Thriller, con ampi sconfinamenti nell’horror, in pieno stile asiatico: pochi accadimenti (anche se qui se ne verificano più della media) e stile completamente catatonico. Tuttavia, nonostante la pellicola attraversi momenti di grande staticità ad alto tasso soporifero, la storia non è completamente da buttare (merito della sceneggiatura e non certo del regista) ma anzi è interessante e riesce anche un po’ ad avvincere ed avrebbe sicuramente meritato ben altra realizzazione. Vistoso il calo nell’eccessivo finale.
Un assicuratore teme che un cliente, beneficiario delle polizze sulla vita del figliastro e della moglie, dopo aver messo in scena il falso suicidio del ragazzino possa uccidere anche la donna. Decide pertanto di vederci chiaro, mettendosi nei guai. Remake di un film giapponese del 1999, è un thriller venato di horror piuttosto discreto, nonostante la scarsa originalità, il finale eccessivo e la labile credibilità del personaggio principale, troppo ingenuo ed impacciato. Sono buone invece la resa degli ambienti e certe scene di tensione.
MEMORABILE: I 30 messaggi nella segreteria telefonica.
Visto al cinema, durante un festival di genere, il prodotto è discreto e anche originale nella sua dinamica, finale a parte. La vena horror è palpabile dall'inizio, la casa in questione è infatti il classico contenitore di paura e violenza, ma saranno gli uomini a divenire origine del male, che si scatenerà irrazionalmente nel finale. Proprio la fase ultima della pellicola, si discosta dal tenore generale lento ma ossessivo, producendo un risultato che potrebbe non soddisfare.
Schizofrenia e dissociazione mentale stanno dietro le azioni di una mano omicida, ma anche interessi economici e pensieri inquieti (e inquietanti) di uno spirito in pena. Black House viaggia lento, ma inesorabile, nel tunnel buio dell'automatismo omicida pur se appare chiaramente ispirato, per la figura dell'omicida, ad Audition (anche nel look della protagonista). Dopo una prima parte monotona - ma di certo interesse per la tematica affrontata - la pellicola svolta nel thriller più sfrenato, riuscendo a catturare l'attenzione e generando - non di rado - salutari spauracchi.
Ben fotografato, con attori in parte e una serie di scene inquietanti e convincenti. Nonostante qualche forzatura più che evidente, in una trama abbastanza prevedibile, il film tiene e regala alcuni momenti disturbanti. Citazioni sparse del cinema horror e parecchia atmosfera.
La nuova società capitalista coreana produce mostri: povertà, alienazione e solitudine. Il dato sociale viene, però, tenuto in sottofondo (anche se i coreani l'avranno gustato in pieno) privilegiando il regista la scorciatoia del Grand Guignol (ma senza ironia). Il pre-finale e il finale si colorano, perciò, di tinte cruente e scontate (del genere: "il cattivo non muore mai e poi mai") e solo l'epilogo riprende il tema politico iniziale accennando con orrore al dilagare d'una invincibile psicopatia di massa.
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Quando si tratta di film coreani c'è da andarci con i piedi di piombo.
Tanto più se, come questo è il caso, la locandina si profila annunciare un lavoro che sembra una via di mezzo tra L'Esorcista e La Casa.
Anche se si tratta, in realtà, di un thriller, l'originalità pensiamo sia altrove.
Si dice essere uscito nelle sale il 25 Luglio del 2008: evidentemente, per stare in tema, s'è trattato di un'apparizione fantasmatica...
Adesso è rintracciabile sottoforma di DVD nel catalogo RHV: Ripley Home Video, che lo correda con il seguente reparto extra:
- Trailer cinematografico originale - Trailer italiano - Backstage