Molti sogni per le strade - Film (1948)

Neorealismo allo stato puro, con tematiche che affrontano i veri problemi di una famiglia come tante a pochi anni dalla guerra, come quello di arrivare non a fine mese ma a fine giornata. Il personaggio interpretato dalla Magnani risulta troppo "urlato", comunque non caricaturale e la povertà si respira fotogramma dopo fotogramma. Lo spettro della disoccupazione come una spada di Damocle incombe sul destino degli eroi. Il tutto immortalato da una fotografia degna di nota. Ambientato a Roma.

Un'opera dalla sceneggiatura perfetta. Una storia comune in una città qualunque, come narra la voce fuori campo, dove la voglia di ricostruzione e di gratificazione personale aleggia nelle strade. Protagonista assoluta la Magnani madre e moglie (di Girotti), sempre pronta a difendere la sua vita e le sue scelte in un contesto dove la miseria e la dignità viaggiano sullo stesso binario. Eccezionale la scena finale sia dal punto di vista interpretativo che da quello emotivo. Girotti dà il meglio di stesso.

Film solido, diretto da mani esperte, con eccellenti protagonisti e comprimari. Parte come neorealista tendente al drammatico, per poi virare su toni di commedia, ma con una certa armonia. Garbata critica alle consorti rompiscatole, con una Magnani perfetta per il ruolo. Colpiscono la frequente rapidità del montaggio, la padronanza dei registri, la solidità dell'intreccio. Un bel film, davvero.

Raccontata nell'arco di un giorno, la storia di un reduce di guerra disoccuppato che per disperazione ruba un'auto di lusso ma la presenza della moglie, ignara del furto, complica la ricerca di un ricettatore... Film neorealista che vive sul contrasto fra la cupezza di Girotti, umiliato dall'impossibilità di provvedere alla propria famiglia, e l'irruenza popolaresca di Magnani che stempera i toni del dramma con quelli della commedia. Il risultato è discreto, anche se l'amalgama talvolta risulta forzato e l'epilogo è troppo conciliante.

Filmino più dolce che agro dove la miseria dell'Italia del dopoguerra, invece di generare realismo di denuncia, sfocia in un morbido compromesso fra le durezze del presente (ricco di diseguaglianze: vedi il commendatore) e la speranza nell'avvenire (l'amicizia col guardiano del garage). La riconciliazione nazionale, insomma, è nell'aria e anche gli omaccioni spargono una lacrima davanti al nipotino, simbolo della ripresa alla vita. Camerini, insomma, fa il democristiano e non spiace. Brava la Magnani, popolana e piantagrane inimitabile.

Compatto e scorrevole, di lodevole linearità narrativa; posizionato tra realismo urbano post-bellico e commedia agrodolce (con esiti dal sapore di frutta candita). Camerini gira con nitidezza, essenzialità e spigliatezza (spigliata e fluida è la figurazione). Massimo Girotti ha il fisico del ruolo; Anna Magnani interpreta con disinvoltura: forse solo lei poteva restituire così puntualmente un personaggio a rischio di stucchevolezza. Qualcosa accosta l'oggetto a un pezzo di storia dell'Italia che fu, determinando il valore aggiunto.