Note: Aka "Alla 39^ eclisse" ma non "Alla trentanovesima eclissi". Seconda versione cinematografica (dopo "Exorcismus - Cleo, la dea dell'amore", 1971) tratta dal romanzo di Bram Stoker "Il gioiello delle sette stelle" (1909).
Dallo stesso romanzo (firmato nientemeno che da Bram Stoker) che aveva originato nove anni prima EXORCISMUS - CLEO LA DEA DELL’AMORE, un thriller fiacco e impacciato come il protagonista, un Charlton Heston imbarazzante nella sua tenuta estiva nella lunga parentesi che precede la vicenda (ambientata diciotto anni prima in Egitto). Durante tale parentesi vedremo Heston rinvenire il sarcofago della dea Kara proprio mentre sua moglie in ospedale sta partorendo. Il passaggio dello spirito dalle poco confortevoli bende della mummia a quelle fresche della nascitura è cosa fatta e a questo punto ci si può spostare...Leggi tutto al presente, dove un Hetson sepolto dalla barba e con occhiali carnevalizi se ne torna dall'Inghilterra in Egitto perché dei batteri stan danneggiando la “sua” mummia. insieme a lui torna pure sua figlia ed è il patatrac: cominciano le morti misteriose nelle quali le già forti influenze del PRESAGIO aumenteranno. Ma a differenza di quella di Donner la regia di Mike Newell è compassata, piatta e non riesce mai a centrare l'atmosfera giusta. Il film proprio non ingrana, ha il passo lento dei kolossal d’altri tempi senza condividerne le qualità e l'ambientazione egiziana solo raramente ne risalta il sapore. Recitazione diligente del cast, ma film così, per colpire, necessitano di un impatto diverso e maggiore spigliatezza. Finale inatteso, ma non è che il giudizio possa cambiare.
Impregnato di segreti primordiali, il film coniuga il thriller col paranormale. Al centro della storia una tomba maledetta e una regina innominata che risorge in tutto il suo splendore in una nuova vita, in una nuova epoca. Come per Stargate, fantascienza, avventura e una minaccia imminente. Un film visivamente d'impatto, con atmosfere inquietanti ma tanto suggestive, in linea con i misteri dell'antico Egitto.
Heston (la camminata più buffa di Hollywood) caracolla sotto il sole torrido sole alla ricerca dei resti di una divinità egizia senza nome. La moglie lo assilla con la gelosia per l'assistente e non a torto, visto che dopo aver partorito (in un tripudio di avvenimenti nefasti) la lascerà. La nascitura, al compimento del diciottesimo anno d'età, si reincarnerà nella dea maledetta, non prima di aver intrecciato un legame morboso (il sottotesto più straniante del film) proprio con il padre ricercatore. Thriller fascinoso e malsano ma dall'incedere estenuante. **.
MEMORABILE: "Lei viva, vuole farsi notare da un uomo ossessionato dai morti".
Fanta-thriller avventuroso che diventa sempre più interessante col dipanarsi di una storia intrigante, molto avvincente. Merito di una sceneggiatura riuscita che, forse, eccede un pochino solo nella parte finale ma che riesce nello scopo di coinvolgere lo spettatore per tutta la sua durata. Una delle migliori prove registiche di Newell e sicuramente un piccola perla poco conosciuta ma meritevolissima di essere recuperata.
La storia è molto interessante (anche se i primi incidenti ricordano Il presagio) ma l'esecuzione è lenta e noiosa e nell'ultima parte zoppica parecchio. Si lascia guardare per merito di un Charlton Heston ben calato nella parte e di una regia comunque esperta. Eccessivo il rapporto morboso che lega padre e figlia.
Il "possession movie" dell'Esorcista (l'inizio con gli scavi ne è un palese omaggio) si sposa con i delitti funesti del Presagio e rimembranze hammeriane in quello che è un horror metempsicotico di indubbio valore, irrobustito dalla ferrea regia di Newell (l'occhio per il genere c'è l'aveva) e dalla fotografia di Jack Cardiff. Fulci lo assorbirà in Manhattan baby e Exorcismus gli è nettamente inferiore. Un Holocaust 2000 tra l'ombra delle piramidi ,musei di archeologia e maledizioni secolari. Notevole la Zimbalist in terrifiche vesti egizie. Da annoverare tra i classici.
MEMORABILE: La scheggia di vetro che tentenna e...; La Zimbalist che, nel gran finale, soffia come una felina posseduta verso Heston; L'incipit archeologico.
L'avevo visto subito dopo l'uscita e ne ero rimasto favorevolmente colpito. Ora ho comperato il dvd, così ho potuto rivederlo con calma e in solitudine: devo dire che se prima pensavo mi piacesse, ora sono letteralmente estasiato. Grande atmosfera, buoni attori e i due minuti finali di Stephanie Zimbalist in Kara sono da incorniciare. Presumo che a breve lo rivedrò.
Heston archeologo si merita tutti i guai possibili non tanto per aver violato la tomba di una faraona malvagia quanto per aver piantato sola in mezzo al deserto la moglie incinta di 7 mesi. Ciò premesso il film, ispirato ad un racconto di Stoker, avrebbe pure uno script stuzzicante per i sottofondi morbosi tanto da adombrare l'incesto, ma il ritmo blando, le incongruenze sparse, la piattezza della confezione, la prestazione poco convincente del cast lo relegano irrimediabilmente nella routine incolore.
MEMORABILE: "Non possono essere le doglie, mancano ancora due mesi" ecco lo studioso che parla... ma poteva essere un parto prematuro, bischero!
L’incongruenza più anacronistica e buffa del film sta non tanto nelle reincarnazioni di dee egizie o in esoterici eventi astronomici quanto nel fatto che il Charlton di vent'anni prima appaia più vecchio dell’Heston della “contemporaneità”. Per il resto Newell governa la pellicola con un ritmo alquanto bislacco, dall’altalenante ipnotismo che, pur senza l’aura cult di Exorcismus, amalgama classicità demoniache coi nuovi modelli luciferini (da Il presagio a Friedkin). Nodale apporto del cast femminile con la convincente York e una sensuale Zimbalist.
Affascinante commistione di fantascienza e horror, il primo film di Newell mette in scena antiche profezie, credenze soprannaturali, timidi accenni erotici (morbosi quanto basta) servendosi di un ottimo cast e aggiungendo dettagli non irrilevanti sull'antico Egitto. Indimenticabili gli ultimi dieci minuti e bellissima la Zimbalist.
MEMORABILE: "Pensa solo per un attimo a quanta gente sulla Terra crede nel soprannaturale".
Non conoscendo gli altri film tratti dallo stesso racconto di Stoker, ho notato diverse similitudini con Il presagio. Meno spettacolare e più statico del film di Donner, ma senza mai essere realmente noioso, è costruito con intelligenza e la suggestiva ambientazione egiziana gli dona un innegabile fascino. Forse eccessivo (ma dall'indiscutibile impatto visivo) il finale al museo. Heston professionale ma nulla più, ottimo invece il cast femminile, in particolare la giovane Stephanie Zimbalist. Buone la fotografia e la colonna sonora.
MEMORABILE: Il parallelismo tra la scoperta della tomba e il parto; L'omicidio con la siringa; Il finale.
Un'opera non completamente riuscita ma sicuramente molto accattivante. È indubbio che il soggetto del film e il ritmo un po' lento imposto dal regista ne facciano un prodotto che, ammantandosi di quell'alone di mistero tipico dei faraoni, possa piacere a una larga fetta di pubblico, ma è innegabile come alcune ingenuità e alcune incongruenze lo rendano una bizzarria, un unicum all'interno del genere che poteva preludiare a un seguito mai realizzato. Bravo Heston, archeologo ossessionato da Kara, ma altresì convincente la prova della Zimbalist.
La ricchezza ed imponenza scenografica assumono ben poco valore dinanzi ad una narrazione bradipesca e stentata, incapace di evocare il senso di mistero, la tensione e l'inquietudine che la storia, tratta da un racconto di Bram Stoker, avrebbe necessariamente richiesto. Stanco e opaco il cast, che annovera un Charlton Heston in veste di archeologo egittomane e la futura diva di Mai dire sì Stephanie Zimbalist.
MEMORABILE: I marchingegni omicidi della piramide.
L'inizio nel deserto e la fine in città, per un film che parla di affascinanti e oscuri misteri, pronti per essere scoperti, quasi per caso. Poi il sole diventa buio e il demone prova a ritornare, mediante un processo subdolo e pauroso. Nonostante la pellicola non brilli per originalità, si distingue per la grande elaborazione del metodo classico del "fanta-horror". Senza eccessi nelle immagini ma con costanti momenti in cui incombe la morte, anche se evidentemente la predestinazione è chiara e le sorprese non sono il punto forte del prodotto.
Ha un ritmo lento, ipnotico ma non annoia. Heston è abbastanza in palla(seppure sul viale del tramonto sa ancora dire la sua), la Zimbalist è bellissima, peccato poi si sia vista poco. Per il resto dove vada a parare la storia lo si capisce quasi subito, ma il gioco è condotto con una buona regia e con notevole gusto visivo (le scene nel deserto). Certamente non fa molta paura, anche in qualche risvolto horror, ma rimane una buona storia, old british style.
B-movie (tratto dalla penna del beneamato Bram Stoker) che lotta per la promozione in "A". Non ci riesce ma tutto sommato ha una sua modesta dignità. La vicenda è costruita e addobbata per coinvolgere, attraverso l'evocazione di maledizioni egittologiche, atmosfere cupe e sequenze sanguinarie. Preso come forma d'intrattenimento senza grandi pretese è un prodotto che si lascia vedere. Buono il finale, che è come un "to be continued".
Newell affronta il racconto di Stoker come un dramma familiare dell'alta borghesia newyorkese, secondo un modello che fa capo a Friedkin e Donner: ne deriva un andamento assorto, contemplativo che è tutto paradossale valore aggiunto per un pubblico che, data la convenzionalità del soggetto, viaggia con un certo anticipo sulla presa d'atto dei personaggi. La lunga premessa, nutrita di egittologia ed esoterismo, è la parte migliore, poi come si addentra nelle complicazioni incestuose, spadroneggiano ellissi incongrue che fanno pensare a tagli censori imposti dalla produzione. Adeguato il cast.
Non ci si lasci ingannare dalla confezione di ordinario e dignitoso mestiere: l'andamento monocorde e il rimastichìo del maledettismo egiziano (stavolta il revenant è una mummia muliebre) ne fanno un polpettone da bicarbonato di sodio. La giovane protagonista è acqua fresca; le scene che dovrebbero garantire tensione (tra fiaccole, vasi canopi e quant'altro) un accumulo di trovarobato. Si salva il vecchio leone Heston e poco più.
"Lei, viva, vuole farsi notare da un uomo ossessionato dai morti". Profetica la sentenza di Jane, riferendosi alla povera Anna che anela disperatamente all'amore del marito invasato. Ma lui ha occhi solo per la "senza nome" e per le bionde procaci. Il film è scorrevole e non annoia, ma di horror c'è poco e ricorda, piuttosto, Indiana Jones (ma con meno colpi di scena). Sebbene l'Egitto e le maledizioni che da sempre ne derivano, mantengano comunque un certo fascino, qui scenografie farlocche, effettacci e spauracchi da Luna Park fanno quasi sorridere.
Discreto horror con maledizioni egiziane girato con l'ambizione del cinema mainstream dell'epoca; si nota che l'impegno profuso non era quello di un b-movie qualsiasi, a partire dalle ambientazioni in loco fino a un cast con buoni nomi e a una confezione di tutto rispetto, tuttavia il risultato è parzialmente affossato da una regia che non sa gestire la tensione e il ritmo, lasciando scivolare il film in lungaggini spesso e volentieri. Non male comunque le parti più classicamente d'orrore (con alcuni richiami a Il presagio); Fulci se ne ricorderà ampiamente per Manhattan baby.
Non si fatica a capire quale sia il filone al quale si accoda e l’accostamento tra l’antico Egitto e la più classica delle maledizioni non tarda ad arrivare. La narrazione procede senza grandi sussulti, in particolare nella parte centrale, e dà l’impressione di puntare quasi tutto sul personaggio interpretato da Heston. Non mancano, ovviamente, gli incidenti e le sensazioni ambigue che ne fanno una pellicola dal fascino discreto. L’estetica è legata maggiormente agli anni Settanta e lascia trasparire qualche ruga, anche se non sposta il valore in maniera significativa.
Non molto riuscito questo horror britannico tratto da un romanzo di Stoker. Probabilmente il genere non appartiene alle corde di Newell, il quale non riesce a creare la giusta atmosfera né viene aiutato molto da Charlton Heston, autore di una prova opaca. La trama sarebbe anche interessante, anche se tutto risulta abbastanza prevedibile, ma si fatica a farsi coinvolgere dalle vicende narrate, e questo è un difetto non da poco. Comunque qualche suggestione la pellicola riesce a regalarla, il che rende il prodotto almeno potabile.
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Ok, l'ho rivisto ieri sera e per me è horror, molto serioso in stile Il Presagio, e senza ambiguità sulla componente sovrannaturale.
DiscussioneDaniela • 19/07/16 14:26 Gran Burattinaio - 5928 interventi
Horror senza alcun dubbio, sottogenere sovrannaturale egizio...;o)
Per quanto riguarda il fatto di essere o meno un remake, personalmente ritengo che bisognerebbe usare il termine solo se il riferimento diretto è un film precedente, ma non se si tratta di film girati in tempi diversi che si ispirano autonomamente ad una stessa opera letteraria.
Ad esempio, La Cosa di Carpenter non è il remake della Cosa da un'altro mondo di Hawhs, ma una diversa trasposizione (più fedele) dello stesso racconto di Campbell.
Il problema è che per stabilire con sufficiente certezza se un film è o meno un remake di un altro bisognerebbe averli visti entrambi e conoscere possibilmente anche la comune fonte letteraria. Ipotesi abbastanza frequente se il testo è un classico della letteratura universalmente conosciuto, meno in altre occasioni.
Quindi, nei casi dubbi, melius est abundare quam deficere ed appicciare una R ammonitrice (occhio, questa storia l'hanno già raccontata al cinema...)
Rebis ebbe a dire: Zender a rigore ci andrebbe la R di remake... inoltre lo schederei come horror, che dici?
Assolutamente un horror (e pure in senso stretto) come lo è (sondando il genere) Manhattan Baby e, appunto, Exorcismus (o Cleo Dea dell'Amore che dir si voglia)
Spiacente andare controccorente, ma La Cosa di Carpenter è un remake del film di Niby e Hawks, riveduto, corretto, ma sempre remake è (così come Salto nel buio di Dante, remake del Viaggio Allucinante di Fleischer, riveduto, ma sempre di remake si tratta), come la 39° Eclisse (che adoro, tra l'altro) e il remake di Exorcismus (che non mi fece impazzire, anche se l'intro con la mano mozzata che vaga nel deserto notturno, con cielo stellato, ha una notevole forza visionaria)
Zender per me l'elemento predominante di questa pellicola è il drammatico, presente in quasi tutti gli avvenimenti della trama.
Più che di horror è infarcito di esoterico, di astronomico al limite. (Ancora meno horror in senso stretto: il film tratta la reincarnazione non la possessione).
Ma siccome si sa che sono una voce fuori dal coro sul forum, procedi pure come meglio credi o come credono gli altri utenti.
Della questione remake se ne era parlato non ricordo più su quale discussione, arrivando però a delle conclusioni di massima valide per lo meno per il Davinotti. A rigore un remake è un film che ha come soggetto un altro film, rispetto al quale ha un rapporto dialettico, mentre non è un remake un film che utilizza il soggetto (originale, ma anche il racconto o il romanzo) già usato per un altro film, perché si tratterebbe semplicemente di un nuovo adattamento. Quindi, sempre a rigore, sono remake Psycho di Van Sant, L'Alba dei morti viventi di Snyder, The Ring di Verbinski, mentre non sono remake ma nuovi adattamenti della stessa fonte Lolita di Lyne e nemmeno il film in questione che riparte da Stoker e non dal film di Holt. Avevamo però concluso che, in generale, per il sito, avremmo considerato remake anche le opere tratte dalla stessa fonte letteraria purchè non di ordine comune (quindi non i vari Dracula, Frankenstein ecc...) ma appunto, come dice Daniela, film che fondamentalmente racontano di nuovo la stessa storia.
DiscussioneZender • 20/07/16 15:58 Capo scrivano - 47804 interventi
Sì esatto, teoricamente è così. Poi però con questo sistema dovremmo mettere la R a tutti i Dracula vagamente tratti da Bram Stoker, cosa che non faremo mai. Insomma, la solita questione irrisolvibile.
Seconda versione cinematografica (dopo "Exorcismus- Cleo, la dea dell'amore" di Seth Holt, 1971) tratta dal romanzo di Bram Stoker "Il gioiello delle sette stelle" (1909).