La sua giornata di gloria - Film (1969)

Il film è eccellente. Diciamo che viene messa in risalto la mancanza di comunione di procedure oltre che di intenti tra i rivoluzionari; i concetti espressi e le ideologie sono tanto giuste e meravigliose quanto utopiche... certo che almeno loro non hanno vissuto passivamente. La conclusione dimostra nella maniera più drammatica che... la meta è sopravvivere.

Micidiale scoria da cineforum Arci, una rimasticatura della Chinoise di Godard coi cartelli ma senza il divertimento, sostituito da un incessante vaniloquio (del resto, dice Bruno in un'intervista, "aborrivamo la sceneggiatura"). Intanto giustamente gli operai, presunti destinatari di cotanti sforzi, facendo già un lavoraccio almeno si divertivano con Sartana. Possibile uso omeopatico contro i periodici ritorni in auge delle coglionerie qui pomposamente declamate. La bella Carrilho a quanto pare ha fatto carriera in politica.

Di Godard ce n'è uno solo e questa tremenda mattonata sessantottina lo dimostra senza possibilità di appello, così come dimostra che saper fare il critico è ben diverso da saper fare il regista. Chi ha vissuto quegli anni e il decennio successivo ben ricorda che quelle deliranti discussioni fra "rivoluzionari" erano purtroppo tutt'altro che invenzioni cinematografiche, ma Bruno ne fa addirittura e - ahimè, del tutto involontariamente - una grottesca caricatura. Alcuni critici lo presero anche sul serio, ma andarono a vederlo proprio soltanto loro.

Di incedere lentissimo, molto politicizzata, è l'opera di un regista pseudo partigiano che condensa qui la sua visione predicatoria (a sfondo ideologico) del periodo storico a cui il film fa riferimento. Non privo di spunti d'interesse ma consigliato solo a chi ama i film contestatari in odor di terrorismo. Una pellicola verbosa e tendenzialmente intellettualistica che si prefigge di dire la sua sul sistema. Forse era meglio a scrivere un libro...

Chi vuole un film godardiano guarda Godard, non l'opera unica di Bruno, che del Godard meno sopportabile diventa non un epigono, ma una caricatura. Se il francese mette in scena Castelnuovo che, fumando un sigaro imperioso, parla di rivoluzione stando su una terrazza, allora qui si piazza Cecchi su un terrazzino, fumando sigarette, a dire cose dello stesso tema. Il resto lascia basiti per la pesantezza didascalica e per la banalità (vedi sotto). Si salvano la critica alla frammentazione politica e l'idea finale, cui si arriva col fiatone, nonostante il film sia breve.

Uno dei film che meglio ci racconta come nasce l'umorismo involontario. Dovrebbe essere un approfondimento pensoso sui temi della rivoluzione e del rifiuto da parte di giovani borghesi della propria classe di origine; si trasforma invece in un centone di luoghi comuni condito da tanta, troppa noia. Edoardo Bruno teorizzava su Filmcritica (la rivista che dirigeva) che il cinema doveva liberarsi dalla schiavitù della sceneggiatura, ma il problema non è (solo) quello. Godard è stato il genio del nuovo cinema, i suoi imitatori (come Bruno) fan rimpiangere le parodie di Franco e Ciccio.