Girato dopo il successo de Le Salamandre, il film fu snobbato dal pubblico e (non del tutto a torto) dai critici. Se infatti le ambizioni sono alte (la denuncia della guerra e della tortura, il tragico destino dei disertori americani dal Vietnam) i risultati sono, come è tipico di Cavallone, assai modesti. Povertà di mezzi, sceneggiatura asfittica, recitazione dilettantesca impediscono inesorabilmente al film di prendere quota. Bella la fotografia di tono documentaristico di Maurizio Centini.
MEMORABILE: Impressionanti le torture inflitte ai progionieri vietcong o presunti tali, in particolare le unghie strappate.
Film tra i più "lineari" e "normali" di Cavallone e forse proprio per questo tra i meno riusciti. La storia è confusa e farraginosa, non avvince quasi per nulla e fa registrare uno scioglimento davvero poco convincente. Il lato più deficitario del film è però quello riguardante i personaggi, che sono uno meno credibile dell'altro.
Interessante prodotto del grande Cavallone, che in piena guerra del Vietnam realizza un film di denuncia efficace, nonostante (come suo solito) il budget risicatissimo. Buone le location, accettabile il doppiaggio, ben delineati i personaggi, in particolare quello di Kalsiy. Cavallone affronta, oltre al tema del Vietnam, altri a lui cari quali la psicanalisi, le turbe di personaggi tormentati, l'ipocrisia del sentimento politico e del patriottismo, il vuoto esistenziale di vite diverse che si incrociano, l'amore utopico. Bello ma non per tutti.
Rozzo, tempistico pamphlet sulla guerra in Vietnam - le violenze commesse dai marines sugli indigeni e la schizofrenia dei reduci sfruttata a scopi predatori da psichiatri e ipocrite organizzazioni pacifiste – cui l’uso della camera a mano, l’inserzione di filmati bellici di repertorio e la sporca fotografia giustificano il titolo imponendo uno stile fortemente documentaristico. Le idee, insomma, ci sono; difettano invece una sceneggiatura fluida e coerente, dialoghi robusti e attori capaci, giacché la Avril e Casale sono alquanto grigi e Stevenson e Kalsiy impresentabili.
Se da un lato è uno dei film meno entusiasmanti di un genio dimenticato, dall'altro la bravura del medesimo sta nell'aver tirato fuori argomentazioni sfiorate da pochi altri autori e da nessuno di questi ultimi trattati in tono così reale e drammatico. Non parlo di torture o di bombardamenti sbagliati, ma dell'uso di sostanze stupefacenti potenti come la morfina per far dimenticare l'orrore e addirittura dell'eliminazione fisica quando non bastava l'annichilimento morale a chi lo scempio non lo dimenticava suo malgrado...
Dramma cavalloniano davvero mediocre e lentissimo che si perde in una sequela di dialoghi e situazioni che varcano il limite dell'imbarazzante (il protagonista che spernacchia alle persone per strada). Personaggi inadatti (a partire dal protagonista), trama pressoché inesistente e sceneggiatura poverissima non fanno che peggiorare la situazione (anche se le scene forti in parte funzionano). Peccato, perché l'idea di partenza non era niente male.
MEMORABILE: Il figlio, rivolgendosi alla madre malata: "Porcellona! te la sei fatto sotto..."
Il ritmo non è il punto forte di questo lento film a basso budget, che però riesce ad affascinare con altri espedienti. La fotografia è estremamente interessante, così come la prova attoriale dell'esiguo cast. Il film poi è una forte denuncia alla follia della guerra in Vietnam... durante la guerra stessa. Operazione ben riuscita. Particolare anche il montaggio frenetico. A volte i dialoghi si perdono un po'. Da vedere, anche se non piacerà a tutti.
Un ritmo al limite del catatonico penalizza fortemente questa veemente denuncia antimilitarista di Cavallone, quasi un instant movie per il periodo e le modalità della sua realizzazione. Dopo una prima parte di melina, con dialoghi alquanto risibili, la seconda si propone assai più interessante, con una lunga introspezione psicanalitica nella mente del soldato William, devastata dalle atrocità belliche, dalle droghe e dalla passione incestuosa per la sorella. Finale inadeguato.
Alberto Cavallone HA DIRETTO ANCHE...
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Ai fini di una corretta indicizzazione, "Anthony Vernon" è pseudonimo di Antonio Casale. Anche per quanto riguarda "Jane Avril", in tutti i film in cui figura bisognerebbe indicare tra parentesi il suo vero nome, Maria Pia Luzi.
DiscussioneGuru • 17/02/11 19:29 Servizio caffè - 460 interventi
Homesick ebbe a dire: Ai fini di una corretta indicizzazione, "Anthony Vernon" è pseudonimo di Antonio Casale. Anche per quanto riguarda "Jane Avril", in tutti i film in cui figura bisognerebbe indicare tra parentesi il suo vero nome, Maria Pia Luzi.
E aggiungo da correggere Alain N.Kalsiy in Alain N.Kalsyi da IMDB
DiscussioneZender • 17/02/11 19:58 Capo scrivano - 47786 interventi
Li mettiamo col loro nome esatto, ovvero Casale e Luzi, senza pseudonimi, come fa Imdb, come sempre. Corretto tutto, per questo film. Classico caso che spiega perché prendere sempre dalla stessa fonte imdb...