L'uomo scimmia - Film (1943)

Il dottor Brewster, scienziato esaltato, funge da cavia per suoi esperimenti. Il risultato sarà orribile; trasformato irreversibilmente in un essere scimmiesco, verrà a scoprire che l'unico antidoto che potrebbe salvarlo sarà solo del fluido spinale umano da iniettare su se stesso. Particolarmente cult le scene con Bela Lugosi, imparruccato e barbuto, mentre si aggira con l'orango per le vie della cittàalla ricerca delle vittime. Bizzarro. Per amanti del genere.

Agglomerato horror di temi e situazioni buttati un po’ alla rinfusa, tenuti insieme (si fa per dire) dalla vicenda dello scienziato trasformato in scimmia che deve prelevare midolli spinali per tornare all’umanità. Lugosi in versione ipertricotica è più buffo che inquietante, mentre il resto sembra ricalcare gli snodi narrativi del Corpo scomparso, ereditandone il pressappochismo, anche se in modo meno scombiccherato di quel precedente. Curioso lo svelamento finale del personaggio strambo che ogni tanto compare nella pellicola.

Deprimente a ogni livello. Il povero Lugosi, con nobile slancio, cerca di salvare la baracca: il masso di Sisifo della sua fatica, però, rotola a valle ripetutamente: troppo sciocca la sceneggiatura, futile l'intreccio, disarmante il make up, ridicole le situazioni (l'uomo scimmia che delinque assieme al gorillone). Una curiosità (che sarebbe meglio non soddisfare).

Uno dei più noti (ma non rinomati) horror di Poverty Row a base di tizi in costume da gorilla, se non altro per la presenza di un povero Bela Lugosi costretto a grugnire e gesticolare goffamente, col bonus di un trucco facciale a un passo da Andolfi ne La croce dalle sette pietre. La regia diretta e senza fronzoli di Beaudine si adatta bene all'elementare plot, col solito mad doctor wellsiano che, cavia di se stesso, si trasforma in un mostro nell'aspetto e nell'indole. Strano a dirsi, lo svelto regista riesce comunque a centrare qualche onesto sussulto gotico (il disco psicofonico).

Bela Lugosi torna a far coppia con un gorilla, come era già successo nel Dottor Miracolo, ma qui con risultati nettamente inferiori. Il soggetto non sarebbe neanche male, è la messa in scena a essere veramente povera. Il gorilla ravviva la pellicola: a indossarne i panni c'è il buon Emil Van Horn, che viene pure accreditato nei titoli di testa, a differenza di come succedeva spesso al suo più bravo collega Charles Gemora. Lugosi per tutto il tempo ha lo stesso aspetto (si glissa sugli effetti della trasformazione).