Note: Premi Oscar 1966 come miglior fotografia in bianco & nero e miglior scenografia in bianco & nero. National Board of Review Awards 1965 come migliore attore a Lee Marvin.
Film ambientato nel 1933 in una nave che parte da Vera Cruz ed è diretta a Brema. S'intracciano le vite, le storie, le esperienze dei passeggeri. Melodramma stile Grand Hotel con un cast eccezionale, a partire da Simone Signoret (che interpreta una poltica in esilio) a Lee Marvin (lo sportivo caustico), per finire con la grandissima Vivien Leigh, qui al suo ultimo film, che interpreta una signora di mezza età, disillusa dalla vita e dall'amore.
A pochi mesi dall'ascesa al potere di Hitler, su una nave diretta in Germania, si incrociano le esistenze di un variegato gruppo di passeggeri. Opera corale con un cast di alto livello, che ondeggia fra il melodramma e una seria riflessione sulla moltitudine del genere umano, sulle illusioni di un'epoca e sull'importanza delle scelte che ciascuno compie. Buona l'interazione fra i vari personaggi, ognuno con dei tratti distintivi. Ultimo film per Vivien Leigh, che offre un'interpretazione amara e malinconica.
La coppia Kramer-Mann si ricompone dopo l'ottimo Vincitori e vinti, partendo stavolta da un ambizioso romanzo della Porter. Il film non è meno ambizioso: la nave e i passeggeri sono la metafora di un mondo sull'orlo del baratro (quello alle soglie della II Guerra Mondiale, anche se gli anni '60 si sentono). Ritmo non sempre travolgente, ma la confezione è lussuosa e il cast eccellente: brava la Leigh in un ruolo un po' stereotipato, bravissimi l'attore nano Dunn e la Signoret, contessa dal turbolento passato che confessa in un bel monologo.
Un lungo viaggio in nave è l'occasione per conoscere tutta una serie di personaggi più o meno bizzarri che racchiudono stati d'animo e modi di comportarsi figli dei tempi. I tempi sono quelli degli anni '30 e di un mondo pronto ad accogliere/contrastare il dominio nazista. Tutti bravi gli attori (su tutti Marvin e la Signoret). Rispetto ad altri film di Kramer i dialoghi sono meno "puliti" e decisamente più efficaci. Alla fine del viaggio sale un po' di malinconia, segnale che il regista ha colpito nel segno.
MEMORABILE: Marvin completamente ubriaco a caccia di facili avventure.
La coralità è il centro nevralgico di questa variegata umanità, ospite di una traversata oceanica dall'America all'Europa, alle soglie della seconda guerra mondiale. Il regista americano passa in rassegna uno svariato numero di personaggi (c'è anche un nano che funge da anfitrione), intrecciando i loro rapporti in questa sorta di Love Boat ante litteram. Le ipocrisie, i razzismi serpeggianti, le solitudini e gli amori vengono a galla grazie a una ferrea sceneggiatura e a dialoghi taglienti. Cast di prim'ordine, con un Lee Marvin impagabile.
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