Primo lungo di Fassbinder. Girato con budget ridottissimo, trae spunto dalle atmosfere del noir di Melville per creare invero una storia di rapporti interpersonali tra malavitosi tramite quella variante (omoerotica) del classico triangolo “lui-lei-l’altro” che ritornerà in Rio das Mortes. Pur scarno e naif, lo stile è efficace, dominato da lunghi silenzi, interminabili carrellate, ellissi, tocchi d’ironia e una fotografia dal biancore abbacinante. Belle musiche del fido Peer Raben.
Al suo esordio, Fassbinder cerca di ricreare le atmosfere da noir melvilliano (riuscendoci solo in parte) contaminandole con qualche iniezioncina di nouvelle vague
ma già ricercando uno stile personale (scabro ed essenziale) che contraddistinguerà la prima parte della sua carriera. Da notare anche la grande importanza data alla
fotografia che sarà fondamentale per tanti film futuri del grande regista tedesco nonchè alla mdp ed ai suoi movimenti.
Grande titolo per un esordio al lungometraggio che è in verità niente più che un esercizio di stile, un saggio di apprendistato registico. Fassbinder, dopo due corti, gira questo noir (terreno privilegiato di ogni sperimentazione metacinematografica e di qualsivoglia slittamento di senso) nel quale già si affacciano alcune delle sue tematiche privilegiate: la dipendenza (an)affettiva, l'omosessualità, il ruolo centrale della donna. Troppa attenzione però è distolta dalla composizione delle inquadrature e dai movimenti della mdp. Hanna Schygulla già turba.
Esordio personalissimo di Fassbinder con un film spietato sulle relazioni e le dinamiche di potere e sfruttamento che riecheggia Il fidanzato di Straub (la carrellata notturna). Il pappone, la prostituta e l’amico, che progettano una rapina, si stagliano (spesso in inquadrature frontali) in paesaggi domestici e urbani di un chiarore abbacinante. Gesti, parole, silenzi, azioni sono stilizzate, artificiose, teatrali; le sparatorie non hanno sangue, come in un gioco di bambini. Bellissima la prima scena, quasi pinteriana, nello scantinato, così come il girovagare musicale nel supermarket.
Il genere gangsteristico nero (meglio inquadrabile come criminale) è qui solo un'impalcatura, un espediente formale; all'artefice interessano più le pulsioni (relazionali, erotiche, di esercizio del potere personale) dei personaggi nel deserto morale in cui si muovono; deserto che ha anfratti spettrali e ingressi agli inferi. Stile personalissimo, scarno, astratto, tra ruvido film documento e teatralità plastica da cabaret algido iniettato d'artificio; montaggio, inquadrature e piani sequenza espressivi, seduttivi; attori strani, perfetti.
MEMORABILE: Joanna (Schygulla): "Ho avvertito io la polizia", Franz (Fassbinder): "Puttana"; L'impassibilità di Lommel; La sensualità spigolosa della Schygulla.
Un magnaccia insofferente agli ordini, un gangster concupito dal primo, una prostituta che fa l'amore con entrambi: sono i personaggi del triangolo sentimental/sessuale al centro dell'esordio cinematografico del regista nello stile ancora acerbo ma già delineato che dominerà la prima parte della sua produzione: il risultato è un noir dai temi caldi e dal trattamento freddo che (forse) aspira al rigore melvilliano ma ricorda piuttosto nella recitazione straniata e nella staticità delle sequenze le pellicole filo-rivoluzionarie di Godard. Spiazzante, con un epilogo crudo ma coerente.
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HomevideoZender • 26/09/12 19:26 Capo scrivano - 47700 interventi
Davvero un collezionista a 360 gradi! Di nuovo tutte le mie congratulazioni, Lucius!