Ultimo film di De Sica. Sovente sbertucciato, a me è piaciuto. Bel film d’amore, con un inizio che è ancor più che pirandelliano. Perfetti i due protagonisti (per Kezich Burton “pensa ad altro”, ma non mi pare), cast di contorno notevole (formidabili i tre medici – ci sono pure Vargas e l’Incontrera), ambientazioni splendide ma non pesanti. Esagerata la chiusura affidata alla Loren (qui Kezich ha ragione: “zacconeggia”). I due fratelli si amano ma, non a caso, si chiamano l’uno Cesare e l’altro Antonio. Si va dal 1908 al 1915.
Un De Sica amante del "flou", incomprensibile. Mia nonna ebbe a dire: "Enri, mi pulisci gli occhiali che non vedo bene". Non bisogna dimenticare che questo è l'ultimo film di De Sica, ma il congedo non mi sembra adeguato. Lo sconcerto risiede nell'appesantimento globale di quest'opera, che quando non ce la fa più (scegliete voi il momento) si siede sulle sue logorate ginocchia. Burton sotto l'effetto della solita sbornia vaga e vagheggia, cosa non si capisce. Film buono ma brutto.
Ultimo film da regista per Vittorio De Sica che purtroppo non si congeda nel modo migliore. La storia è buona ma appare inutilmente appesantita da "orpelli registici" e toni troppo compiaciuti. Anche i due attori non danno il meglio, specie Burton mentre la Loren appare più coinvolta.
Tecnicamente molto accurato, forse non troppo ben recitato da Burton e con scenografie che ricalcano lo stile viscontiano de Il gattopardo. Lo spazio dedicato gli stati d'animo della protagonista, interpretata da una Loren in stato di grazia, risulta un tantino eccessivo. Un'amore tra cognati, contro ogni regola, contro ogni logica, pervade i due parenti. La novella di Pirandello alla base della sceneggiatura riesce a cogliere nel segno: al cuore non si comanda. Finale tragico.
Laddove la novella di Pirandello illustra essenzialmente il viaggio interiore di una donna che per la prima volta si apre alla vita nel momento in cui scopre di essere gravemente malata, il film si riduce a una storia d'amore tra uno svogliato Burton e una più compresa Loren; con queste premesse e l'uso esagerato del flou il melodramma tange pericolosamente la farsa, salvato solo dal personaggio femminile, che restituisce qualcosa degli intenti iniziali dell'autore. Passabile, ma nulla di più.
L’essenza della novella di Pirandello non viene tradita e dalla bravura di De Sica scaturisce una pellicola composta e raffinata, capace di mettere in evidenza le contraddizioni della società siciliana di inizio Novecento. Il dramma dell’amore ostacolato e incompiuto si manifesta lentamente, permettendo di percepire il formalismo bigotto che non si ferma davanti a nulla. Meravigliose le note musicali a sugellare un piccolo capolavoro d’autore. Poche le imperfezioni, tra queste il viso perennemente inespressivo di Richard Burton.
Il canto del cigno del maestro Vittorio De Sica è questo magniloquente melodramma abbastanza scontato che comunque mostra, talvolta, le proprie peculiarità narrative fatte di tristezza e lasciva felicità. Un intenso Burton e la solita Sofia, forse sfiorita ma sempre accettabile. Colore molto particolare che dicono si chiami flou. Nel complesso valido.
Ispirandosi al racconto di Pirandello, De Sica si congeda dal cinema con un calligrafico melodramma sentimentale che vede due innamorati, rinunciatari a causa dell'acquiescenza alle convenzioni sociali, trovare il coraggio di rivelare l'un l'altro i propri sentimenti solo nell'imminenza della morte di uno dei due. Curata la confezione, anche se gli esterni sono avvolti da una luce dorata che finisce per appiattirli nell'oleografia, poco convincenti gli interpreti con Burton troppo trattenuto e Loren più espressiva ma sul filo di una maniera che rasenta la gigioneria nell'epilogo.
Chi lascia la strada vecchia per l'alcova sa che ci guadagna finché rogna non lo scova. Non era proprio così ma è quanto capirà la Braggi in un'esacerbazione del proprio riscatto. A De Sica il coté pirandelliano va stretto: tende fino a romperlo un elastico corto tra licenze che fan di ogni tragico mélo, rende terziari quadro sociologico e travaglio spirituale. Vischio maligno, ecceità, massima disillusione che riduce la vita ai termini più minimi: tutto è dato in custodia a un cast di buona volontà ma per sé insufficiente a carburare un motore filmico sempre a un passo dal fondersi.
L'ultimo De Sica se ne va malinconicamente, con un adattamento pirandelliano malriuscito. Il regista s'affida a Fabbri, Franciosa e Montagnana che derubricano la novella originale a drammone siculo-orientale, con ancoraggio appena accennato alla storia corrente (le prime automobili, la Grande guerra). Il perimetro aristocratico iniziale più rigoroso e di sentimenti dominati riesce meglio dello sdilinquito "viaggio". Forse Burton meglio della Loren, deliziosa ma diafana, poco coinvolta.
Nella Sicilia di inizio secolo, per disposizione testamentaria bella donna deve sposare ricco ma insipido barone locale, ma è innamorata del fratello maggiore che ricambia segretamente. Il senso dell’onore e gli affetti familiari, però, soffocano il sentimento, finché… Drammone nato in funzione della Loren, che la sua parte la fa più che dignitosamente, così come Burton. Se pure il film paga qualcosa in termini di originalità e la regia di De Sica è tra quelle che accettava causa debiti di gioco, rimane sufficientemente godibile grazie anche all’ottima ricostruzione ambientale.
Per inserire un commento devi loggarti. Se non hai accesso al sito è necessario prima effettuare l'iscrizione.
In questo spazio sono elencati gli ultimi 12 post scritti nei diversi forum appartenenti a questo stesso film.
DISCUSSIONE GENERALE:
Per discutere di un film presente nel database come in un normale forum.
HOMEVIDEO (CUT/UNCUT):
Per discutere delle uscite in homevideo e delle possibili diverse versioni di un film.
CURIOSITÀ:
Se vuoi aggiungere una curiosità, postala in Discussione generale. Se è completa di fonte (quando necessario) verrà spostata in Curiosità.
MUSICA:
Per discutere della colonna sonora e delle musiche di un film.
Visionato.Neppure al sottoscritto Burton ha convinto, sembrava assente in più di una scena.
De Sica ha provato a ricreare le atmosfere de Il gattopardo, quel che ha sbagliato a mio avviso è stato il concentrarsi troppo sulle tribolazioni della Loren, comunque impianto scenografico e messa in scena, degni di nota.Non posso fare a meno di notare come anche De Santis nel suo ultimo film abbia abbracciato una tematica "scomoda" ma di indubbio interesse.In questo caso siamo di fronte all'amore tra due cognati.
DiscussioneNeapolis • 26/11/14 19:04 Call center Davinotti - 3054 interventi
Relativamente al post in verificate del 2 settembre 2014 in particolare alla foto n 3 vorrei precisare che il Salone Margherita si trova al centro proprio nel piano sotterraneo della Galleria è che ad esso si poteva accedere attraverso vari punti nei bracci all'interno della Galleria Umberto. Non ricordo se all'epoca dell'ambientazione del film nel punto indicato dal film ci fosse un accesso ma sicuramente ricordo che nel braccio che affaccia su via Toledo proprio nell'identico punto esisteva un accesso. A scanso di equivoci e in assenza di ulteriori elementi eliminerei la terza foto
cfr: ..omissis "Nella parte sottostante la Galleria esiste un'altra crociera, di dimensioni minori, con al centro il teatro della Belle Époque, il Salone Margherita" omissis..
DiscussioneZender • 26/11/14 19:20 Capo scrivano - 47727 interventi
Vediamo come vuole cambiarlo Mauro magari. Una cosa Neapolis: fai benissimo a mettere la data del post (è così che si fa), però copia e incolla tutto, ora compresa, perché spesso ce n'è più di uno di post per la stessa data.
Allora, mantieni tutta la descrizione fino a "nel braccio che prospetta su Via San Carlo" e cancella tutta la parte successiva. Poi tieni fotogramma e prima foto di oggi e cancella tutto il resto.
DiscussioneZender • 26/11/14 20:10 Capo scrivano - 47727 interventi
Ok, fatto, grazie.
DiscussioneRaremirko • 23/01/19 00:03 Call center Davinotti - 3862 interventi
Ultimo film del mito De Sica, non riuscitissimo e credo girato con mezzi ristretti; bel cast che si impegna abbastanza (ma la Loren fece di meglio), Burton sempre grande (ma come siciliano non è credibilissimo e, si, la vicenda risulta esser sin troppo banalizzata sino ad un epilogo abbastanza scontato.
C'è di peggio ma il grande regista, qui solo discreto, poteva anche congedarsi meglio.