Nomen Omen: lo Stallone vincente
Se facciamo due conti vediamo come, la carriera artistica dell'attore, fosse partita sotto una cattiva stella (o buona, a seconda della posizione presa): a cominciare da un vero cognome (Stallone) che con il porno c'incastrava benone.
Il piccolo Sylvester sperimenta sulla propria pelle la deriva familiare (l'attore vive parte dell'infanzia con il solo padre, divorziato dalla coniuge alcolista) e parecchi insuccessi scolastici.
A soli 15 anni decide di lasciare il padre per ricongiungersi con la madre, nel frattempo convivente con altro uomo (da cui avrà un altra figlia, Toni Ann).
Gli insuccessi scolastici di Stallone sono ben espressi dalle sue stesse parole:
"
Ho piantato lì perché un professore mi ha messo davanti la foto di un barbone e mi ha detto che se non studiavo di più il mio destino era quello. Che villano!
Era puro e semplice terrorismo. Gliel’ho detto e me ne sono andato sbattendo la porta. Non è che non lo abbia rischiato, ma alla fine un barbone non sono diventato".
Il suo approccio con il cinema, poi in veste di sceneggiatore, poteva solo essere modesto: e si concretizza con
Porno proibito - Italian stallion, vero e proprio porno poi rieditato
in versione SOFT, dopo il successo di Rambo, come
The italian stallion.
Al di là del razzismo (a mio modo di vedere sprezzante per il nostro Paese tanto più che deriva da un bastardo, nell'accezione etimologica del termine) questo titolo è il classico colpo di culo che lo porta (pur in brevi ruoli) al servizio di
Alan J. Pakula (
Una squillo per l'ispettore Klute) e
Woody Allen (
Il dittatore dello stato libero di Bananas), permettendogli così di entrare nel circuito mainstream.