Il diario di una cameriera - Film (1964)

Il diario di una cameriera

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 2/06/09 DAL BENEMERITO SAINTGIFTS
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Saintgifts 2/06/09 11:32 - 4098 commenti

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Tratto dal romanzo di Octave Mirbeau e già girato da Renoir nel'46. 1929, una cameriera si trasferisce da Parigi, in una famiglia borghese che vive nella provincia francese. Provincia tutt'altro che monotona visto quello che succede. Celestine (La Moreau) si introduce nelle vicende del luogo e ne diviene la protagonista, fino a sposare il sempliciotto capitano Mauger. Buñuel descrive molto bene i vizi e le passioni e la decadenza di una certa società e ogni personaggio serve a completare un quadro dove tutti sono messi crudelmente a nudo.
MEMORABILE: Il cinghiale che, nel bosco, insegue il piccolo leprotto, mentre il giardinire violenta e uccide la bambina.

Pigro 10/12/10 10:00 - 9671 commenti

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Le memorie della serva sono trasferite nei roventi anni 30 della provincia francese, tra stanchi retaggi padronali e venti neofascisti, ed è subito film politico. Buñuel descrive il torbido ribollire di violenza (con lo stupro di una bambina), razzismo e privilegi borghesi: un magma nel quale la protagonista sguazza cercando una via d'uscita, ma approdando infine al quieto vivere di una maggioranza silenziosa incapace di comprendere davvero gli eventi. Una narrazione da entomologo, tanto lucida quanto disincantata. E una pungente Moreau.

Giùan 17/10/11 16:46 - 4562 commenti

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L'occhio trascendente di Don Luis non cesserà mai d'abbagliarci. Nel riveder il Diario, si resta ancora esterrefatti di fronte ai dettagli rivelatori che il suo stile apparentemente piano si diverte a eclissare. Bunuel mina l'intero territorio filmico con una pletora di segni anarchici che fan piazza pulita d'ogni personaggio. Tra vizietti di classe (feticismo, frigidità, repressione sessual) e annunci di mala tempora (il fascismo), si muove Celestine, una Moreau il cui servilismo è un mezzo che giustifica il fine del galleggiamento sociale. Finale stringato.
MEMORABILE: Vive Chiappe; Piccoli che "inchioda" la attempata serva ai propri doveri verso il Padrone; Il vecchio e gli stivaletti sporchi di Celestine; La bambina.

Stefania 30/12/11 02:55 - 1599 commenti

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Celestine la serva padrona, ovvero da serva a padrona: il fascino non tanto discreto della borghesia (dei suoi vizi, ma anche dei suoi privilegi) soggioga la giovane cameriera parigina; del resto nessuno è innocente, l'innocenza è perduta, è violata, è morta... come quella bambina assassinata nel bosco, per la quale non ci sarà giustizia. Bunuel osserva qui i suoi caratteri al microscopio, piuttosto che attraverso la lente deformante del surreale e del grottesco, ma l'apparato simbolico è già imponente, sovrastante l'apparentemente scarna, lineare cronaca di un'arrampicata sociale.
MEMORABILE: Il padrone morto abbracciato agli stivaletti; il finto indizio contro il giardiniere (c'entrano sempre le scarpe...); il cestino di lumache.

Lucius 4/06/15 00:56 - 3015 commenti

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Dialoghi improbabili, una sceneggiatura arzigogolata e in parte inconcludente e la maestria di Jeanne Moreau, inutilmente al servizio di un'opera pomposa e sopra le righe. Troppi i personaggi ossessionati dal sesso, la cui resa filmica non evidenzia la minima libidine. Erano sì gli anni sessanta, ma se registi come Hitchcock sono riusciti con escamotages filmici a rendere bene taluni aspetti dei loro personaggi, lo stesso non si può dire di Bunuel. Si salvano la fotografia e l'ambientazione. Un titolo sfizioso e un diario rimasto intonso.

Rebis 15/04/16 10:25 - 2339 commenti

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Preludio all'avvento del governo collaborazionista di Vichy, ritrae una società mossa da devianze sessuali in cui nobiltà museificata e grettezza contadina si compiacciono, e le forze insurrezionali sposano il nazionalismo borghese e il fascismo. Un'impeccabile Jean Moreau l'attraversa: prima impermeabile amministratrice, poi giustiziera, infine accondiscendente opportunista. Perfido ed entomologico, lo sguardo di Bunuel è solo apparentemente naturalista: i dettagli pullulano di simbolismi e l'inconscio è il deus ex machina delle aberrazioni collettive.

Minitina80 15/05/16 08:51 - 2984 commenti

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È un Buñuel più caustico e pessimista del solito; questa volta è tutto nero, non c’è nessun personaggio positivo, nessuno di loro va incontro a redenzione. Tutti sono immersi in una melma vischiosa fatta di perversione, vizi nascosti, arrivismo, fanatismo militare e qualunquismo religioso in una società che non ha margini di cambiamento. Si distrugge l’essere umano alla stregua di un misantropo non riponendo in esso alcuna fiducia o speranza. Non il miglior Buñuel, ma in ogni caso buono.
MEMORABILE: Dovunque vedi un bolscevico, dietro c'è sempre un ebreo!

Daniela 23/07/19 11:37 - 12670 commenti

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Se dal celebre romanzo di Mirbeau Renoir aveva tratto ispirazione per una commedia di costume ironica e frizzante, Bunuel ne dà una versione più politica, spostando l'azione nella provincia francese degli anni Trenta, fra aristocratici debosciati e popolani revanscisti. Oggetto di desideri incrociati, la Celestine di Moreau appare fredda e calcolatrice ma anche disposta a tutto pur di ottenere giustizia per l'unica persona innocente con cui sia venuta a contatto, prima di acquietarsi in un matrimonio di convenienza che le consente di passare nella classe dei padroni. Amaro l'epilogo xenofobo.
MEMORABILE: La pulizia degli stivaletti; Le lumache sulle gambe nude del corpo disteso

Paulaster 2/04/22 11:09 - 4425 commenti

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Parigina va a servizio di una famiglia borghese campagnola. Descrizione di un ambiente sociale fatto di prevaricazioni di classe, vizi assortiti e nessuna umanità. La Moreau è l'oggetto del desiderio di tutti e nelle sue mosse giustizialiste incarna la vendetta cinematografica di Buñuel, e pure il suo pessimismo quando la protagonista scala la società. Girato con buona scelta di tempi sebbene privo di musiche che aiutino la descrizione degli stati d'animo. Anche la Chiesa viene colpita, stavolta in maniera meno pesante rispetto ad altre pellicole dello stesso regista.
MEMORABILE: La prova vicino al corpo della vittima; Gli stivaletti nell'armadio; I due rapporti settimanali.

Il ferrini 22/03/23 01:26 - 2360 commenti

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Pellicola atipica per Buñuel, che in parte rinuncia alle sue poderose fiammate surrealiste (pur non mancando stranezze e perversioni) per realizzare il suo più grande manifesto antifascista. Il tutto attraverso gli occhi di una cameriera, la bravissima Moreau, che s'addentra nel mondo marcio e ipocrita di una famiglia aristocratica degli anni '30 in Normandia. Splendida fotografia, interpreti formidabili per una storia cruda, che ruota attorno al più odioso dei delitti e che infine lascia con l'amaro in bocca.

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  • Curiosità Pigro • 10/12/10 10:01
    Consigliere - 1661 interventi
    Il corteo fascista che percorre le strade cittadine alla fine del film invoca "Viva Chiappe". Jean Chiappe fu il prefetto di polizia di Parigi negli anni 30, di simpatie fasciste, che tra l'altro vietò proprio la proiezione del film di Buñuel L'Age d'or (che approfittà di questo film per lasciare, in eterno, la sua piccola vendetta...).
  • Curiosità Daniela • 2/05/19 08:49
    Gran Burattinaio - 5928 interventi
    Soggetto tratto dal romanzo omonimo del giornalista e scrittore francese Octave Mirbeau, pubblicato nel 1900, da cui era già stato tratto nel 1946 un film dallo stesso titolo diretto da Jean Renoir con Paulette Goddard nel ruolo di Célestine.

    Ispirati allo stesso romanzo sono anche ...Infedelmente vostra Celestina Tuttofare diretto nel 1974 da Jesús Franco con lo pseudonimo di Clifford Brown e il più fedele Journal d'une femme de chambre del 2015, regia di Benoît Jacquot, con Léa Seydoux e Vincent Lindon.
  • Curiosità Daniela • 23/07/19 09:45
    Gran Burattinaio - 5928 interventi
    Nella sequenza finale, si vede un corteo sfilare per le vie di Cherbourg. I manifestanti portano una striscione con la scritta "La France aux francais" e scandiscono lo slogan "Abbasso i meteci".

    Curioso l'uso del termine.
    Meteco era il nome che si dava agli stranieri greci residenti nelle città-stato dell'antica Grecia per un periodo di tempo determinato. I meteci avevano una posizione sociale intermedia fra i cittadini e i non liberi, non potevano possedere beni immobili ma potevano esercitare attività commerciali o artigianali.

    Nella Francia degli anni Trenta in cui è ambientato il film di Bunuel, "meteco" era diventato un epiteto impiegato per definire gli immigrati stranieri ed in particolare quelli che cercavano di acquisire la nazionalità francese, col conseguente rischio di un inquinamento della purezza della razza francese. Per descrivere questo rischio, i termini usati dagli xenofobi erano "epidemia", "marea", "flagello" e soprattutto "invasione" (cfr. René Gallissot, "Razzismo e antirazzismo. La sfida dell'immigrazione" pag.156 e sgg.).