Primo lungometraggio del grande regista francese, in cui è già presente tutta la sua poetica: ci sono la lotta del bene contro il male (tema cardine delle sue opere), la colpa, la conversione ed il pentimento. I dialoghi già volano alto (merito della sceneggiatura scritta insieme a Jean Giraudoux) è la fotografia corrobora una pellicola dai risultati decisamente soddisfacenti. Molto bello.
Annamaria, che ha abbandonato la sua ricca famiglia per entrare come novizia in un convento di suore dove vengono accolte ex detenute, prende sotto la sua protezione Teresa, una giovane criminale, convinta che Dio le abbia affidato la missione di salvarla. Lungometraggio d'esordio del più asceta dei registi francesi, già alle prese con una vicenda di colpa e redenzione che diventerà una costante del suo cinema. Quasi interamente girato in convento, visivamente luminoso come i volti delle due protagoniste, incorniciati dal velo bianco.
Una novizia di origini altolocate fa della redenzione di una giovane delinquente una vera e propria missione. Al suo primo lungometraggio, Bresson espone con grande maturità i temi che diventeranno una costante nella sua produzione: la colpa, la perdita dell'innocenza, la salvazione, la sofferenza e il dolore causati dal destino. L'eterno conflitto fra il bene e il male è sottolineato dagli accesi contrasti della luminosa fotografia in bianco e nero. Ambientato quasi interamente in convento.
Un carcere femminile e un convento. Le mani della legge e le mani di Dio. Anna Maria e Teresa, la vocazione e la vendetta. Film duale e osmotico, che traduce la dialettica tra i due personaggi femminili nella struttura narrativa e concettuale del film stesso: un'appassionante parabola sulla redenzione come superamento e soluzione dei nodi egoici e passionali. Esordio cinematografico di Robert Bresson che già imprime un nitore visuale e uno sviluppo dialogico esemplari. Gli slanci devozionali, che sfiorano sovente l'idillio saffico, sembrano anticipare l'esuberanza claustrale di Almodovar.
Primo film di Robert Bresson, uno dei migliori registi del cinema francese. Storia toccante che si trasforma nel finale in una sorta di giallo. Bello il bianco e nero ed ovviamente anche la regia. Film più che apprezzabile con le due protagoniste veramente brave.
Già splendida perla d'esordio di Bresson, il quale mette in scena con consumato mestiere drammaturgico (che poi rinnegherà prosciugando progressivamente nel suo cinema atteggiamenti e narrazione) il binomio libertà/reclusione, tema cardine della sua filmografia. Il rapporto tra la mondana salvatrice Anne Marie e la plebea peccatrice Therese presenta ricchezza di sfumature molteplice e sfaccettata, mentre il taglio comunque documentaristico del montaggio ci consegna un'opera magmatica, nella quale forma e azione si elidono e si rafforzano vicendevolmente.
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