Murder set pieces - Film (2004)

Un pazzo "pseudo-neonazista" tortura, stupra e uccide tutte le donne che può a Las Vegas, in un escalation che alla fine include pure alcune bambine! Film allucinante, quasi grottesco nella violenza, che mostra tutto senza risparmiare niente e nessuno. Sfrutta anche il dramma delle torri gemelle, mostrate in fiamme negli incubi "post-murder" del maniaco. Nella versione NC-17, mostra bene i particolari intimi delle donne fatte a pezzi dal maniaco, facendo impallidire Hostel. Avverto: non ho mai visto un film "occidentale"cpiù violento e misogino di questo!

Mediocre thriller insolitamente morboso e violento. Tra exploitation e accenni più seri (l'attacco alle Twin Towers), la violenza è esplicita e abbondante, ma se il tasso di emoglobina è altissimo, gli effetti speciali sono ripetitivi e non troppo dettagliati e la scialba confezione finisce per inficiare sull'impatto disturbante. Funzionano i macabri flashback ma i personaggi risultano troppo tagliati con l'accetta (come il protagonista, così esagerato da risultare ridicolo). Cast mediocre, a partire dal protagonista, e brutte le musiche.

Ferocissimo, sleale, esplicito e - a conti fatti - nemmeno banale (i flashback delle "Twin Towers" nelle allucinanti visioni del maniaco). Effetti ultra-splatter - a volte approssimativi, altre iperrealistici - vanno a braccetto con un plot maschilista e (questo sì) decisamente infelice. Nel film di Palumbo la donna (e, orrore orrore, persino le ragazzine) sono funzionali alla coreografia del delitto, impostato alla Mario Bava, ovvero artistico (anche se di un arte dal gusto opinabile). Auspicabile approdi anche da noi, anche se la versione strong difficilmente potrà passare integra.

Film che, per quanto presenti un'altissima dose di sangue, violenza, sesso e cattiveria non è per niente riuscito. Nick Palumbo mostra tutti i suoi limiti sia come regista che come sceneggiatore. Dialoghi davvero imbarazzanti. Il protagonista, per quanto s'impegni, risulta troppo sopra le righe e al limiti del ridicolo, i personaggi di contorno sono uno meno credibile dell'altro. Si salvano forse solo le vittime. Le musiche poi sono di una rara bruttezza! L'unico "merito" forse è stato quello di aver puntato sulla componente sadico-sessuale.

Sangue a iosa dall'inizio alla fine, anche se col passare dei minuti ci si abitua a tale iperbole di emoglobina. Il torturatore pseudonazista (!) si accanisce violentemente su tutto ciò che è donna ma si ripete nelle sue espressioni, nel suo fanatismo e l'effetto splatter scema di interesse. Non mancano le nudità e le modelle dai seni rifatti e nemmeno la tara mentale legata al passato, esibita tramite l'escamotage dei flashbacks. Discreto, ma Hostel è un altro pianeta...

Ho visto la director's cut. Rispetto al film normale questa dura 15 minuti in meno, presentando inizio e finale diversi, con scene aggiuntive, tipo sequenze dell'attacco dell'11 settembre riprese alla lontana, con in sottofondo la filostrocca della bambina del film M di Lang. Garrett non è lo zero recitativo come dicono, sli sfx della Toe Tag Pictures son sublimi ed il film, ben girato, vede il suo difettone nell'esser fin troppo esploitativo. Belle canzoni di famose band americane, esplicite citazioni a famosi horror del passato.

Quello di Palumbo è uno sperticato omaggio a tutti i più bei cult-movie gore degli anni '70 e '80: la tentazione-donna di Tenebre, le note gobliniane di Profondo Rosso, il peregrinare suburbano e notturno di Maniac e Nightmare (di Scavolini)... Un "masterpuzzle" assemblato di voraci ricordi e passioni cinefile insopprimibili, percorso da un sottile rivolo sotterraneo di ironia, che lo mette al riparo da certe superficiali accuse di pornografia della violenza. Non un torture ma una piccola perla per tutti gli inguaribili nostalgici dell'horror che fu.

Raccapricciante nell'esplicitazione della violenza ma valorizzato male da effetti non adeguati, questo Murder Set Pieces attira l'attenzione anche per l'utilizzo delle immagini dell'11 Settembre e di scene con minori a dir poco aberranti. Ormai ci abituiamo anche a questo, tant'è che 5 anni dopo in A serbian film si farà anche di peggio. Notevole la somiglianza con la sceneggiatura di American Psycho, ma Sven Garret è parecchie spanne sotto il collega Bale, come d'altronde i dialoghi e la tensione emotiva nelle scene più cruente.

La violenza estrema c'è, l'atmosfera malata e marcia pure, scene disturbanti e insostenibili quante se ne vuole... Il senso complessivo, ahimè, mi sfugge. Cerco di trovare elementi che possano scagionare questo film dal sospetto di essere solo compiaciuto e morboso. Purtroppo, però, lo squallido accanimento misogino del protagonista non mi induce ad assoluzioni. Mi fido delle sensazioni, in questo caso, e la mia è di disagio: non per i contenuti, non certo gradevoli, ma perchè non mi sento arricchito da questa esperienza, anzi impoverito.

Violenza così gratuita non si vede certo tutti i giorni. Si può capire (per modo di dire) che il protagonista, "leggermente" disturbato con trauma annesso, sfoghi la sua rabbia sulle donne, tra un rapporto e l'altro, sia che siano vive, morte, o un pezzo (la testa). Solo che puzza troppo di scusa per fargliene combinare di tutti i colori; e alla lunga, cosa preoccupante, ci si abitua persino alle efferatezze più pesanti, tanto che sembra logica conseguenza vederlo infilare un coltellaccio nello stomaco di una bambina. Talmente estremo, caricaturale e grezzo da acquisire un suo perchè.

Si vede che il regista ha passato molto tempo a vedere vecchi film dell'orrore e nuovi torture porn. Il problema sembra però essere riuscire a creare qualcosa di decente. La "trama" è praticamente inesistente e i personaggi risultano subito insopportabili (la fidanzata del maniaco su tutti). Il film si riassume in una scena dopo l'altra fatta di massacri e torture dove nemmeno l'originalità fa capolino. Dosi massicce di nudità femminili possono alleviare in parte il disagio della visione del film. Da evitare.

Una fredda sequela di orridi assassinii ai danni di giovani donne, ma anche bambine, viene perpetrata da un giovane, attraente fotografo tedesco in trasferta a Los Angeles. Goffi i tentativi di spiegarne il perché (una madre psicopatica, la parentela con un criminale nazista) e di introspezione psicologica neanche a parlarne. Insomma, il classico prodotto appetibile solo ai patiti del genere splatter.