Lo zingaro - Film (1975)

Ottimo noir di Josè Giovanni con il solito grande Delon (con inediti baffi) nei panni di un gangster alla vecchia maniera romantico e con regole fisse (onore, coraggio, etc) detto "lo zingaro". Superbo il cast italo-francese con nomi come Salvatori e Lastretti supportati dai francesi Girardot e Bozzuffi (anche qui nei panni di un commissario). C'è molta azione e una sorta di "morale gitana". Bello e purtroppo rarissimo, speriamo esca presto in DVD.

Hugo Rennart è un rapinatore Rom, insofferente e ribelle anche alle regole della mala. L'ultimo colpo va male (l'ultimo colpo va sempre male nei polar). Originale la scelta di un personaggio come quello dello zingaro-bandito affidato a Delon, non male alcuni tocchi che rivelano il mestiere del vecchio artigiano Giovanni, ma nel complesso il film ha poco da dire e l'intreccio tra le vicende di Hugo e del vecchio rapinatore Yann è artificioso. Non male anche il personaggio di Salvatori, che impara inglese e tedesco con le cassettte.

Delon è lo zingaro, combatte per i diritti del suo popolo contro il male dello stato. Una patina quasi ipocrita permea la pellicola - inevitabilmente -, ma ciò non è da considerarsi un difetto, né tantomeno un pregio. Consideriamolo piuttosto una consapevolezza con cui aprire la propria mente alla visione. Strutturato come il più classico dei gangster movie, non brilla per originalità; tuttavia tutto il contorno è davvero gustoso, dalla recitazione alla fotografia.

Buon noir francese scritto e diretto dallo specialista Josè Giovanni, che minimizza il ricorso ai clichès del genere (rapine, fughe, regolamenti di conti tra gangsters) per soffermarsi piuttosto sulla dimensione più meditativa e crepuscolare resa dai dialoghi ricchi e curati e dall’allure romantico di Delon, bandito zingaro fascinoso e reietto. Validissimo il cast di contorno: granitico Meurisse, concisa la Girardot, Bozzuffi ennesima conferma nel ruolo di tenace commissario.

Delon è un rapinatore zingaro che cerca attraverso il crimine di riscattare le ingiustizie della sua gente, Meurisse uno scassinatore accusato di aver ucciso la giovane moglie (in realtà morta accidentalmente) amante di un poliziotto. Anello di congiunzione tra i due è Bozzuffi, nei panni del commissario che dà la caccia a entrambi. Polar un po' romanzato nella sceneggiatura (troppe coincidenze!), ma diretto con solido mestiere dall'esperto Giovanni (che non rinuncia a farci la solita moraletta) e interpretato da un ottimo cast.

José Giovanni tenda di infondere tutta la ferocia di cui è capace nella trasposizione di un suo stesso romanzo, senza però evitare alcune cadute nella retorica e nell'inverosimiglianza; la storia si ispira a personaggi reali degli anni '40 (la "gang della Traction avant") e forse un'ambientazione d'epoca anziché contemporanea sarebbe risultata più credibile. Delon è anche produttore, ma il ruolo da lui così fortemente voluto non è troppo nelle sue corde e le interpretazioni (quelle sì, davvero eccelse) di Salvatori e Bozzuffi lo sovrastano.

Polar firmato Josè Giovanni (ex gangster), infarcito di un certo buonismo di fondo che, francamente, stona un po'. Delon interpreta un bandito riecheggiante Robin Hood, che ruba "allo Stato", come dice lui, per proteggere la sua gente. Marcel Bozzuffi, presenza immancabile nel polar, è il commissario che gli dà la caccia. Un po' romantico, ma discreto.

Noir ordinario e nulla più. Delon è abbastanza credibile nei panni dell'outlaw che somma all'emarginazione criminale quella della propria origine etnica (anche se è il personaggio di Salvatori a risaltare con più interesse). Bozzuffi regala in dote un ulteriore "marchio di fabbrica": una serie di topoi del genere che rassicurano lo spettatore garantendo uno spettacolo di livello discreto. Dal romanzo di José Giovanni "Histoire de fou" (1959).

Buon polar di Giovanni (ma grezzo in alcuni passaggi), dallo stile cupo e malinconico, con azione centellinata e dialoghi taglienti. Certamente tra i suoi film migliori, incastra con molteplici coincidenze le vicende di due malavitosi, purtroppo non incalzando a dovere nel finale. Ottimi Meurisse e Salvatori; Delon di zingaro ha davvero poco, Bozzuffi in un ruolo nelle sue corde. Azzeccata colonna sonora in stile gipsy di Claude Bolling.

Evaso al carcere, lo Zingaro e due suoi complici mettono a segno una serie di rapine. Intanto un ladro di gioielli, sospettato dalla morte della moglie, cerca di sfuggire all'arresto... Polar di routine che Giovanni trae da un proprio romanzo, mitizzando questa figura di Robin Hood dei Rom affidata all'interpretazione narcisistica di Delon. Più convincenti del protagonista risultano il ruvido Salvadori, il compassato Meurisse ed il can mastino Buzzuffi, mentre Girardot è sprecata in un ruolo stereotipato. Messa in scena piuttosto asciutta ed efficace anche se inficiata da alcune forzature.

Nuovo capitolo del sodalizio José Giovanni & Alain Delon dopo l'ottimo Due contro la città. Un polar bello, crepuscolare, personale e intimista, intriso di malinconia, un cui le facce sono tutte al posto giusto, dai due sodali Salvatori/Barrier all'immancabile tenace commissario Bozzuffi, fino a un bravissimo Meurisse, vecchio boss ormai disincantato. Proprio nella dicotomia Delon/Meurisse sta la cifra del film: due storie parallele destinate a incontrarsi, di due uomini profondamente diversi ma in fondo legati da un destino comune.

Un Delon più pittoresco - e meno naturale di quand'è calato in ascetiche figure di poliziotti e sicari - è lo "zingaro": sempre a un passo dall'essere preso, sempre "un passo più avanti degli altri". Gli "altri": la polizia, la società che disprezza quelli come lui, ma anche gli altri criminali come Yan, nel quale in realtà trova un suo simile. L'articolazione delle due storie parallele non sempre funziona e ogni tanto il ritmo subisce lievi cali. Tuttavia, al di là di qualche sferzata retorica sul ruolo del diverso nella società, un film di buon mestiere e senza dubbio riuscito.

Polar affidato alle mani ed alla penna del veterano José Giovanni che con la sua sceneggiatura prova a "svecchiare" il genere. Ma il protagonista del film, pur non mancando di tratti interessanti, assomiglia un po' troppo a tanti altri visti in altre vesti ed in altri generi. In fondo siamo dinanzi ad una sorta di novello Robin Hood di stampo zingaresco. La storia però, col suo piglio asciutto e senza particolari fronzoli, non è male ed il film è gradevole anche se non si eleva particolarmente dalla media di genere. Nel cast, meglio i "comprimari" (e che "comprimari"!) di Delon.

Meno noto, purtroppo, di altri grandi polar francesi dell'epoca, ma da riscoprire assolutamente grazie a un grande cast (con un Delon perfettamente credibile nel ruolo del gitano) e alla sua atmosfera crepuscolare, malinconica e delicata: poca violenza e azione ma molto sentimento senza mai cadere nello stucchevole, oltre a un'ottima sceneggiatura, sono le scelte pienamente vincenti del bravo e influente (nel suo genere) regista, del quale questo film rientra senza dubbio tra le opere migliori. Altrettanto valida la colonna sonora con i grandi esponenti del gypsy jazz franco-belga.

La polizia dà la caccia a uno zingaro evaso. Noir con tutti gli sviluppi del genere, con l'eccezione di un ispettore che se la fa con la moglie di un rapinatore (!). Delon si cuce e produce un personaggio di paladino degli ultimi che ruba allo Stato per sfamare il suo popolo. Moralina romanzata in una storia banalotta in cui le rapine le fanno ancora coi sacchi e una calma olimpica. Discrete le seconde linee, Salvatori e Borzuffi.