Igby goes down - Film (2002)

Dolceamaro ritratto del difficile ingresso nell'età adulta. Delicata commedia drammatica di buona fattura, ha l'abilità di trovare il tono giusto per raccontare una storia che altrimenti potrebbe facilmente cadere nel prevedibile o nel melenso. Ottimo il cast.

Fugge da una famiglia impossibile, con madre isterica, padre psicolabile e fratello yuppie, e si ritrova in una New York piena di stimoli. Riecheggia le storie anni 70 di ribellismo e crescita di adolescenti apatici questo film in bilico (irrisolto) tra commedia modaiola e dramma amaro. Ma i decenni sono passati e alla rabbia inedita degli anni 70 qui subentra la trasgressività trendy. Inoltre i momenti migliori (le descrizioni famigliari) affogano nelle storielle avventurose sexy e nei brutti dialoghi incongruamente sofisticati.

Film che parte molto bene: musiche giuste e furbette, una famiglia squassata alla base da una madre fuori di testa e un figlio problematico ben interpretato da Kieran Culkin che vive la vita difficile di un ragazzo sensibile in un mondo di lupi, il "diverso" insomma. Il soufflè tende poi sgonfiarsi leggermente ma rimane su buoni livelli fino al finale tanto ad effetto quanto preannunciato. Cast molto buono: oltre a Culkin, Sarandon fa la matta e ben gli riesce, Pullman (idem) e J. Goldblum l'ambizioso e duro uomo d'affari.

Cast all'altezza per un film che ha come tema principale quello della crescita. Crescita del protagonista che avverrà lontano da casa, dentro a un mondo che troverà non troppo dissimile dalle nevrosi familiari da cui era scappato. Tradimenti, gelosie, rabbia e frustrazione accompagnano Culkin nel viaggio chiamato vita. La Sarandon primeggia su tutti. Godibile.

Piuttosto inconcludente questo moderno giovane Holden, interpretato dal bravino Culkin e da un cast discreto, purtroppo intrappolato in involucri odiosi. Lo stesso Igby fatica ad attrarre simpatie e di certo non migliora con lunghi dialoghi inutili e con la ricerca di una strada personale che sembra trovare... ma per caso. Soundtrack piacevole, ma tremendamente datata che finisce solo per ingabbiare il film nella sua esatta decade. Bravo Bill Pullman, l'unico personaggio che salverei. Non spiacevole, ma lascia decisamente poco.

Bildungsroman tra commedia e tragedia, pende ora da una parte con alcuni sapidi dialoghi, ora dall’altra con attimi di intensa drammaticità che inducono all’empatia per il povero Igby, adolescente sballottato qua e là da adulti con molti problemi. La matura prova di Culay si potenzia anche per le dialettiche con i più anziani colleghi, immersi nelle loro figure di madri tiranniche (Sarandon), padri psicolabili (Pullman, in poche ma intense scene), fratelli ostili (Phillipe), padrini di autoritaria supponenza (Goldblum), giovani affettuose (Danes) e maliarde drogate (Peet). Miserie umane...

Ragazzino circondato da un gruppo familiare tra lo schizzato e l’egocentrico cerca di scappare e viver per conto suo. Le caratterizzazioni son troppo caricate e danno l’effetto di una teatralità che non regge, alla lunga, mentre i dialoghi diretti e sarcastici risultano ficcanti. Il contesto è da film indipendente che si può permettere di essere sfrontato: risulta come una provocazione che i genitori fanno danni ai figli e quindi è giusto che vengano ammazzati.