai Mad max a Picnic ad Hanging Rock).
MEMORABILE: Il piccolo John che gioca ignaro di tutto; I sacrifici animali e altre scene irrealizzabili oggi.

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  • Musiche Columbo • 7/10/10 14:23
    Pulizia ai piani - 1098 interventi
    Bellissima partitura di John Barry in colonna sonora:

    http://www.youtube.com/watch?v=UnRaCEoDRaY
  • Discussione Columbo • 7/10/10 14:25
    Pulizia ai piani - 1098 interventi
    Nicolas Roeg cura anche la fotografia: il risultato visivo è fenomenale.
  • Curiosità Columbo • 7/10/10 19:15
    Pulizia ai piani - 1098 interventi
    Il termine inglese walkabout ("cammina in giro") si riferisce al lungo viaggio rituale che gli australiani aborigeni saltuariamente intraprendono attraversando a piedi le distese del bush australiano. Il termine fu coniato dai proprietari terrieri bianchi australiani per riferirsi agli schiavi (o ai lavoratori) aborigeni che sparivano dalle loro proprietà, spesso per settimane, e dei quali si diceva gone walkabout ("andato in walkabout").

    Nella cultura aborigena, le lunghe camminate nel deserto degli individui che intraprendono il walkabout svolgono un ruolo essenziale per consentire contatti e scambi di risorse (sia materiali che spirituali, come i tradizionali canti) fra popolazioni separate da enormi distanze.

    Quando arrivarono i primi europei, gli aborigeni non mostrarono molto interesse, pensando che questi avrebbero continuato il loro walkabout esplorativo del bush, non sapendo che gli europei non erano cacciatori e raccoglitori, ma agricoltori e allevatori.

    (Fonte Wikipedia)
  • Curiosità Rufus68 • 15/12/17 11:04
    Contatti col mondo - 220 interventi
    I bei versi finali:

    Into my heart an air that kills
    From yon far country blows:
    What are those blue remembered hills,
    What spires, what farms are those?
    That is the land of lost content,
    I see it shining plain,
    The happy highways where I went
    And cannot come again


    sono del poeta Alfred Edward Housman (A Shropshire lad).