A contare tutte le trasposizioni cinematografiche del celeberrimo racconto di Edgar Allan Poe ci sarebbero da perdere giornate intere. La maggior parte di queste poi (possiamo dire praticamente tutte, vista la stringatezza del racconto) con Poe hanno poco o nulla a che vedere; giusto il finale (un vero classico) e la presenza del gatto accostata a efferati delitti. Lucio Fulci, evidentemente a corto di idee, ci prova pure lui (su una sceneggiatura di Biagio Proietti) ricalcando fedelmente i dettami dei suoi predecessori. Qui si racconta di un medium che mette il microfono sulle tombe per sentir parlare i morti (Patrick Magee, il cui sguardo satanico è ripreso in primissimo piano innumerevoli volte),...Leggi tutto di una fotografa (Mimsy Farmer) sua confidente, di un ispettore di Scotland Yard (David Warbeck) che cerca di far luce sul caso assieme al poliziotto del luogo (Al Cliver) e, naturalmente, del fatidico gatto nero. Lo si vorrebbe far sembrare minaccioso (con insistiti primi piani sugli occhi, con soggettive in steadicam ad altezza terreno, con attacchi sanguinari), ma alla fine è solo una comparsa, una presenza che non riesce a farla da protagonista. Fulci le prova un po' tutte per inventarsi delitti efferati provocati dalla bestiola, ma ne escono solo tremende forzature, che comunque ben si sposano alla povertà del soggetto. Eppure le scenografie e la fotografia sono sopra la desolante media dell'ultimo Fulci, per la colonna sonora è stato chiamato Pino Donaggio, il cast (c'è anche Dagmar Lassander) è composito è di un certo spessore... Niente da fare. Anche sotto il profilo dello splatter BLACK CAT è altamente carente.
Fulci alle prese con la sua rilettura di Poe non poteva che essere quantomeno inatteso: mentre le versioni precedenti erano fedeli riproduzioni di un horror psicologico e sotteso, il cineasta romano preme sul pedale del disgusto depistando attese e sensazioni degli spettatori.
Ci sta pure lo spazio per introdurre il personaggio che registra voci dei defunti (il Patrick Magee di Arancia Meccanica) e non manca una sensuale sequenza di morte con la più bella vittima predestinata del cinema fulciano: Daniela Doria.
Mesmerico.
Attingendo sia da Poe (il gatto, il rapporto padrone-schiavo) che dal lovecraftiano ‘Randolph Carter’ (il cimitero, la psicofonia), Fulci penetra nell’imo le oscurità dell’animo umano, narrando le gesta del diabolico felino, estrinsecazione metapsichica del Male insito nell’ipnotico e necrofilo Magee. Ellissi, soggettive, ombre, mistero, PPP di occhi e suggestioni oniriche (la reiterata aggressione a Warbeck da parte del gatto, accostabile alla fuga in loop di Nightmare 4) subentrano agli eccessi splatter di Paura. Musiche felpate di Donaggio.
Pur millantando di essere tratto dal bellissimo racconto di Poe, in realtà la pellicola in questione non ha nulla a che fare col capolavoro del maestro. Tutta la psicologia, il mistero e la tensione che caratterizzavano le pagine del grande scrittore americano, sfumano qui in una versione cinematografica che punta tutto, o quasi, sul grandguignolesco, con risultati piuttosto deludenti e banali, soprattutto perché ad opera di un regista come Fulci che avrebbe potuto fare molto meglio.
Non disprezzabile horror fulciano che adatta "Il Gatto Nero" di Edgar Allan Poe aggiungendo un bel po' di effettacci di sangue. Non male il cast, su cui spicca Magee; bravi comunque anche la Farmer e il fulciano Warbeck (ma cis ono anche la diva anni 70 Dagmar Lassander e Al Cliver). Ottimo anche il tema musicale. Da rivalutare. Finale in cui viene citato Sette Note In Nero.
Horror di grande eleganza e sobrietà che se non fosse per gli zoom e i PPP altezza occhi non sembrerebbe di Fulci. Si registra una buona prova degli attori tra cui spicca un mefistofelico Magee ed un'ottima fotografia del sempre bravo Salvati, ma la sceneggiatura poteva essere migliore e viene salvata solo dalla vene visionaria del regista.
Scritto da Biagio Proietti, è un libero adattamento del celeberrimo racconto di Poe, la cui brevità ha sempre reso necessario la costruzione di trame ex-novo. Non è uno dei migliori film del regista, ma rimangono delle buone intuizioni e un finale notevole, molto simile a quello del racconto. Lo slancio gore del regista è penalizzato dalla mediocrità degli effetti speciali (vedi l'incidente iniziale e l'incendio del manichino).
Come al solito la trama ha solo alcuni punti in comune con l'originale racconto di Poe, tra cui il classico finale; sembra che Fulci fosse molto appassionato di questa storia, dato che aveva già utilizzato lo stesso colpo di scena per il suo Sette note in nero. Il film soffre di un ritmo un po' troppo lento e di una certa ripetitività e sembra maggiormente legato al periodo thriller/giallo del regista, pur non raggiungendo i livelli di altri suoi classici. McGee demoniaco, gli altri attori nella media fulciana, ma il film non decolla mai. **
Buona suspance, terrore ad una quota soddisfacente e il solito splatter di cui non si sente mai la mancanza. La trama è liberamente ispirata ad un racconto di Poe che rispecchia il film solo in pochissime situazioni. Patrick Magee riesce a convincere, al contrario del resto del cast che svolge mediocremente il proprio compitino. Lucio Fulci rende riconoscibile la sua mano.
Chi ha letto il racconto di Edgar Allan Poe sicuramente avrà qualcosa da ridire sul film, visto che gli è poco fedele. Ma dopotutto non è da buttare, anzi Lucio Fulci ci regala un buon thriller, interessante e surreale. Buoni alcuni spunti e inquadrature.
Di Lucio Fulci ho visto di meglio... ma anche di peggio! Film che non supera mai i limiti della mediocrità, nonostante si prenda spunto da uno dei racconti del grande Edgar Allan Poe. Magee è l'unico che salvo, insieme ad una bellissima fotografia ed i paesaggi dell'Inghilterra.
Notevole atmosfera inglese e da giallo anni 70, marcata dal tema musicale principale dal sapore medievale e settantiano. Patrick Magee interpreta il personaggio tormentato alla Poe che ha un malefico legame con il gatto e si occupa di scoprire il gran segreto (cosa c'è dopo la morte). Film diretto molto bene da Fulci, che rimanda in alcune scene a suoi thriller anni 70 come Sette note in nero. Far recitare i gatti credo sia difficile, e in questo film recitano molto bene. Notevole il delitto di Dagmar Lassander.
MEMORABILE: Un ubriaco esce dal pub e Warbeck esclama: "Quello deve essere uno dei clienti migliori".
Il soggetto - ispirato a Poe - e la sceneggiatura - al limite del ridicolo involuto - non rispondono alle corde del regista: ma è encomiabile lo sforzo profuso da Fulci per generare comunque un'atmosfera necrotica, grazie anche ad uno staff tecnico e artistico capace di supportarne l'irruenza creativa. Il torvo, mefistofelico Patrick Magee e la fragile Mimsy Farmer danno verosimiglianza ai personaggi. Donaggio musica con estro hitchockiano e Salvati illumina con toni grevi e malsani. Fulci, come in un'allucinazione sonnambolica, fluttua tra visioni lovecraftiane e inquietudini alla Stevenson.
Un grande Lucio Fulci in questo thriller in cui un innocuo gattino nero è la puntuale firma di macabri omicidi, apparentemente immotivati. Storia di poteri paranormali s'incrociano con reminescenze alla Poe, senza per questo influire sulla resa e l'atmosfera misteriosa dell'opera. Lo sguardo attonito di Mimsy Farmer ancora una volta colpisce nel segno.
Fulci staziona in atmosfere inglesi, frena di poco i suoi deliri splatter e fa i sui classici primi piani sugli occhi terrorizzati di Mismy Farmer. Si sente l'odore dei thriller hammeriani, in questo film supportato dal notevole commento musicale di Pino Donaggio. Tra cadaveri in decomposizione, volti graffiati, gatti alla Inferno, corpi impalati da spuntoni e l'ossessione poeiana fulciana (che fa il paio con Sette note in nero, con cui ha più di un punto in comune), si respira aria angosciosa, oscura e mortifera, anche se non è il miglior parto del maestro.
MEMORABILE: Le registrazioni mortifere di un invasato Magee, che sembra sia rimasto allo scrittore di Arancia meccanica.
Thriller d'atmosfera più che horror tout court, appartiene ad uno dei periodi d'oro di Fulci e in tal senso non è da liquidare. Certo Biagetti che "tratta" il capolavoro di Poe la dice lunga sulla tenuta di tensione del racconto, tuttavia il regista se la cava con la sua compagnia di giro al completo (con l'unica fondamentale assenza della MacColl, sostituita da un appannata Farmer, alla quale vengon riservate citazioni dalla Finestra sul cortile e Uccelli). Magee rende bene il Mabusiano Dr Miles, centrate le musiche di Donaggio ma il gatto è il migliore.
MEMORABILE: La morte nel fuoco della Lassander, con la classica vetrata rotta; L'attacco del gatto a Warbeck; Il montaggio alternato martellate/primo piamo di Magee.
Dalle soggettive reletive alla visuale del gatto alle location londinesi intrigante quanto basta, ma a patto di non cercare la veridicità. Un gatto, per quanto mentalmente controllato, non potrebbe far mai cose del genere; a parte questo le atmosfere ci sono, evidenziate da una buona fotografia; e poi vogliamo mettere Donaggio e la Farmer... Inquietante quanto basta per non farsi dimenticare.
Noioso, prevedibile, banale, senza neanche le massicce dosi di splatter fulciano a fungere da diversivo (perlopiù qualche graffio, un cadavere semi-decomposto mostrato alla mordi e fuggi e poco altro)... Guardando ambientazione e fotografia prometteva qualcosina di più, ma le opere più sciatte del regista non han nulla da invidiargli, anzi alcune son più divertenti e si fanno seguire meglio.
MEMORABILE: La passeggiata del gatto sui tetti, mentre scorrono i titoli di testa.
Registicamente siamo ancora alle prese col miglior Fulci (con tanto di virtuosismi, grandangoli e doppie lenti), ma la sceneggiatura priva di idee lo rende un horrorazzo banale e noiosetto, che emerge quà e là grazie ad una discreta atmosfera, costruita sulle suggestive ambientazioni inglesi associate al malinconico tema musicale di Donaggio. Anche il cast è buono (Warbeck, la Farmer, Magee, la Lassander), mentre per quanto riguarda l'assenza di splatter, visti i brutti effetti non splatter forse è meglio così. Sufficienza risicata.
Con Poe c'entra davvero poco, ma questo horror visionario fulciano è un bel film. Sembra un sogno, o meglio un incubo e in alcuni punti è elegante. Nel cast spiccano solo la Farmer e il gatto nero. Gli altri, da Warbeck a Al Cliver, fanno parti che non si ricordano molto.
Il tema, ampiamente sfruttato in tante pellicole precedenti, non offre sicuramente grandi sorprese nella sua trama, anche se Fulci riesce a trasmettere molto bene sia le situazioni che gli stati d'animo degli interpreti. Buona sia la prova della Farmer che di un Magee dal volto inquietante. Bellissime le soggettive del gatto. Meno sanguinolento di altri film del regista ma comunque interessante.
Lucio Fulci rilegge Edgard Allan Poe e ambienta i delitti del gatto nero in una provincia inglese. Gli attori sono in parte, sopratutto lo scienziato Patrick Magee, la fotografa Mimsy Farmer e l'ispettore David Warbeck. Ma la vera star è lui, il gatto nero, che sa anche intenerire nonostante soffi, graffi e vada in giro a uccidere la gente. Lucio Fulci non rinuncia al sangue e al gore, creando un riuscito legame fra il padrone e il suo gatto. I mezzi usati da sono pochi, ma bastano per instillare nello spettatore terrore e raccapriccio.
MEMORABILE: La scioccante la scena del gatto nero prima drogato e poi impiccato sopra un albero.
Prendendo solo spunto dal breve racconto omonimo e mischiando atmosfere fiabesche e lovecraftiane, Fulci realizza un gioiellino parecchio sottovalutato. Vero è che non tutto funziona alla perfezione, ma la bontà del cast e la grande atmosfera compensano abbondantemente. Fulci rinuncia quasi del tutto al gore in favore di una costruzione della tensione sopraffina, fatta di campi, controcampi e carrellate a esplorare la labirintica magione del delirante professore. Interessanti il discorso sul male e l'ineluttabilità del dolore.
MEMORABILE: Il ritrovamento dei due ragazzi; Patrick Magee che deambula come un fantasma nei corridoi della villa.
Ottime location e una adeguata fotografia preparano il terreno per un horror che, se diversamente rifinito, poteva essere un gran film. Perché Fulci il suo mestiere lo conosceva bene e comunque la sceneggiatura mi è apparsa lineare e sostenibile, quasi sempre. Non mi sono piaciuti alcuni punti salienti, come i momenti degli attacchi splatter/gore del "nero" (il supporto spfx è insufficiente, stranamente). Ma lo "zoccolo duro" della cinematografia del Maestro compensa le mancanze, perché quando si parlava di morti, spettri &affini, Lucio non sbagliava un colpo.
È un film realizzato a scopo alimentare e si vede perché manca quel quid che lo rende vivo. La dovizia e la cura nei particolari è evidente, come anche il mestiere e la qualità delle riprese, ma non decolla mai. L’asse portante è il gatto nero che incarna la parte malefica dell’uomo, il suo alter ego cattivo che compie omicidi con rara efferatezza, ma questa volta senza esagerare nel sangue. È un peccato perché gli attori non sono male e le musiche di Donaggio pure.
Si chiede allo spettatore un surplus di sospensione dell'incredulità: un gatto usato come Golem vendicatore... Fulci (il soggetto è di Biagio Proietti) prende liberamente le mosse dal racconto di Poe per poi pasticciarlo con elementi eterogenei: thriller, parapsicologia, un po' di sangue. Per fortuna il regista ha la mano ferma (e sicuro mestiere) e da questo pot-pourri riesce a tirar fuori un'oretta e mezza passabile. Grande il cipiglio di McGee e sempre graziosa la Farmer.
Chiarito subito che con il racconto di Poe non c'entra nulla, il film si distingue per un'innegabile eleganza visiva. Tolto questo rimane ben poco: la storia è debole, la tensione nulla, la recitazione poco naturale. I personaggi si muovono a disagio in situazioni davvero poco credibili, per non dire assurde. Bellissime l'ambientazione e l'atmosfera, ma da Fulci è lecito aspettarsi molto di più.
Il film inizia dove comincia la logica (un bel micione nero in grado di aprire le porte di un auto che lascia graffi con le impronte di un ghepardo, scheletri in posizioni innaturali, la Farmer monoespressiva) e il seguito è anche peggio. Il povero Poe viene usato nella locandina (e non solo) come richiamo e il regista, conscio dello scrittore impossibilitato a fargli causa, ci dà dentro con effettacci cercando inutilmente di suscitare interesse nello spettatore. Buio, nebbia, cimiteri e patonza, rara, in una storia mal raccontata.
Poca roba per uno come Fulci. Il procedere del racconto è lento e poco coinvolgente, eccessivi primi piani "alla Leone" e poca sostanza filmica. Il cast mi sembra un po' ingessato e freddo. In sostanza la produzione non rappresenta al meglio il racconto di Poe. Fulci ha fatto ben di meglio e questo passaggio a vuoto si può anche perdonare.
Tremendo pasticcio di Lucio Fulci in questo film che ha la pretesa di incutere terrore raccontando una storia confusa e noiosa per arrivare al più classico degli epiloghi. La sceneggiatura non aiuta sicuramente lo spettatore a entusiasmarsi anzi lo confonde e lo irrita per quanto si gira intorno alle cose senza un vero e proprio senso. Gli attori appaiono stralunati nel dover recitare in questo gazzabuglio narrativo. Si arriva alla fine a fatica.
Fulci stavolta si diverte a mettere in scena l'orrore dosando accuratamente splatter (poco ma buono) e tensione. Certo mancano l'estremo sadismo dei suoi capolavori horror e l'intreccio sapiente dei thriller che lo hanno reso celebre ma questa, per il regista, è la sua favola nera, il suo racconto horror per bambini divenuti adulti. La Farmer, un po' come L'Alice di Carroll, si aggira con aria ingenua fra cimiteri abbandonati, case infestate da orribili gatti neri e tetri cunicoli sotterranei.
Non dispiace affatto. Se si sorvola sul fatto che è ormai un film datato e che molti effettacci sono ampiamente superati, il film ha un certo fascino misterioso, con questo gatto che si aggira per la città graffiando e mietendo vittime nei modi più bizzarri. Alcune scene di morte sono girate degnamente e mostran un'ottima cura per il trucco. Visto il budget ci si accontenta e si gode del risultato.
MEMORABILE: L'incendio che brucia la donna; I due amanti rinchiusi senza ossigeno.
Un Fulci minore sbucato nel bel mezzo di quegli anni d'oro in cui il buon Lucio sfornava capolavori horror senza tregua. Nonostante sia decisamente sottotono rispetto allo standard del periodo, anche questa trasposizione (liberissima) del racconto di Poe ha molte carte vincenti: gli omicidi, pur non eccedendo in gore, sono cattivi al punto giusto, qualche insistenza sugli occhi gialli nel buio (un po' come in Quella villa accanto al cimitero) mette i brividi, le musiche sono ottime. Anche il cast presenta nomi molto interessanti. Da rivalutare.
Nel bel mezzo del suo “periodo splatter”, Fulci torna al thriller inserendo, con notevole eleganza formale (sottolineata dalle musiche di Donaggio), parapsicologia e occultismo in una ripresa di un classico racconto di Poe. Il risultato è ad alta tensione, anche grazie ai bizzarri omicidi del gatto (per quanto alcune situazioni appaiano forzate) e le presenze del mefistofelico Magee e della fragile e attonita Farmer aiutano, anche se il resto del cast è un po’ debole (soprattutto Cliver).
MEMORABILE: Le soggettive del gatto (sul tetto e nelle sequenze degli omicidi); Tutte le scene con Magee; La citazione di Sette note in nero.
Strani delitti offuscano la pace di un paesino inglese. Chi è il colpevole? Tratto da un racconto di Poe, il film del maestro visionario Fulci riesce a conservare un certo fascino, preservando quel mistero che aleggerà lungo tutta la pellicola. Anche le atmosfere, la musica e il cast (da segnalare Patrick Magee) concorrono alla realizzazione di un prodotto oggi datato quanto a molte cose, ma assolutamente non disprezzabile.
Film di Fulci non tra i più noti ma tutt'altro da disprezzare. Il legame con il celeberrimo racconto di Poe è solo nell'ispirazione ma ci sono una serie di cosette da apprezzare. In primis un'interpretazione eccellente del vecchio lupo Magee, perfetto nel ruolo del malvagio studioso dell'occulto in cerca dell'immortalità. Poi una serie di omicidi in cui risalta la crudeltà fulciana, con una bella atmosfera tenebrosa. Scarsetti gli altri attori (a parte il gatto...) e un po' assurdo il finale.
A parte una scena, del capolavoro di Edgar Allan Poe non c'è nulla. I momenti di noia sono numerosi e non basta a salvare il film un gatto a cui forse manca solo la laurea in filosofia. Non basta neanche uno schizzato Patrick Magee, che può ricordare il dr. Rutherford de La morte dietro il cancello. A parte quest'ultimo, poco caratterizzati i personaggi. Alcune atmosfere e location però si salvano e conferiscono una buona copertina a un film appena sufficiente.
Nell'anno d'uscita del suo indiscusso capolavoro, il maestro Fulci trova il tempo di far distribuire nelle sale anche questo esperimento goth-splatter costruito a partire da un rinomatissimo canovaccio poeiano. Per quanto faccia sorridere l'idea di un per nulla intimorente gattino nero come motore (inconsapevole?) di una catena a tratti truculenta di omicidi, il meccanismo filmico nel suo complesso tiene, giungendo con coerenza al buon finale. In parte i protagonisti. Vi sono alcuni punti di contatto col primissimo Lamberto Bava di Macabro (si vedano le sequenze iniziali).
Tra un capitolo e l'altro della cosiddetta trilogia della morte, Fulci trova il tempo di girare anche questo thriller parapsicologico ispirato molto vagamente al celebre racconto di Poe, in cui però accantona lo splatter in favore di una maggiore eleganza formale. Nonostante una sceneggiatura un po' sbrigativa in alcuni passaggi e qualche primo piano di troppo, il risultato può dirsi soddisfacente sul piano della tensione e dell'atmosfera, e nelle sequenze di morte la mano del maestro c'è ancora tutta. Magee inquieta, gli altri fanno il loro dovere. Cadenzate le musiche di Donaggio.
MEMORABILE: Tutte le morti, ma in particolare quella della giovane coppia; Il finale.
Poe c'entra giusto un pelo di gatto (nero) ma sono tanto numerosi i casi in cui il suo nome è nominato invano che non è il caso di stupirsi. Stupisce invece la povertà della sceneggiatura che inanella una serie di delitti senza alcun estro, mentre il cast a disposizione è sprecato in personaggi di scarso spessore. La mano di Fulci si intravede in alcune sequenze e la ost di Donaggio è piacevole ma tutto il resto è mediocre e l'espediente di inquadrare di continuo gli occhi magnetici del micio oppure quelli spiritati di Magee non basta a rendere più inquietante un film tanto moscio.
Tratto dalla penna di Edgar Allan Poe, si fa per dire; Fulci destruttura completamente il racconto, si intrufola fra gli interstizi sepolcrali, nei sotterranei psichici, vagheggia fra l’arretrata provincia inglese e offre più di un'occasione di grande terrore. Gli snodi narrativi non sempre riescono a sciogliersi e alcuni momenti risentono di una certa lentezza, ma la visionarietà registica è innegabile e il cast (Magee su tutti) assolutamente in parte. Incalzante lo score di Donaggio.
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DiscussioneZender • 13/09/09 19:17 Capo scrivano - 47726 interventi
Nessun problema Cotola. L'importante è capire se adesso è tutto a posto, per questo chiedevo ad Undying.
HomevideoXtron • 1/03/12 16:49 Servizio caffè - 2147 interventi
Herrkinski ebbe a dire: Esiste una versione italiana in DVD, uscita per la IIF/01 Distribution, peraltro di ottima qualità Ottima qualità mi sembra esagerato! A me sembra appena sufficiente :)
Direttamente dall'archivio privato di Buiomega71, il flanetto di Tv Sorrisi e Canzoni (Ciclo: "Domenica in giallo", domenica 7 maggio 1988) di Black cat (Gatto nero):
MusicheAlex75 • 11/03/19 19:07 Call center Davinotti - 709 interventi