Formidabile opera di Wim Wenders che il regista ambienta in America, impreziosendola con un topònimo principalmente francese, toccando le corde dello spettatore di tutto il mondo. La scena attraverso il vetro mi pare eccezionale, colma di sensazioni, che vanno ben oltre la nuda trasparenza, sia della scena, sia delle parole. Certo, non è un film da vedere per rilassarsi: per ammirarlo, invece, è perfetto.
Se c'è un film, oltre ogni ragionevole dubbio, che possa vantare la massima valutazione od il massimo voto (cosa detestabile, ma a volte utile), in questo caso 5 pallini pieni, questo è Paris, Texas: non c'entra nulla la Francia, giacchè la località del titolo è una fetta di deserto del Texas, acquistata da Travis (un indimenticabile Harry Dean Stanton). Il film va dritto al cuore, coniuga silenzi a dialoghi memorabili, tramonti e albe a cieli coperti da manti di nubi: un bimbo alla ricerca della madre (la Kinski), un padre che ha perso se stesso.
MEMORABILE: La passeggiata di Travis, su un ponte austostradale, mentre si avvicina ad un "barbone" che esternalizza l'imminente "apocalisse"...
Tra i migliori film di Wenders, è un atto d'amore del regista tedesco nei confronti degli Stati Uniti. Pochi autori (anche locali) hanno effettuato riprese cinematografiche così struggenti e belle del continente americano. I paesaggi solitari, sottolineati dalle belle musiche di Ry Cooder (altro valore aggiunto del film) sono quasi "parlanti". In questo contesto la storia è un puro pretesto anche se ben raccontata. Ottima interpretazione di H. D. Stanton; la Kinski è bella e irraggiungibile e, nello stesso tempo, un po' fredda.
Una voce di uomo che ti racconta la tua vita senza che tu lo possa vedere e dove sei costretta ad ascoltare, è ben più della voce della tua stessa coscienza. Il film di Wenders non è solo un Road Movie, un Interiors Movie, un Life Movie, è lo sviluppo ottimale di una trovata geniale. Non solo, attraverso personaggi azzeccati e una fotografia superiore c'è la scoperta di un'America vera non stereotipata. Ci sono spazi selvaggi e deserti e c'è anche l'ammasso di strade verso le architetture pulite della metropoli e la sporcizia dei bassifondi conviventi.
MEMORABILE: Tutta la colonna sonora, copiata poi da altri dopo più di dieci anni.
Wim Wenders continua quella che sembra un'interminabile serie di "road movie" indipendenti, raccontandoci stavolta una storia prettamente familiare con molta tenerezza, a discapito dei luoghi angusti che fungono da scenografia. Ottima l'interpretazione di Harry Dean Stanton, mentre il monologo conclusivo è nelle mani della straordinaria e bionda Nastassja Kinski.
MEMORABILE: Probabilmente tutte le scene che vedono come protagonisti Harry Dean Stanton e il piccolo Hunter Carson.
Una pellicola con scene che non si dimenticano. Ben strutturato dal punto di vista narrativo, con personaggi e attori ben scelti, dialogni essenziali, fatti di parole e sguardi che saettano come dardi, mai melensi. È un'America che non siamo abituati a vedere, raccontata mediante le vite e i sentimenti di gente "normale". Un Texas crepuscolare e ipnotico. La scena finale è il risultato speciale di un'idea a dir poco magnifica e davvero toccante.
La regia di Wenders ci regala grandi momenti di cinema, come nel colloquio tra la Kinski e Harry Dean Stanton, filtrato da un telefono, un vetro, le luci... eppure trasmette una sensazione di vicinanza e calore quasi percettibile. Però non si può non imputare al regista una ricerca stilistica troppo legata ai silenzi, alla lentezza a volte necessaria, a volte no, con cui si muove il film. Chi non ama i ritmi compassati lo troverà poco digeribile. Ultima nota di merito la fotografia.
Viaggio interiore per lo sterminato deserto texano e piccola-grande epopea esistenziale on the road alla ricerca del proprio destino, di una redenzione dell’animo per sopperire agli enormi sbagli del passato, per ricucire un rapporto madre-figlio oramai perso nella solitudine e nella paura di non essere all’altezza. Il colpo d’occhio estetico della prima parte abbraccia una visione candida delle cose, mentre le seconda è un sapiente addentrarsi nei sentimenti tramite una regia che detta i tempi della vita. Straordinari Kinski e Dean Stanton.
MEMORABILE: L’ultima formidabile, intensa e commovente mezz’ora.
L'ho trovato un po' sopravvalutato non tanto per la forma (molto bella e curata) o per il ritmo lento (come alcuni lamentano su altri lidi) che è funzionale a ciò che viene
raccontato, quanto per certe facilonerie "psicologiche" nel rapporto lui-lei e per qualche snodo narrativo che fila via troppo liscio. Per il resto è un bel film che sa toccare più volte le corde emozionali dello spettatore nel ritrarre il rapporto tra un padre ed un figlio. Sotto certi aspetti simile ad Alice nella città (che personalmente gli preferisco, di poco). In ogni caso un buon film, wendersiano al 100%.
Carburazione lenta, ma il film poco alla volta si insinua nell'anima dello spettatore assieme ai malinconici arpeggi della colonna sonora, sfociando in un crescendo emozionale da brividi che affiora tra amore, rimpianti, uno specchio semiriflettente e un Texas raramente così vero e tangibile. Interpretazioni magistrali e una confezione brillante e fascinosa (peraltro sapientemente priva di sbavature autoriali) non fanno che incorniciare un film straordinario, in grado di toccare le corde dello spettatore come raramente accade. Zona capolavoro.
MEMORABILE: I dialoghi allo specchio semiriflettente.
Difficilmente valutabile: Wenders fotografa magnificamente l'America da dentro e da fuori, in luoghi che sembrano i veri protagonisti di un film che si scopre lentamente ma inesorabilmente. Un incipit che fa pensare a un mezzo thriller, che vira sempre più sulla commedia on the road per poi sfociare nel dramma finale. Molti cambiamenti di rotta, inattesi ma coerenti, un filo di misoginia che rimane non riscattata. Migliore del cast il fratello in carriera Dean Stockwell, notevole la colonna sonora. Col senno di poi direi "coenico".
MEMORABILE: La lunghissima estentuante scena rivelatrice finale e i suoi giochi di luce.
Musica e fotografia, immagini di impatto (tra deserto del Mojave, sobborghi losangelini e grattacieli di Houston) e colori di una grana che rimanda immediatamente alla sua epoca (siamo nel 1984). Una confezione che lascia piuttosto incantati. Di converso un ritmo che non decolla affatto e che conduce, non senza qualche affaticamento, alla scena madre. Qui, anche senza sviluppi particolarmente brillanti, l'attenzione viene calamitata: sarà il mestiere di Wenders, quel gioco di inquadrature sul filo dello specchio, le luci e ancora i colori, poco dopo, fuori dall'albergo. Insomma, un complesso retrogusto di dramma che rimane. Nota a margine: le voci originali non sono niente di imperdibile.
MEMORABILE: Le riprese negli spazi sconfinati del deserto, l'alfalto di sera dall'interno dell'auto, il cielo di LA, i colori, il dialogo allo specchio.
Un viaggio nell’anima e nei suoi vuoti con una ellisse che fa combaciare perfettamente i tempi per future rinascite. Wenders dilata i tempi senza appesantire creando una magìa di panorami terreni (con musiche di Ry Cooder a sottolineare l’idea di deserto) e sguardi persi nel vuoto. Le fasi migliori sono l’evolversi della conoscenza col figlio con barlumi di dolcezza e timidi imbarazzi e il pudico infierire nella stanza al peep show. La relazione col fratello e la moglie appare l’anello debole.
Un uomo che ha il volto scavato ed ascetico di Harry Dean Stanton cammina nel deserto senza meta apparente. E' l'inizio suggestivo dell'opera di Wenders di maggior successo critico, ma non della sua migliore, perché ad un certo punto purtroppo l'uomo inizia a parlare anche troppo ed il film da enigma reticente e fascinoso si trasforma in dramma matrimoniale logorroico, molto affidato alla bellezza scostante di una Kinski sigillata sottovetro. Il mistero sfuma, l'interesse si affievolisce e il finale alla "ora si riparte" non basta a risollevarlo.
MEMORABILE: La colonna sonora di Ry Cooder che accompagna certe inquadrature in campo lungo vale un mezzo punto in più nel giudizio complessivo
Consacrazione definitiva per Wim Wenders e Palma d'oro a Cannes. In questo film, forse, non è tanto la storia di quest'uomo dal passato misterioso (nel corso della storia si scoprirà cosa nasconde) a lasciare il segno, ma i paesaggi texani che Wenders filma con grande senso scenico, coadiuvato dal direttore della fotografia Robby Muller e dalle musiche di Ry Cooder. Insomma, una volta tanto anche gli "autori" sanno stare attenti alla forma e non solo alla sostanza.
Wenders si confronta con i grandi western del passato mettendo in scena un racconto frammentato ma organico (di Shepard) e descrivendo un uomo allo sbando che va alla ricerca dei vari pezzi frantumati della sua vita. Una sorta di road-movie anche interiore, dai toni fiabeschi, sospesi in una realtà irreale. Confezionato in gran fretta per il Festival di Cannes di quell'anno, raggiunge meritatamente la vetta più alta.
MEMORABILE: La grande performance di Harry Dean Stanton, attore caratterista poco conosciuto; La sfolgorante bellezza di Nastassja Kinski.
Gli infiniti spazi di un Texas sconfinato. Un uomo che vaga per l'impulso di andare, senza memoria né meta. L'eco di un blues prebellico che scivola fra le traversine di una linea ferroviaria abbandonata. Un terreno polveroso in fondo al deserto - o forse nella Francia della buona borghesia? Una, due, tre famiglie: un fratello, un padre, un figlio, due walkie-talkie. Una madre che fu anche moglie, un camper, il fuoco. Andare per strade solitarie, fendere non-luoghi, stagliarsi contro crepuscoli in Technicolor. Scostare una ciocca di capelli dal viso, con un soffio. Poi ancora andare.
MEMORABILE: La silhouette di Harry Dean Stanton che si staglia nel parcheggio del Méridien Hotel di Houston, al crepuscolo: un quadro di Hopper in Technicolor.
Un capolavoro di Wim Wenders. Un uomo ritrovando la moglie fa i conti con il suo tragico passato. Bellissime inquadrature desolate e il tema del viaggio tipico di Wenders e dell'American dream. Eccellenti tutti gli attori e altrettanto il commento musicale di Ry Cooder. Titolo stupendo: Paris, Texas è più di un film, è un mito per una generazione di cinefili.
Sorta di road movie (premiato a Cannes) scritto da Sam Shepard, con contesto familiare a fare da sottofondo. Storia di una normalità stupefacente ma che induce a molte riflessioni di carattere introspettivo e che sfiora l'esistenziale. Harry Dean Stanton, attore non di primissimo livello, qui è più che convincente. Fotografia e colonna sonora molto apprezzabili.
Un lungo viaggio dal significato duplice, perché associa a un cammino interiore di redenzione un percorso fisico, impreziosito dal fascino degli sconfinati paesaggi americani. Senza di questi, il respiro percepito sarebbe stato di gran lunga inferiore, ma va riconosciuta anche la capacità di aver catturato fotogrammi di grande intensità. La catarsi arriva alla fine, quando il tempo sembra sospeso in ogni singola parola che vuole trasmettere il senso del ritrovarsi dopo essersi smarriti. Un film che va aspettato e accompagnato in ogni fotogramma, scegliendo di farne parte.
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DiscussioneZender • 2/11/07 14:14 Capo scrivano - 47782 interventi
Sì, l'ho sempre trovato tra i top Wenders di sempre anch'io. Purtroppo l'ho visto troppo tempo fa per ricordarmi di qualcosa che non sia quello che hai detto tu, Undying. Di certo uno dei migliori esempi in cui un film sa essere "lento" per un motivo. Girato più freneticamente perderebbe completamente di senso.
1) avessi visto in precedenza Follie di Notte di Massaccesi e I Lunghi Capelli della Morte di Margheriti;
2) abbia visionato la (pessima) VHS i Classici del Proibito (allegata lustri fa all''Espresso e scartata per l'occasione in questo frangente, quando da mesi giaceva su uno scaffale)....
Anch'io ho quella vhs distribuita a suo tempo con L'Espresso....che poco o nulla ci azzecca con la collana I Classici Proibiti....
MusicheColumbo • 1/10/11 15:51 Pulizia ai piani - 1098 interventi
Ry Cooder regala le sue migliori musiche da film. Sonorità desertiche e spettrali, con la lancinante slide del compositore in primo piano, sottolineano le scene memorabili del lungometraggio, in perfetta simbiosi tra suono e immagine. Da ricordare anche il cameo vocale (in messicano) dell'attore Harry Dean Stanton nella malinconica e melodiosa Cancion Mixteca.
HomevideoGestarsh99 • 6/11/11 17:37 Vice capo scrivano - 21546 interventi
Disponibile in edizione Blu-Ray Disc dal 09/12/2011 per RHV/Terminal Video:
CuriositàZender • 5/08/14 18:15 Capo scrivano - 47782 interventi
Dalla collezione "I flanetti di Legnani" (con contributo di Zender al restauro), il flanetto di Tv Sorrisi e Canzoni della prima tv di Paris, Texas (7 febbraio 1987, come da ricerche di Zender):
Apprendo da Ciak che ci ha lasciato (all'età di 73 anni) lo sceneggiatore/scrittore L.M.Kit Carson, che ha sceneggiato almeno tre grandi film (Paris,Texas, appunto, All'ultimo Respiro e soprattutto Non Aprite Quella Porta Parte 2°)
DiscussioneZender • 11/12/14 18:13 Capo scrivano - 47782 interventi
Mai avrei detto che l'autore di Paris, Texas era lo stesso di Texas chainsaw massacre. Va bene che sempre di Texas si parla...