Squisito e tributario omnibus sulla linea dei prodotti a episodi della Amicus (più che a
Creepshow, anche se l'ultimo segmento ricorda non poco
L'autostoppista creepshowniano secondo)
Gabriele Albanesi si (ri)dimostra (dopo-in mio ordine di visione- il notevole
Surrounded) produttore sensibile e attento alla qualità (sorprendenti le regie di tutti gli episodi-vedere quella in stile americano del duo Farina/Protani dell'ultimo episodio, o quella delicata e sussurrata di Prolli nel quarto) in un tributo al genere che scalda il cuore degli appassionati.
Una volta terminata la visione ci si chiede come mai veri talenti come Roberto Palma o Stefano Prolli facciano solo corti, e nel caso del secondo, abbiano firmato solamente questo episodio
Un vero peccato, perchè quello che balza all'occhio è l'accuratezza registica di ogni singolo segmento (oltre che le ottime qualità tecniche e recitative), che nulla hanno da invidiare a più blasonate operazioni estere.
Un piccolo gioiellino da preservare con cura, tra perizia registica, inquietudini virali, squarci autoriali, sensibilità narrativa e schegge slasher dai sapori fulciani.
17 Novembre di Tommaso Agnese
Uno chalet di raiminiana memoria, uno strano diario di delirio omicida stevensoniano, tocchi slasherosi, falcetti all'opera, e un finale metempiscoso con sogghigni stile Palla di lardo.
Suggestivo e tecnicamente audace il segmento di Agnese, tra flashback di morte e sanguinarie nemesi ereditarie da padre in figlio, sospeso in una macabra atmosfera incubotica, tra body count nello stile del (de)genere, sussurrati menage a trois e delittuosi passaggi di consegne.
Per Agnese una prova personale nel cinema di genere, superata con successo (***)
Offline di Andrea Gagliardi
Il male è virale, il male viaggia nella rete. Il J horror viene filtrato da Gagliardi in una mortale e inarrestabile catena di Sant'Antonio che viaggia in chat. Sottolineato da una musica ossessiva, dalle chiamate in messenger, dalla solitudine e dalla alienazione che le nuove tecnologie supportano. Suicidi indotti per poi ricominciare il passaggio di consegne. Claustrofobico (Gagliardi stringe la paura in un solo luogo circosritto-la stanzetta di Pietro, per passare a quella di Giada-) e quanto mai attuale (i suicidi giovanili). Chiusa un pò telefonata, ma la tensione e l'inquietudine rimangono impressi. Menzione speciale per il bravissimo Daniele De Angelis. Gagliardi sonda la morte per vie virtuali nel word processor degli Dei. Simpatico l'injoke albanesiano su Ubaldo Terzani (è il giornalista che scrive il pezzo, sulle pagine di un quotidano, sul suicidio di Giovanni che Pietro legge online) (***)
La medium di Roberto Palma
Le ciarlatane che parlano coi morti per avidità, giocando sulle sofferenze altrui, dà a Palma il pretesto per raccontare una storia squallida, che trasuda di credenze popolari basate sul lutto e sull'ignoranza e marciscente italianità. Tutto girato negli spazi di un angustio e desolante appartamentino, con una medium/baldracca che ricorda la chiromante madame Zina del
Tunnel dell'orrore, dall'avversione della figlia Francesca, fino alla sottomisione da parte di un giovane delinquente (che la possiede da tergo). Palma guarda a certo cinema pasoliniano e lizzaniano (più che al Bava della
Goccia d'acqua), con echi all'
Arcana di Questi, riempiendo il suo segmento di immagini cristologiche degne di un Almodovar e di un Abel Ferrara. La paura, per Palma, è suggestione e senso di colpa, perchè con la morte non si scherza. Bravissima Anna Maria Teresa Ricci nel ruolo della medium cinica e volgare. Episodio scritto dal regista insieme al nostro Saimo (Simone Starace, anche coraggioso co produttore dell'operazione). Palma voleva fare qualcosa di più che un semplice episodio horror, e ha centrato in pieno il bersaglio (***!)
Fiaba di un mostro di Stefano Prolli
Come sottolineava Fulci (con le parole di Henry James) nel finale di
Quella villa accanto al cimitero Nessuno saprà mai se i bambini sono mostri, o se i mostri sono bambini, l'infanzia dannata da a Prolli l'imput per quello che risulta l'episodio migliore della cinquina.
Celeste è un bambino emaciato (si deduce che la madre non le abbia tutte a casa) e malato di cuore, continuamente deriso dai suoi coetanei, finchè una tenera bambina si innamora di lui e del suo mutismo. Ma la gelosia (il bacio spiato che la piccola Gioia dà ad un altro ragazzino), il rancore, l'emarginazione porteranno a tragiche conseguenze.
Fiaba ora delicata ora crudele, dove Prolli dimostra una raffinatezza narrativa e una sensibilità non comuni (ed è un peccato che si sia fermato quì), con uno sguardo sulla fanciulezza a dir poco comenciniano, tratteggiato con grazia e tatto, ma anche con lampi di inaudita ferocia (la bimba uccisa a sassate). Il doppio volto del riso e del pianto (l'uovo, il pallone), con Celeste "creatura" sensibile ma allo stesso tempo infida e rabbiosa. Giro di vite truffauniano, favola dello spirito dell'alveare, toccante e brutale contemporaneamente, leggiadra come i giochi di un bambino, disperata come il livore e l'astio dell'impossibilità di essere normali (e di tutto ciò che ne consegue). Location laziali che trasudano di italianità superstiziosa a la
Non si sevizia un paperino e bravissimi tutti i bimbi protagonisti (con menzione speciale per la piccola Giulia Moscatelli). Un bambino fantasma, che era già fantasma chiuso nella sua dolorosa diversità che si tramuta in incontrollabile rabbia (e chissà perchè mi tornava alla mente
Chi è l'altro?) Prolli guarda il mondo con gli occhi di un bambino , per quanto dolce e crudele possa essere (curioso, come spiega lui stesso negli extra del dvd, come faceva a dirigere i ragazzini) (****)
Urla in collina di Marco Farina e Omar Protani
Ultimo segmento, e forse quello meno riuscito, per via di continui deja vù che vanno dallo slasher road vacanziero sullo stile
Vacancy, ai Motel da non soggiornarvi, alle riprese in POV, fino a echi alla
So cosa hai fatto (o alla
Frammenti di un incubo) e all'autostoppista di
Creepshow 2 (con boogeyman dalle fatezze fulciane). Il più gory del lotto (coltellate autoindotte, fuoriuscita di interiora, schizzi di sangue, volti devastati da schegge di vetro), il più "americano" (notevole la regia incalzante del duo Farina/Protani), il più sfacciatamente di genere puro e crudo. Notevole il motel spettrale sperduto nel nulla, la tv accessa sulle chat erotiche e il trio di ragazze (tutte bravissime). Chiusa albeggiante all'humor macabro tra incidenti d'auto e retromarce fatali con canzonette come nella tradizione del survivor/horror movie.Il segmento più superficiale e derivativo, dove il duo registico pigia sull'action, omaggiando tutto il repertorio (e i clichè) dello slasher d'oltreoceano. (**!)
Una piccola gemma antologica da conservare gelosamente