L'ESTATE FRANCESE IN NERO
Denso concentrato rolliniano puro, pregno di atmosfera e di una malinconia poetica che si trasforma in angoscia, fino ad un finale tra i più strazianti mai girati.
Il sommo Rollin proietta subito la sua pellicola in un mondo surreale, ermetico, astratto, dove non c'è ne speranza ne tantomeno salvezza.
La perdita progressiva della memoria, una clinica che sembra uscita da un film di Cronenberg (come i pazienti sessualmente attivi, ma che regrediscono allo stato di zombi catatonici, non poteva non farmi venire alla mente quelli "ninfomani" de
Il demone sotto la pelle, i palazzi e l'atmosfera plumbea alla
Scanners) e quella catatonia che trasforma i pazienti in automi privi di volontà e aggressivi sono omaggi e spunti romeriani (non per nulla c'è una scena in ascensore che omaggia
Zombi). I pazienti affetti da turbe psichiche come nel
Fobia di John Huston.
Sembra un WIP, ma asettico, freddo, mortifero, dove Rollin occhieggia alle sue vampire eteree e nude (vedere lo stato di regressione, che rasenta la lobotomia, in cui cade Veronique, vestita di bianco, il viso spento e gli occhi persi nel vuoto, o la scena straziante di Catherine che non si ricorda più come si mangia o ci si sveste e il suo suicidio previo forbici).
Nel finale sul vagone ferroviario l'atmosfera si rifà a quella di
Les raisins de la mort , la camminata narcolettica della divina Brigitte Lahaie, tra il prato della ferrovia con cielo plumbeo, a
Fascination , sapori acri da erosvastika (il forno crematorio) e quel finale doloroso, romantico, allucinato, quasi apocalittico, dei due amanti che si incamminano nel nulla, come morti viventi privi di volontà, lascia un segno indellebilie.
Ci sono delle frenature narrative, come il sesso insistito e gratuito (la lunga scena d'amore tra la Lahie e Gardère, in cui sembra di vedere il porno rolliniano di
Vibrazioni, lo stupro nella saletta "cinematografica", la sodomizzazione nella sauna), e qualche errore (la ragazza che viene arsa viva, che sul lettino indossa i sandaletti col tacco, ma quando viene messa nel forno è a piedi nudi) e alcuni dialoghi da fotoromanzo.
Labile anche l'aspetto gore, una testa sfondata a martellate, le forbici piantate negli occhi e poco altro.
Ma Rollin e autore raffinato, che sa regalare momenti di assoluta meraviglia visiva (il surreale valzer notturno in giardino sulle sponde della piscina, l'inizio che omaggia
Suspiria, il colpo in arrivo alla schiena di Veronique che fugge vestita di bianco ).
Ipnotiche e quasi carpenteriane le musiche di Philippe Brèjan.
Uno dei film più stranianti e poetici dell'immenso autore francese delle vampire nude. Sicuramente uno dei suoi più ambiziosi, triste e amara metafora sulla perdità dell'identità con tracce indellebili del suo miglior cinema.