Dura, disperata, orgogliosa rivendicazione di appartenenza di classe in questo "fragile", commovente capolavoro dei fratelli Citti. La miseria come valore creatore di coesione, fratellanza, solidarietà. Assoluto disprezzo per la modernità e per tutto l'universo di valori piccolo borghesi: sicurezza, casetta di proprietà, lavatrice, tv e bollette da pagare. Atto finale pasoliniano, commiato dignitoso e rabbioso di un mondo (e di un cinema) che non c'è più.
Surreale, amaro, anti-conformista: con queste tre parole si potrebbe riassumere l'essenza di questa pellicola dei fratelli Citti. Un film delicato ma al contempo duro e realista, che propone il sogno come una via di fuga da una realtà infelice, dove i poveri (ma buoni d'animo) non contano nulla e dove il progresso e i soldi la fanno da padrone, portando la società verso un'inevitabile selezione naturale del tutto folle. Certo, qualche caduta nello scontato c'è, ma le buone interpretazioni (non male anche Fiorello) riscattano la pellicola. Buono.
Sicuramente il motivo per dimenticare il film non è Fiorello, una bella sorpresa, felicemente a suo agio nel ruolo; è la rincorsa al "pasolinismo", la piaga di questa infelice opera. Purtroppo non è pasoliniano l'eccesso estenuante e inutile di poesia e fantasia, non è pasoliniana la rappresentazione superficiale, fumettistica, macchiettistica di una bidonville, non è pasoliniano il becero e retorico moralismo sulla distruzione di questi luoghi ad opera di ricchi senza scrupoli o la sciocca ironia sulle case in concessione.
Citti Citti bang bang: rincorrendo la musa della fame cattiva che animava Il minestrone e ripetendo che il regno dei cieli –ma anche quello terreno, a ben vedere- appartiene ai poveri, i f.lli Citti rivelano una poetica tutta tenerezza, che sta tra Trilussa e Pasolini, quasi una sorta di evangelica satira cosmica del costume con alcuni momenti di altissimo lirismo. Fosse stato meno languido e mellifluo e più coraggiosamente mediato da una visionarietà di fondo, sarebbe stato probabilmente meno nazional-popolare ma senza dubbio più convincente. Resta tuttavia un'opera che Jodorowsky adorerebbe.
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