Dramma giocato sull'incontro fra le personalità dei due protagonisti, lui un aspirante scrittore con poco talento e i troppi dubbi di chi ha un carattere debole, lei una donna forte e passionale incarcerata per avere ucciso l'uomo per il quale ha abbandonato figlia e marito; un Mastandrea e una Golino molto apprezzabili. Troveranno l'uno nell'altro un sostegno, un sogno di fuga dai rispettivi problemi. Il film è ben costruito e recitato: il clima di amarezza asfissiante è spezzato da inserti più leggeri che gli donano un certo equilibrio.
L'incontro tra due persone sole ed estranee al mondo è il tema dell'ultimo film di un autore non molto prolifico ma i cui film sono sempre personali ed interessanti. Giuseppe Piccioni realizza un film doloroso che parla essenzialmente di vite chiuse nel dolore e nella scarsa possibilità di comunicarlo agli altri; alleggerito da elementi fantastici non sempre essenziali al racconto, il film è ben diretto ed interpretato da due dei migliori attori italiani, Valeria Golino e Valerio Mastandrea.
Guido e Giulia: nell'acqua (della piscina) stanno a galla, nuotano, comunicano, vivono. Fuori dall'acqua, annegano: l'uno nell'indifferenza di una vita patinata e priva di passioni forti, l'altra nella disperazione pura. Nell'insieme, però, il film è noioso: difficile provare empatia per Guido, programmaticamente "indeciso a tutto", piatta e prevedibile la non-evoluzione del rapporto di Giulia con la figlia, personaggio disegnato senza nessuna sfumatura. Confermo: noioso.
Il tema è l'incontro tra due persone che conducono due vite completamente diverse ma che sono in realtà molto simili, entrambi soli ed incapaci di comunicare con gli altri. Lei insegna nuoto perché solo in acqua riesce a dimenticare la sua disperazione. Lui non sa nuotare ma impara a farlo, perché attraverso lei scopre che anche per lui vale la stessa cosa. Voto medio alto per questo film che commuove. Voto medio alto anche alla Golino.
Instabilità identitaria e fallimento esistenziale attraverso l'incontro fortuito tra uno scrittore in crisi e un'assassina per amore: Piccioni scatta immagini vivide di ricongiungimenti affettivi, reali - padre e figlia davanti al buffet - o illusori - la madre ripudiata guarda di nascosto la figlia divertirsi al cinema - , mentre in altri frangenti (l'amico secchione e le sue fisse, la contesa del cane, le intrusive fantasie letterarie) casca nelle trappole di quel patetismo puerile che insidia troppo cinema d'autore odierno. Assai partecipe la Golino, forza motrice del film.
Mastandrea e Golino: due bravi attori, o almeno così sono in questo film; i loro personaggi trasmettono bene i passati inquietanti di cui sono affetti, la storia si segue bene, i ritmi pur dilatati per natura del genere sono comunque ben accompagnati da alcuni elementi come la deliziosa musica dei Baustelle o alcune riprese particolari (ad esempio quelle subacquee, o quelle in cui prendon vita i personaggi dello scittore); ma molte altre cose sono fuori tema e poco funzionali, come l'odioso bimbo secchione. Piacevole, ma non troppo.
Piccioni è regista sobrio ed attento alla psicologia dei suoi personaggi più che a tutto il resto. Amo un certo tipo di cinema introspettivo ma devo dire che generalmente nei suoi film avverto noia. Anche in questo. Qui l'idea di base è un deja vu. Mastandrea non funziona, la Golino invece eccelle nello strutturare un personaggio non semplice. Riesce a stare sempre "In the pocket" evitando tutto il facile e tutto l'eccessivo in agguato. Il colloquio con la figlia perduta è emblematico in questo senso. Non un Must.
Gustosissima sorpresa questa pellicola fortemente bagnata di solitudine ed inadeguatezza. Temevo fosse l'ennesima storiella di tradimenti ed invece ho trovato un bello specchio d'acqua dove cercare la propria anima riflessa. I due protagonisti non tendono a sovrastarsi, anzi, giocano in coppia e strappan il risultato. Mi sono piaciute anche le due piccole storie nella storia. Unica noto fuori posto, forse, è il ragazzino, un po' saccente ed assurdamente malinconico per l'età. Mi ha ottimamente lasciato amareggiato questo film. Consiglio.
Piccioni confeziona un prodotto piacevole, con una intensissima Golino e con le musiche baustelliane (azzeccatissime ad incorniciare un prodotto di nicchia, per palati fini). Il soggetto è particolare e ben sviluppato e la storia che ne consegue è scarna e scabra, seppure pregna di verità ed amarezza. Sebbene non il miglior film di Piccioni, l'ho apprezzato molto.
Un buon primo tempo (interessante soprattutto scoprire il perché del titolo) seguito da un secondo in inspiegabile calando: le scene in piscina tutte uguali e anche gli attori sembrano calare a dismisura (il dialogo sulla spiaggia fa tutto fuorché emozionare) fino ai venti minuti finali, che ammazzano ogni possibilità di qualsiasi colpo di coda. Il film poteva avere molto altro da dire e per una volta anche gli attori più giovani non erano malvagi. Bella la canzone sui titoli di coda cantata da miss Golino in persona ("Piangi Roma").
Il contrasto tra il raccontato e il raccontatore sfalda e non conclude un film altrimenti interessante dal punto di vista sentimentale, familiare, sociale e gli stessi attori soffrono le due facce (che non si fondono) della storia; soprattutto Mastandrea, credibile con la Golino ma imbambolato di fronte alle visioni del proprio personaggio. Alla fine torna alla mente il titolo, ma soprattutto la curiosità di sapere a che cosa questo racconto doveva condurre, davvero inspiegabile.
Bel film d'autore, ma soprattutto colpisce la scelta di una storia complessa e contornata da una notevole drammaticità. La Golino e Mastandrea interpretano alla perfezione, rendendo la visione leggera nonostante le molteplici tematiche impegnate presenti nel film. Bello il parallelo con il mondo acquatico, espressione di libertà nei movimenti e nei sentimenti, divertenti invece i duetti tra il bambino secchione e Mastandrea, nel ruolo di un papà apprensivo ma non troppo. Consigliato.
Film che mette in cornice alcune virtù ma soprattutto il peccato capitale del cinema di Piccioni, una certa rassegnata ignavia condiscendente nei riguardi dei suoi personaggi. Così se è palpabile tentativo di critica strutturata a un certo tipo di intellettuale che non ha chiara la differenza tra distacco dal mondo e colpevole disinteresse per il reale, la narrazione pare crogiolarsi in quella stessa letterarietà che a tratti vorrebbe bacchettare. Costretti in due personaggi troppo “scritti” è Mastandrea a vincere il confronto con la Golino.
MEMORABILE: Filippo: il fidanzatino educatamente saccente della figlia di Mastandrea.
Scrittore perplesso incontra casualmente detenuta in semilibertà; interagisce con lei e cercando di aiutarla ottiene un esito catastrofico; lievemente scosso, ritorna alla condizione di quieta abulia dell'inizio. Il film è però irrisolto e non sa dove andare a parare; l'espressione vacua del protagonista Valerio Mastrandrea ne è il paradigma. Anche la svolta del finale avviene volutamente senza toni drammatici: tutto sfuma nell'irrilevanza, senza suscitare particolare interesse o emozione.
Giuseppe Piccioni dirige questo film per buona parte noioso che si salva per la bravura (anche se non sono al loro meglio) di Valerio Mastandrea e Valeria Golino. La melensaggine di alcuni momenti viene per fortuna allietata da sprazzi ironici e bonari tra Mastandrea, la figlioletta e il fidanzatino di lei. Si arriva alla fine del film con una certa stanchezza.
Contrapposizione tra la detenzione in semilibertà (Golino) e la fantasia dello scrittore (Mastandrea), una relazione tra persone incomplete. Notevole la prima parte tra le divagazioni letterarie e le descrizioni dei personaggi. Una volta che il film raggiunge una parvenza di normalità esistenziale tende alla ripetizione e a un filo di stanchezza. Conclusione forte ma resa senza drammatizzazioni. Scostanti i giovani attori: il giovanotto fa sinistra simpatia, la figlia di lei è impalpabile.
MEMORABILE: La storia degli ombrelli; La Liskova al night; La traduzione della canzone francese.
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MusicheFabbiu • 27/03/10 21:23 Archivista in seconda - 652 interventi
"Giulia non esce la sera"; la colonna sonora è dei Baustelle, l'omonimo disco contiene anche il brano "Piangi Roma" in cui cantano Francesco Bianconi e Valeria Golino