Gli amanti del brivido sanno benissimo cosa evitare quando si è in autostrada. Primo: non sorpassare. Secondo: non caricare autostoppisti albini. Terzo: mai rompere le palle ai camionisti. L'inconcludente Zakes, apirante scrittore in piena crisi emotiva, infrange tutte le regole dell'automobilista che voglia evitare d'essere intrappolato nel thriller-on-the-road, pagandone dazio. Gli inglesi si sà, sono a loro agio solo se nel marciume invischiano un tot di macabra demenzialità, ma non quando il cocktail necessita solo di un ingrediente liscio. Per narrazioni concitate, chiedere degli americani.
Giornata nera per il povero Zakes (William Ash), e non certo per il fatto che Beth (Christine Bottomley), la sua ragazza, ha deciso di mollarlo. Oh, no davvero. Questo è il male minore, di fronte ad un camionista sadico che rapisce ragazze strada facendo. Thriller poderoso e ben diretto che rimescola con buona sapienza ingredienti triti e ritriti tenuti assieme dai rimasugli dell'ormai appassito Duel. Al suo debutto dietro la M.d.P. Mark Tonderai dimostra di avere assimilato la lezione di Hitchcock, percui niente è scontato e avvenimenti apparentemente banali possono rivelarsi risolutori.
MEMORABILE: Il risveglio di Zakes con le mani inchiodate al pavimento.
In certi generi è nelle regole del gioco affidarsi alla sospensione dell'incredulità. Ma ciò dovrebbe avvenire in un contesto coerente. Questo invece è uno di quei film in cui sono illogiche le azioni e reazioni dei personaggi, improbabili le situazioni, in cui i telefonini non hanno mai campo, le auto non partono etc. Insomma uno di quei film furbi dove si cerca di costruire la tensione atraverso frangenti tanto estremi quanto implausibili, finendo con l'irritare anche lo spettatore più disponibile. Per il resto, luoghi comuni a gogò...
Un altro voyage au bout de la nuit sulle strade della paura popolate da scorpioni e da collectors (chi sono? da dove vengono? perché lo fanno? stica, as usual) che si muovono a duel a duel, fronteggiati da un pivello sull'orlo di una crisi di nervi che pur di salvare la fanciulla che l'ha fatto becco farà apprendistato per dare piste ad Highwayman. Un po' Joy ride, un po' Shuttle, un po' sciatto quanto a logica, la conta chilometrica che per parlarne il commento rischi di trasformarsi in Hulk a suon di antesignani e cuginetti annoverati. Ma si lascia portare a termine senza sbadigli, e tanto basta
Mi son ricordato di averlo visto solo per puro caso e questo è indice chiaro della memorabilità della pellicola. Thriller visto e rivisto di automobilista depresso che si cerca guai e puntualmente li trova, nei panni di un camionista abbastanza pericoloso: svolgimento prevedibile ed effettacci non proprio degni di nota. Insomma, direi che si può consigliarne la visione solo ai grandi appassionati del genere, gli altri possono tranquillamente astenersi. Mi sarei astenuto pure io.
Diciamo che vedere Hush come un epigono ennesimo del Duel spielbergiano sarebbe una forzatura. Qui abbiamo un rapitore di donzelle, che fa razzie travestendosi da camionista, ma badate: nessun frenetico inseguimento o altro. Il film comunque alla fine non decolla. Hush tradisce qualunque aspettativa di sorpresa o di colpo di scena e a visione ultimata si ha la sensazione di un racconto pressochè scolastico, da manuale. Molti gli spunti non sviluppati e i personaggi che finiscono per scomparire. Insomma, un film senza lode e senza infamia. Piatto.
Togliendo dal conto finale qualche suggestiva scena iniziale (la prigione nel retro del camion, il gioco delle sparizioni nella stazione di servizio) e qualche mirabile scelta registica, restano in mano l’ennesimo epigono del camionista psicotico ed assassino, monolitico e spietato e le solite peripezie dei poveri perseguitati, persi in lande desolate e astuti nell’evitare trappole e sadici twist. Troppo poco per una piena soddisfazione, troppo poco per poterselo, tra qualche mese, ricordare con piacere.
Situazioni surreali spesso al limite dell'impossibile sono sovrane incontrastate in questo film di Tonderai. Luoghi comuni, scene già viste in centinaia di thriller/horror e protagonisti che fanno di tutto per gettarsi a capofitto tra le braccia della morte sono solo alcuni dettagli tutt'altro che entusiasmanti. Per non dimenticarsi della pessima efficienza della polizia locale, che a confronto quella di Springfield col commissario Winchester è la Cia, l'Fbi e il Mossad insieme. Da salvare solo la parte iniziale, ma niente di più.
Sfida i topoi del thrilling con inaspettati colpi di scena ed è pregno di tensione, dall'inizio alla fine. Se si sorvola su qualche leggera forzatura di script, si rimarrà piacevolmente colpiti da un thriller di sicuro impatto tensivo. Gli elementi per la buona riuscita ci sono tutti. La regia si distingue per repentini cambi di inquadrature e la fotografia, seppur scura, assolve al suo compito. Un thriller in piena regola. Promosso.
Piccolo thriller inglese che si allaccia alla tradizione americana (inseguimenti on-the-road sul modello Radio killer e Duel, sequestri di pulzelle dai connotati torture-porn, un'ironica parentesi backwoods horror che cita Non aprite quella porta per poi svoltare in tutt'altra direzione), inverosimile ma abbastanza umile da non pretendere più del dovuto. Ci si mantiene saggiamente su livelli modesti: le scene di suspense non sono da antologia ma funzionano, la violenza non eccede. Si segnalano un paio di colpi di scena inaspettati. Scorrevole.
MEMORABILE: Il retro del furgone si alza e spunta una ragazza urlante; L'occhio infilzato; La coppia di vecchietti hooperiani; La trappola per fermare il killer.
Coppia in autostrada, un furgone, manovra pericolosa e lui crede d'aver visto una prigioniera nell'automezzo. Connubio tra Duel e Breakdown, un thriller che cura molto le dinamiche degli eventi tralasciando le meccaniche, senza quindi spiegare cause, moventi, identità dell'antagonista/i (proprio come nell'esempio spielberghiano). La suspense è ben costruita anche se spesso ricercata a tutti i costi con forzature piuttosto surreali (la fuggiasca e i chiodi a casa degli anziani), la confezione non è il massimo ma si può guardare (anche se di sicuro non supera i modelli).
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Le similitudini, per presenza di un camionista sadico e inferocito, a Radio Killer non sono solo di concetto, come si evince dalla simile impostazione grafica (notare la stessa tonalità di colore!) data alla locandina del film.