Questo seguito di Mandingo è in realtà un film razzista mascherato da film antirazzista, ma tutto sommato risulta abbastanza godibile grazie alla presenza di attori specializzati in pellicole "blaxploitation" come Yaphet Kotto e Pam Grier. La versione che passa in tv dovrebbe essere tagliata.
Da quando se ne andava a zonzo con la testa di Garcia, Warren Oates si è conquistato la mia stima imperitura, ma neppure lui riesce a salvare questo film, partorito dal nefando Mandingo, rispetto al quale ha almeno il merito di essere meno pretenzioso. Sesso, frustate come se piovesse, razzismo neppure tanto implicito, spettacolo rozzo anche se non tutto privo di efficacia.
La tragedia dello schiavismo e il razzismo sfruttati in prodotti ignobili. Bruttura, sulla falsariga di Mandingo (pare sia il seguito) che ne pare una fotocopia. Intrighi, razzismo, scene di sesso e "violenza", penosi gli attori tra i quali figurano anche pezzi grossi. Come Mandingo, da buttare via.
Dopo Mandingo, un’altra storia di sopraffazioni schiaviste, sesso e violenza condotta da una regia debole su una sceneggiatura superficiale, non di rado prossima ai canovacci di certe telenovelas. La fotografia è piuttosto curata e il cast raggruppa coerentemente attori bianchi del western (Oates, Dano) e volti simbolo della blaxploitation come Norman, Kotto e la Grier.
Puro cinema viscerale e sanguigno (anche se parecchie spanne sotto al capolavoro fleischeriano). Carver rincara la dose di sex and violence e sa picchiare sotto la cintola. Terribili frustate, disprezzo razzistico, omosessuali ansimanti di carne nera evirati a mani nude, donne bianche vogliose di sensazioni nere, postriboli, torture, pestaggi, incontri di boxe e un fiammeggiante finale con rivolta sanguinario apocalittica abbagliata dalla fotografia rosso fuoco di Lucien Ballard, che pare l'anticamera dell'inferno. Tarantino ci ha pescato a piene mani.
MEMORABILE: Drum a guardia di un postribolo, appellato con il nominativo di "Guardiaputtane"; Il delirante e violentissimo finale della rivolta.
I temi trattati nel film sono interessanti, tra il razzismo, la misoginia, la tortura e le beffe della vita che cadono tutte sulle teste degli schiavi neri. Buoni anche gli attori, primo fra tutti Warren Oates che qui interpreta tra l'altro un personaggio di maggiore spessore e al tempo stesso ironico rispetto a quelli che dovrebbero essere i veri protagonisti. Peccato però che il film risulti mediocre a causa di una regia decisamente piatta e una sceneggiatura non sempre all'altezza.
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