Kuroneko - Film (1968)

Kuroneko
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Titolo originale: Yabu no naka no kuroneko
Anno: 1968
Genere: horror (bianco e nero)
Note: In concorso alla mostra del cinema di Cannes nel 1968 ma mai proiettato per l'interruzione della kermesse a causa della protesta studentesca.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 17/11/09 DAL BENEMERITO AAL
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Aal 17/11/09 11:40 - 321 commenti

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Girata in un elegantissimo bianco e nero, è una classica storia di fantasmi giapponesi ambientata al tempo dei samurai. Raramente mi è capitato di vedere un horror di una simile perfezione formale: Kaneto Shindô è riuscito a fare di una storia popolare un'opera d'arte che è anche uno struggente atto d'amore nei confronti delle tradizioni del suo paese. Permeato da un autentica sensazione di angoscia ed emotivamente molto carico, si avvale di una colonna sonora minimalista realizzata con strumenti tradizionali e ottimi effetti audio.
MEMORABILE: Il momento in cui il samurai che deve sconfiggere il demone si accorge che questi è lo spirito di sua madre.

Mickes2 23/06/13 16:32 - 1670 commenti

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Come in Onibaba, lo sfondo è l’infernale contesto delle guerre feudali. Al centro le sofferenti figure femminili e il dolente antieroismo del samurai, ma alla lotta per sopravvivere e la disperazione di un’umanità luciferina si sostituisce una formidabile ghost-story legata a filo doppio divisa fra sovrannaturale e realtà, in cui il codice del mistico si scontra con quello del razionale deflagrando in uno straordinario affresco spirituale sull’onore, l’amore corrisposto ma impossibile, il sacrificio e la vendetta. Sublime b/n, splendido score.

Rufus68 21/01/16 20:17 - 3841 commenti

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Elegantissimo bianco e nero che, sotto le spoglie di una storia classica di fantasmi e vendette, cela una critica violenta all'organizzazione sociale del Giappone feudale (in particolare alla casta dei samurai, vista quale accolita di sordidi gaglioffi e di criminali). Atmosfera sospesa e fluttuante quale si addice ai revenants orientali, avvolgenti e spietati.
MEMORABILE: I samurai assassini che, nella scena iniziale, convergono e sciamano dalla capanna come un branco di lupi.

Daniela 15/11/16 12:51 - 12660 commenti

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Due contadine che vivono da sole in una capanna vengono stuprate ed uccise da alcuni samurai. Grazie ad un patto demoniaco propiziato dal loro gatto nero, torneranno sulla terra sotto forma di fantasmi per ottenere vendetta... Come nel capolavoro Onibaba, c'è un triangolo al centro di questo film visivamente splendido nel suo bn smaltato, con la stessa ambientazione nel periodo crudele delle guerre feudali in cui sono i più poveri (i contadini) e i più deboli (le donne) a soffrire di più. Opera dal ritmo lento, avvolgente come le stoffe fluttuanti, ipnotica e suadente come la colonna sonora.
MEMORABILE: La nebbia nel bosco di bambù, con i giochi di luci ed ombre; Il gatto che lecca i cadaveri; I costumi delle due donne fantasma

Cotola 4/02/17 00:31 - 9043 commenti

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Sontuoso e di indiscusso fascino dal punto di vista visivo, il film funziona bene anche dal punto di vista narrativo: i ritmi, lenti ma anche suadenti e "vischiosamente" avvolgenti, sono quelli del cinema orientale, ma la storia (di fantasmi e vendetta, ma non solo) è intrigante e si lascia seguire con curiosità fino alla fine. Per certi versi il regista riprende temi e situazioni di Onibaba che gli è un pizzico superiore. Ma qui siamo comunque dinanzi ad un grande esempio di cinema che sarebbe un peccato perdersi.

Belfagor 16/02/17 21:47 - 2690 commenti

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Violentate e uccise da alcuni samurai, due donne tornano in vita grazie all'intervento di un gatto nero e attuano la loro vendetta attirando e uccidendo i soldati di passaggio. Shindo rielabora il precedente Onibaba sostituendo l'organicità del naturalismo panico con una dualistica contrapposizione fra la violenza brutale della guerra e l'eterea sottigliezza dei due spiriti. Leggermente al di sotto del predecessore, è comunque una valida rappresentazione di una sterile vendetta in cui si rispecchia il bagno di sangue della guerra.
MEMORABILE: L'arrivo del gatto dopo la violenza; Il finale sotto la neve.

Anthonyvm 20/10/21 15:44 - 5684 commenti

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Immagini di eccezionale bellezza per un melodramma sovrannaturale struggente e poetico, lento e fascinoso. Lui samurai assoldato per uccidere fantasmi, lei vendicativa entità costretta a bere il sangue dei guerrieri: un amore impossibile condannato a un tragico esito. Shindô torna anche più esplicitamente agli orrori della guerra e firma quello che, per cura estetica, premesse folkloristiche e spunti narrativi pare l'ideale punto di intersezione fra Onibaba e Kwaidan. C'è forse da domandarsi se, in questo caso, l'uso del colore non potesse rivelarsi proficuo sotto il profilo visivo.
MEMORABILE: Le camminate a cavallo nel boschetto di notte; I capelli che si muovono come la coda di un gatto; Il combattimento fra la madre e il figlio; La neve.

Teddy 15/03/22 04:09 - 825 commenti

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Se nel film di Shindô l’estetica è un teatro di prodigiose raffigurazioni mitologiche che trascendono tempo e spazio, con visioni incubotiche di un inferno femmineo e ferino, la narrazione è un una vena pulsante di persecuzioni mentali globali che si insinuano sottopelle, nei grovigli della psiche, fra vendette e ossessioni, Eros e Thanatos, leggi e leggende. Nobuko Otowa, dallo sguardo feroce e tormentato, è la donna primordiale.

Capannelle 11/10/23 18:26 - 4411 commenti

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E' uno pseudo horror ricamato su una storia soprannaturale di vendetta che Shindô disegna con uno stile tutto suo e puntando sul ribaltamento dei ruoli. Tra le frecce al suo arco l'atmosfera suadente sottolineata dalle note musicali, certe inquadrature nella notte e la prova dei protagonisti. Diventa ripetitivo nella parte centrale e, come diverse opere della cinematografia giapponese, tende sempre a rendere da cartone animato gesti ed espressioni nei momenti chiave.

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