Permanent vacation - Film (1980)

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 11/04/09 DAL BENEMERITO PIGRO
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Pigro 11/04/09 10:25 - 9635 commenti

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Vagabondaggi di un ragazzo nella metropoli: si può sintetizzare così l'errabondo cammino del protagonista per strade devastate e semideserte. Un giro senza apparente meta, per superare il senso di solitudine, cercando contatti umani che non corrispondono alle attese. Un film post-punk o jazz, anarchico o new wave, che non è un vero racconto, ma semmai la descrizione poetico-musicale del sentimento di sradicamento dei giovani newyorkesi 'arrabbiati'. Immagini curate. Esordio interessante per un regista alla ricerca di uno stile personale.

Deepred89 5/06/14 22:14 - 3704 commenti

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L'esordio di Jim Jarmusch altro non è che il classico film indipendente tutto grana, bassa definizione e recitazione spontanea; peccato che all'orizzonte non si intraveda molto altro. Qua e là affiorano dialoghi arguti che lasciano intuire una delle future carte vincenti del regista, ma il film rimane esile e fine a se stesso, peraltro senza un capo e una coda che siano veramente tali. Si respira un'interessante atmosfera da underground anni 80, ma il fascino si esaurisce qui e, dopotutto, Cassavetes faceva film del genere già 25 anni prima.

Schramm 16/04/15 13:04 - 3490 commenti

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Sitibondo per vocazione, per disperazione e per calcolo, Aloysious capisce a spese altrui che errare significa vagare di sbaglio in sbaglio, ogni traiettoria e ogni spazio sono sintomi o diagnosi di un fallimento, di un isolamento cosmico inscalfibile, di un viaggio senza termine della notte. La sottrazione sembra essere la musa di Jarmush, che appeso agli anelli di Kaurismaki e Kern fa dello scarno e del disadorno una categoria dello spirito scopico, e dello svuotamento la sola materia con la quale riempire un film che, come il suo protagonista in esilio da se, deambula a vuoto irritando, tediando e spazientendo.

Minitina80 12/01/23 01:11 - 2980 commenti

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L’inclinazione per i tempi lunghi sembra essere una naturale propensione del regista fin dagli inizi della carriera, raggiungendo in questo caso il parossismo. Per quanto sia probabilmente una scelta voluta, resta la vacuità complessiva che non può non alienare lo spettatore dal seguire le vicende di Allie, uno dei tanti scapestrati nati sotto una cattiva stella. Lunghi silenzi, dialoghi spesso campati in aria e scene incomprensibili non aiutano ad entrare in sintonia con il protagonista e non serve etichettarlo come cinema d’essai per rinvigorirlo e mascherarne i difetti.

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